Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di ieri, 23 settembre, convocato per discutere la fine della guerra a Gaza, ha messo in luce una netta divergenza tra la maggior parte dei membri, favorevoli a una soluzione a due Stati, e gli Stati Uniti e Israele. L’incontro è seguito all’Assemblea Generale dell’Onu del giorno prima, durante la quale la Francia ha formalmente riconosciuto lo Stato di Palestina, unendosi a Regno Unito, Canada, Australia e Portogallo, che avevano annunciato il riconoscimento il giorno precedente. La settimana precedente, gli Stati Uniti avevano posto il veto a una risoluzione sostenuta dagli altri 14 membri del Consiglio di sicurezza.
Israele, non essendo uno dei 15 membri del Consiglio di sicurezza, non ha diritto di voto sulle risoluzioni, e può partecipare solo se invitato, ma non era presente poiché la riunione coincideva con il Rosh Hashanah, il capodanno ebraico. L’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, in precedenza aveva già definito l’incontro «una discussione unilaterale» e «una prova dell’ipocrisia dell’Onu».
Il ministro degli Esteri britannico, Yvette Cooper, ha condannato l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e ha chiesto il rilascio di tutti gli ostaggi ancora trattenuti a Gaza.
Il rappresentante francese ha dichiarato che Parigi condanna l’attacco del 7 ottobre 2023 contro Israele ma anche l’evacuazione della popolazione di Gaza, dicendo che l’offensiva militare israeliana a Gaza City «infligge solo ulteriori sofferenze alla popolazione».
La Russia ha esortato a privilegiare la diplomazia e la solidarietà internazionale nel sostenere lo Stato palestinese, anziché ricorrere a reinsediamenti forzati o soluzioni militari (posizione curiosa, considerato come il Cremlino, in Ucraina, abbia preferito la soluzione militare alla via del dialogo e della diplomazia).
Il rappresentante cinese, Fu Cong, ha appoggiato la soluzione a due Stati.
I rappresentanti arabi, naturalmente hanno condannato in blocco le operazioni militari israeliane e chiesto un cessate il fuoco immediato.
L’Alto rappresentante dell’Unione Europea, Kaja Kallas, ha appoggiato la soluzione a due Stati, annunciando un aiuto di 1 miliardo e 600 milioni di euro per Gaza nei prossimi tre anni.
Germania e Italia non hanno ancora riconosciuto ufficialmente lo Stato palestinese. Giorgia Meloni, ha più volte ribadito che il riconoscimento dell’Italia dipende dal rilascio di tutti gli ostaggi e dall’esclusione di Hamas da ogni ruolo di governo.
Quanto alla posizione degli Stati Uniti, l’ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite, Mike Waltz, ha definito «del tutto deplorevole» la decisione di convocare la riunione, sapendo che avrebbe escluso Israele, sottolineando come questo episodio sia emblematico della tendenza a privilegiare «l’esibizione scenica rispetto a seri sforzi per promuovere la pace», e ha poi sottolineato come, nonostante oltre 80 riunioni del Consiglio sulla situazione a Gaza, dal 7 ottobre 2023, queste sessioni abbiano solo rafforzato Hamas (che è un’organizzazione terroristica fra le più spietate mai viste) e ostacolato gli sforzi per liberare gli ostaggi e porre fine alla guerra. «Nessun paese, nessuno qui presente, permetterebbe volontariamente a terroristi di minacciare il proprio popolo. Non si dovrebbe pretendere che Israele sia diverso», ha dichiarato Waltz.
Nel suo discorso all’Onu di ieri, Donald Trump ha criticato gli alleati per aver riconosciuto lo Stato palestinese, affermando che chi cerca la pace dovrebbe unirsi nell’obiettivo di liberare gli ostaggi israeliani detenuti da Hamas, piuttosto che «premiare» i terroristi, per poi denunciare “l’inutilità” tout-court dell’Onu. Il ministro degli Esteri, Marco Rubio, ha dichiarato che «non esiste uno Stato palestinese» senza negoziati con Israele, ha a sua volta criticato l’Onu come inefficace, rappresentandolo come una sorta di club: «L’Onu è solo un luogo dove una volta all’anno un gruppo di persone si riunisce, tiene discorsi e redige lettere e dichiarazioni, ma non si compiono molte azioni utili e importanti». Sia Rubio che Trump hanno inoltre espresso rammarico per l’enorme «potenziale inespresso» delle Nazioni Unite.
Israele, dal canto suo, accusa fin dall’inizio l’Onu di parzialità, respingendo un suo recente rapporto che definisce le operazioni israeliane a Gaza un “genocidio”, e contestando le conclusioni dell’Integrated Food Security Phase Classification, che parla del rischio di carestia a Gaza, accusando l’Onu di aver volutamente ignorato e manipolato diversi dati, e di non tener conto degli sforzi di Israele per limitare le sofferenze del popolo palestinese. Gerusalemme inoltre accusa l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) di essere connivente con Hamas, dopo che alcuni rapporti hanno collegato diversi suoi dipendenti ai barbari attacchi terroristici del 7 ottobre 2023 (19 dipendenti Unrwa sono stati poi indagati, nove dei quali sono stati licenziati). L’agenzia del ministero della Difesa israeliano per gli affari civili tra Israele, la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, ha più volte accusato l’agenzia delle Nazioni Unite di diffondere informazioni false sulla consegna degli aiuti a Gaza.