Negli ultimi mesi, evidenti segnali all’interno del sistema politico cinese suggeriscono un progressivo indebolimento dell’autorità di Xi Jinping, alimentando speculazioni su una sua imminente rimozione. Secondo tre fonti autorevoli residenti all’estero, note per la loro affidabilità nel rivelare dinamiche interne al Partito comunista cinese, il ruolo dell’attuale segretario generale sarebbe ormai meramente formale e la sua posizione di potere avrebbe i giorni contati.
Tra gli indizi più significativi si annoverano il ritorno in primo piano della fazione della Lega della Gioventù Comunista, l’epurazione di figure militari vicine al presidente e l’inaugurazione volutamente sobria del Memoriale Rivoluzionario di Guanzhong, nella provincia dello Shaanxi.
MALCONTENTO TRA I VERTICI DEL PCC
Il 21 maggio, il commentatore politico Cai Shenkun ha dichiarato che i vertici del Pcc hanno raggiunto un’intesa per richiedere al leader di abbandonare formalmente la scena politica. Cai, che in passato ha anticipato con precisione cambiamenti di potere all’interno del Partito e delle forze armate, ha attribuito il malcontento alle crescenti pressioni internazionali, al rallentamento dell’economia interna e al deterioramento della salute di Xi.
Il controllo del dittatore cinese sull’esercito sarebbe già notevolmente ridotto, come questo giornale ha riportato. L’annuncio pubblico della sua completa uscita di scena, potrebbe avvenire durante la quarta sessione plenaria del 20esimo Comitato Centrale, prevista, secondo Cai, per la fine di agosto, sebbene le autorità non abbiano ancora confermato le date. Tali affermazioni trovano eco nelle recenti dichiarazioni di Yuan Hongbing, ex professore di diritto all’Università di Pechino, che ha riferito a The Epoch Times che diverse fazioni del Partito si sono unite per impedire al leader di ottenere un ulteriore mandato al 21esimo Congresso Nazionale, atteso per ottobre 2027.
RITORNO DELLA LEGA DELLA GIOVENTU’
Un altro segnale evidente dell’indebolimento del potere di Xi è la rinnovata visibilità della Lega della Gioventù Comunista, fazione guidata dall’ex presidente Hu Jintao. Il 19 maggio, articoli pubblicati dal Quotidiano del Popolo e dall’agenzia Xinhua hanno posto l’accento sui principi di governo dell’era Hu, come indicativi di un “processo decisionale scientifico, democratico e basato sulla legge”.
Hu Jintao, umiliato pubblicamente durante la sessione conclusiva del 20esimo Congresso Nazionale del Pcc nell’ottobre 2022, sembrava destinato all’irrilevanza politica sotto il dominio del successore. Tuttavia, il ritorno della retorica della sua epoca e il ritorno in scena di suoi fedelissimi indicano un cambiamento. Hu Chunhua, ex membro del Politburo e figura di spicco della Lega, a sua volta emarginato al 20esimo Congresso, è recentemente riapparso in impegni pubblici, sia in Cina che all’estero, tra cui una missione diplomatica in Africa ad aprile. Il commentatore residente negli Stati Uniti Chen Pokong ha osservato, nel suo programma su YouTube, che tali sviluppi testimoniano il ritorno politico della fazione.
A consolidare questa tendenza si aggiungono le sospensioni di alti funzionari militari legati al leader, come Miao Hua, responsabile del ministero del Lavoro Politico dell’”Esercito Popolare di Liberazione”, assente dalla scena da luglio dello scorso anno. In un contesto di chiara erosione del potere di Xi Jinping, tali epurazioni sono interpretate come parte di un più ampio sforzo per rimuovere ogni residuo della sua influenza sulle forze armate.
L’indebolimento dell’autorità del segretario generale del Partito comunista cinese emerge anche dalla denominazione del Memoriale Rivoluzionario di Guanzhong, inaugurato il 24 maggio, anniversario della morte del padre, Xi Zhongxun: nonostante le aspettative di un omaggio esplicito al padre del “leader”, la scelta di non intitolargli il memoriale riflette un mutamento nel clima politico, difficile da attuare in presenza di un controllo assoluto da parte di Xi. Le cronache di Cctv e Xinhua sottolineano, inoltre, l’assenza di funzionari centrali e provinciali all’inaugurazione. Significativa è stata la mancata partecipazione di Zhao Yide, segretario del Partito dello Shaanxi ed ex collaboratore di Xi, che l’anno scorso aveva presenziato a un’inaugurazione simile.
UN’USCITA NEGOZIATA
Yao Cheng, ex capitano di corvetta della marina cinese, rifugiatosi negli Stati Uniti nel 2016, ha dichiarato a The Epoch Times che il potere reale di Xi è ormai svanito e puramente di valore cerimoniale: «Il leader abbandonerà il ruolo di segretario generale del Pcc e presidente della Commissione Militare Centrale, mantenendo solo il titolo formale di presidente della Cina, per poi ritirarsi definitivamente al 21esimo Congresso Nazionale». A questo proposito, Cai Shenkun precisa che qualsiasi piano di uscita prevede un compromesso per salvare la faccia del leader: «È molto probabile che venga trovato un accordo per consentire a Xi e ai suoi collaboratori più stretti di lasciare la scena politica con garbo». E, naturalmente, «con l’insediamento di una nuova leadership, si aprirà una fase di governo diversa».
Anche Shen Ming-Shih, direttore dell’Istituto per la Ricerca sulla Difesa e la Sicurezza Nazionale di Taiwan, concorda sul fatto che gli ultimi sviluppi indichino un’erosione del potere di Xi: «Un segnale evidente è la drastica riduzione, su Testate come Xinhua e Quotidiano del Popolo, dei riferimenti al leader come ‘cuore della Commissione Militare Centrale’ o ‘cuore del Comitato Centrale del Partito […] Espressioni un tempo ricorrenti sono ormai rare». Inoltre alcuni accademici delle università di Pechino e della Cina Meridionale di Tecnologia stanno criticando le politiche di Xi Jinping senza subire conseguenze, in estremo contrasto col passato, quando economisti dissenzienti venivano rimossi e i loro dipartimenti chiusi, e la fazione della Lega della Gioventù sembra stia guadagnando terreno nelle prospettive di successione. «Resta però incerto se Xi accetterà un successore estraneo alla sua cerchia» osserva l’esperto, perché Xi potrebbe temere «che un nuovo leader possa scatenare una rappresaglia». Ma Xi potrebbe non voler gettare la spugna e tentare di riprendere il controllo: «Più si prolunga l’attesa, maggiore diventa l’incertezza» spiega l’analista «un evento grave, come l’esplosione avvenuta il 27 maggio in un impianto chimico nello Shandong, potrebbe essere sfruttato per alimentare tensioni o rinviare il plenum, e ostacolare i piani delle fazioni opposte».
Xi Jinping sembra insomma avviato a finire a sua volta “purgato” dal sistema tirannico di cui è prodotto e che per tanti ha comandato. Ma potrebbe avere ancora qualche cartuccia da sparare.