Nonostante la firma dell’accordo sulle terre rare tra Washington e Kiev, la fine della guerra tra Russia e Ucraina appare ancora lontana, come ha recentemente sottolineato il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, evidenziando la complessità di un processo negoziale che, nonostante gli sforzi internazionali, deve ancora affrontare ostacoli significativi. La guerra, che si protrae dal 2022, continua a mettere alla prova la diplomazia globale, con posizioni spesso inconciliabili.
Putin, ha ribadito il proprio interesse per un cessate il fuoco e a una soluzione pacifica, ma ha condizionato qualsiasi progresso alla risoluzione per una serie di questioni cruciali, tra cui il veto all’ingresso dell’Ucraina nella Nato e la tutela degli interessi nazionali russi. Peskov ha ricordato che, prima dell’offensiva militare, Putin aveva cercato di affrontare tali preoccupazioni attraverso il dialogo, un tentativo che, a suo avviso, non ha prodotto risultati concreti.
Sul fronte opposto, Zelensky insiste sulla necessità di una tregua duratura e incondizionata, come dichiarato nel suo discorso del 28 aprile. Respingendo la proposta russa di un cessate il fuoco di tre giorni, dall’8 al 10 maggio, Zelensky ha richiamato l’attenzione su un’iniziativa statunitense per una pausa di 30 giorni, avanzata a marzo, che a suo giudizio offrirebbe maggiori garanzie per un percorso diplomatico credibile. Le accuse reciproche di violazioni durante precedenti tregue limitate, come quella sulle infrastrutture energetiche, alimentano però la sfiducia tra Kyiv e Mosca.
Il presidente Trump, in carica da oltre cento giorni, ha fatto della risoluzione della guerra in corso uno dei punti centrali della sua campagna elettorale del 2024 ma sembra ora confrontarsi con la realtà di un negoziato più complesso del previsto. Il suo inviato speciale per l’Ucraina, il generale Keith Kellogg, aveva prospettato un accordo entro i primi 100 giorni di mandato, tuttavia le recenti dichiarazioni di Peskov suggeriscono che il Cremlino non condivida questa urgenza. Washington, pur mantenendo un ruolo attivo, ha avvertito, attraverso il ministro degli Esteri, Marco Rubio, che potrebbe riconsiderare il proprio impegno qualora i progressi continuino a latitare.
Le divergenze non si limitano ai negoziati tra Russia e Ucraina, ma emergono anche nei rapporti tra Trump e Zelensky, in particolare sulla possibilità di cedere territori per raggiungere un compromesso. Tale ipotesi, che Kyiv considera inaccettabile, evidenzia le difficoltà di trovare un punto di equilibrio tra le aspettative delle parti.
La situazione attuale riflette un quadro in cui le buone intenzioni diplomatiche si scontrano con interessi nazionali radicati e una reciproca mancanza di fiducia. Le proposte di cessate il fuoco, come quella pasquale di 30 ore dichiarata da Putin o la moratoria di 30 giorni sulle infrastrutture energetiche, rappresentano passi avanti, ma la loro violazione, reale o percepita, ne mina l’efficacia. La comunità internazionale, Washington in prima linea, si trova a dover gestire da un lato l’urgenza di una de-escalation e dall’altro la necessità di affrontare le questioni strutturali che alimentano il conflitto.