Negli ultimi anni, il regime cinese ha progressivamente incrementato la propria influenza all’interno delle Nazioni Unite, in particolare nel Consiglio per i diritti umani, attraverso l’invio di organizzazioni che si presentano come organizzazioni non governative che, in molti casi, risultano legate a doppio filo al Pcc.
A evidenziarlo è un’indagine pubblicata il 28 aprile dall’International Consortium of Investigative Journalists, frutto di dieci mesi di lavoro in collaborazione con 42 Testate giornalistiche internazionali. Secondo il rapporto, tali realtà sarebbero utilizzate dal Pcc per influenzare il Consiglio dei diritti umani dell’Onu e neutralizzare le critiche relative alla gestione dei diritti umani in Cina.
L’inchiesta si concentra sulle dinamiche della repressione transnazionale messa in atto da Pechino sotto la guida di Xi Jinping. Secondo quanto emerso, dal 2018 il numero di tali organizzazioni è quasi raddoppiato e, grazie allo status conferito dal Consiglio economico e sociale dell’Onu, le Ong possono partecipare alle sessioni dell’Onu, intervenire durante le stesse e presentare dichiarazioni scritte. «Dalla rielezione di Xi Jinping a segretario generale del Pcc nel 2017 e alla presidenza l’anno successivo, la Cina ha adottato un approccio più deciso per accrescere il proprio peso nel sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite», si legge nel rapporto.
Su 106 Ong analizzate, provenienti da Cina, Hong Kong, Macao e Taiwan, ben 59 non sarebbero indipendenti, ma mostrerebbero legami diretti con il Pcc. Dieci di queste organizzazioni riceverebbero oltre il 50% dei finanziamenti da Pechino, mentre in almeno 46 di esse figure dirigenziali rivestirebbero al contempo incarichi ufficiali all’interno di organi statali o del regime. Inoltre, 53 Ong dichiarano fedeltà al Pcc nei propri documenti ufficiali, e 12 affiderebbero al partito anche decisioni interne, come la nomina dei vertici.
Nel 2024, 33 Ong cinesi figuravano circa 300 volte negli elenchi degli interventi alle sessioni del Consiglio dei diritti umani, un netto aumento rispetto alle sole tre presenti nel 2018. Nessuna di queste ha mai espresso critiche nei confronti del Pcc, sollevando dubbi sulla loro effettiva autonomia. Rana Siu Inboden, del Centro Strauss per la sicurezza e il diritto internazionale dell’Università del Texas ad Austin, ha osservato che Pechino «utilizza chiaramente le Ong come uno strumento», per accrescere il proprio peso internazionale.
Le strategie adottate da queste associazioni comprendono l’interruzione e la neutralizzazione delle critiche rivolte al regime cinese, la promozione di dichiarazioni favorevoli al Pcc e, in alcuni casi, il monitoraggio o l’intimidazione di attivisti presenti a Ginevra. Michèle Taylor, ambasciatrice statunitense presso il Consiglio dei diritti umani dell’Onu, ha definito tali azioni «corrosive, disoneste e sovversive», finalizzate a mascherare le violazioni dei diritti umani attribuite al regime cinese.
Il rapporto pone in evidenza anche le testimonianze di attivisti e avvocati per i diritti umani in Cina, che hanno riferito episodi di sorveglianza e molestie, sia all’interno delle sedi Onu sia a Ginevra. Alcuni hanno raccontato di pressioni esercitate sui loro familiari in Cina per indurli a cessare le attività di denuncia. Un episodio significativo risale a marzo 2024, quando per timore di ripercussioni sui propri cari, alcuni attivisti hanno preferito non entrare negli edifici dell’Onu, e hanno scelto invece di incontrarsi in segreto in un anonimo ufficio nelle vicinanze per discutere di abusi commessi in Cina e Hong Kong insieme all’Alto commissario per i diritti umani, Volker Turk.
Rushan Abbas, cofondatrice della Campaign for Uyghurs con sede negli Stati Uniti, ha raccontato che delegati delle Ong pro-Pechino scattavano fotografie ai presenti. Abbas ha dichiarato di non aver segnalato l’episodio alle autorità delle Nazioni Unite, motivando la propria scelta con una crescente sfiducia verso l’organizzazione, percepita come ormai dominata dall’influenza cinese.
L’indagine pone una questione di fondo: in un contesto internazionale segnato da una crescente affermazione dei regimi autoritari, l’influenza crescente di realtà non indipendenti all’interno dell’Onu rischia di compromettere la credibilità stessa dell’istituzione, nel monitoraggio delle violazioni dei diritti umani non solo in Cina, ma nel mondo intero.