Il trasferimento di 92 detenuti sottoposti al regime del 41 bis nel carcere di Uta, nel Cagliaritano, è al centro di uno scontro istituzionale che coinvolge la Regione Sardegna e il Ministero della Giustizia. La presidente della Regione, Alessandra Todde, accusa il ministro Carlo Nordio di non aver risposto a una lettera inviata il 18 giugno in cui esprimeva «preoccupazioni chiare e legittime» sull’ipotesi di concentrare in Sardegna un numero così elevato di detenuti ad altissimo rischio. «Nessuna risposta. Nessuna possibilità di confronto con il Ministero della Giustizia», afferma Todde.
La polemica si riaccende in seguito alla circolazione di una comunicazione firmata da Ernesto Napolillo, direttore generale detenuti e trattamento del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, indirizzata a una lunga serie di autorità sarde e nazionali, tra cui i presidenti del Tribunale di sorveglianza e del Tribunale di Cagliari, il procuratore della Repubblica, il prefetto, il questore, il comandante provinciale dei Carabinieri, il procuratore nazionale antimafia di Roma, il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria e il direttore generale della Asl.
La nota di Napolillo informa che la decisione è già stata assunta: 92 detenuti al 41 bis saranno trasferiti a Uta. Un’iniziativa che, se confermata, secondo la presidente della Regione costituirebbe «un atto grave che calpesta il principio di leale collaborazione tra istituzioni e che non tiene conto delle conseguenze per la sicurezza, la sanità, gli impatti sull’economia e la tenuta sociale del nostro territorio». Nella missiva al ministro Nordio, Todde aveva evidenziato tre punti chiave. Primo: il procuratore generale ha definito la Sardegna un territorio «a forte rischio di sviluppo mafioso», e la concentrazione di detenuti al 41 bis potrebbe favorire «alleanze tra le mafie tradizionali e la criminalità locale». Secondo: la cronica carenza di personale della polizia penitenziaria, che ha già reso possibile episodi gravi come la clamorosa evasione di Marco Raduano dal carcere di Nuoro nel 2023. Terzo: l’impatto sociale e sanitario dell’operazione, giudicato insostenibile in assenza di un piano strutturato di intervento. «Ho il dovere di tutelare i cittadini sardi», insiste la presidente. «Chiedo al Governo di fermarsi e di aprire immediatamente un confronto serio e responsabile». E avverte: «La Sardegna non può e non deve essere trattata come un laboratorio per esperimenti pericolosi».