Il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, in un’intervista al Sole 24 Ore, bolla le polemiche sui tagli fiscali “ai ricchi” come frutto «di analisi parziali con chiavi di lettura fuorvianti». Poi invita a guardare i numeri: «La misura interesserà circa 13,6 milioni di contribuenti, e circa tre quarti di loro dichiara redditi inferiori a 50 mila euro. Si tratta dunque di un intervento calibrato sul blocco centrale della distribuzione del reddito; non certo sui ricchi». La polemica è nata soprattutto intorno alle stime proposte dall’Istat, secondo cui oltre l’85 per cento delle risorse finisce alle famiglie dei due quinti più alti nella distribuzione dei redditi. Leo non la giudica un’analisi condivisibile: «No, perché non è metodologicamente aderente all’impianto dell’Irpef, considerando i quinti di reddito equivalente e quindi un indicatore che fotografa la dimensione familiare. Ma l’Irpef è un’imposta personale e progressiva, e la valutazione redistributiva deve essere condotta sui redditi individuali, non su quelli familiari».
«Il “reddito equivalente” – continua il vice ministro – è un indicatore economico che consente di confrontare le condizioni economiche delle famiglie tenendo conto non solo del reddito individuale ma anche di quelli dei componenti del suo nucleo familiare. Quindi il riferimento al reddito equivalente è inconferente». Le discussioni di questi giorni confermano però che l’Irpef resta un terreno minato, tanto più che spesso si dimentica l’impianto progressivo dell’imposta: «Stiamo attenti. L’Irpef è la principale forma di imposizione sui redditi delle persone fisiche, e ha un gettito stimato di circa 197 miliardi nel 2025. Negli anni è stata inquinata da interventi di dettaglio, nella maggior parte dei casi asistematici. Da qui è nata la delega fiscale, con cui il Parlamento ci ha incaricato di procedere in un percorso di revisione dell’imposta. Che, va ricordato, era stato avviato dal governo Draghi».
Insomma, il governo procede in continuità, ma con qualche differenza significativa: «Nella legge di Bilancio per il 2022, il Governo Draghi ha rivisto l’Irpef adottando un approccio generalista, rivolto all’intera platea di contribuenti. Gli scaglioni passarono da 5 a 4, furono cambiate diverse aliquote e la soglia per l’accesso all’ultimo scaglione di reddito, quello con l’imposizione più incisiva, fu ridotta da 75mila a 50mila euro. Questa misura è costata 7 miliardi di euro, garantendo un beneficio medio di 233 euro che è andato anche ai redditi più alti. Noi abbiamo adottato un’impostazione più selettiva, con interventi su determinate categorie reddituali e una strategia improntata alla sostenibilità e alla gradualità. Di conseguenza – osserva Leo -, abbiamo prima ridotto ulteriormente il numero di scaglioni e aliquote, passando da quattro a tre, accorpando i primi due scaglioni e abbassando dal 25 al 23 per cento l’imposizione dei redditi fino a 28mila euro».
Questa misura, insieme alla stabilizzazione del cuneo fiscale, «ha consentito di destinare 18 miliardi di euro alle classi meno abbienti: È stato un sostegno estremamente importante, con cui abbiamo ridato ossigeno a quei lavoratori che negli ultimi anni hanno visto ridotto il loro potere di acquisto». La nuova manovra continua questo percorso selettivo, «riducendo dal 35 al 33 per cento l’aliquota del secondo scaglione in modo da calmierare la pressione fiscale sul ceto medio. I beneficiari reali sono i soggetti con redditi tra 28 mila e 50 mila euro: oltre 10 milioni di contribuenti, pari a circa il 32 per cento del totale». Nel nome della “redistribuzione” è tornata in auge nelle scorse ore l’ennesima proposta di “patrimoniale”: «Nel mio percorso politico e professionale ho maturato diverse certezze. Sotto il Governo di centrodestra non debbano essere introdotte nuove imposte patrimoniali rispetto a quelle esistenti. A ciò si aggiunge, dal punto di vista tecnico, che questo tipo d’imposta è inefficace, distorsiva e con profili di incostituzionalità».
In queste ore la Lega rilancia la richiesta di allargare le maglie della rottamazione cinque, Forza Italia chiede di cancellare la nuova tassazione su dividendi e holding, e le imprese chiedono di correggere il freno alle compensazioni e di rafforzare le certezze sugli sconti fiscali per gli investimenti: «Prima di tutto, a decidere possibilità e ampiezza dei correttivi è la disponibilità di risorse, e anche su questo l’intesa fra Giorgetti e me è totale». Il ministro domenica ha aperto all’ipotesi di rendere strutturali iper e super ammortamento: «È un nostro obiettivo, che può essere perseguito subito o a tappe a seconda delle coperture disponibili» conclude Leo.




