La situazione nel mondo è «incandescente», su tutti i fronti, quello di Gaza e quello della guerra in Ucraina. Anche per questo Antonio Tajani, da New York dove partecipa all’assemblea dell’Onu lancia – in una intervista al Corriere della Sera – un forte appello alla «responsabilità» da parte di tutti. «Su Gaza – dice – la situazione è molto più pericolosa di quanto possa apparire: forzare il blocco navale di Israele, entrare nelle acque di Gaza è del tutto sconsigliabile. Dobbiamo fare di tutto per non mettere a rischio le vite dei militanti della Flotilla ma, permettetemi, anche dei nostri militari che sono lì a fare un’azione di protezione civile, non a combattere». Nel governo ci sono diverse voci: Crosetto usa toni bassi, la premier si scaglia contro la missione Flotilla, Tajani lavora a una mediazione: «Ma dove vedete questa differenza? Certo che lavoriamo insieme, assolutamente. Tutti vogliamo una de-escalation, e stiamo facendo tutto il possibile perché gli aiuti umanitari che Flotilla trasporta arrivino davvero a destinazione. È così – aggiunge – che si aiuta la popolazione civile, come sta facendo l’Italia, che siamo il primo Paese europeo per accoglienza dei palestinesi. Non è forzando un blocco navale di un Paese in guerra che si aiutano i civili». La mediazione a cui ha lavorato, con la Cei, il patriarcato di Gerusalemme che farebbe da tramite per far arrivare gli aiuti «al momento è stata rifiutata, ma ci auguriamo che ci ripensino e si continui a lavorare. Noi insistiamo: se l’obiettivo è offrire aiuto alla popolazione di Gaza, possiamo trovare modi per portare gli aiuti. È l’unica soluzione possibile per evitare rischi altissimi».
Quanto agli italiani sulla Flotilla: «Molti di loro sono più responsabili e capiscono che la situazione può degenerare. Siamo in contatto dal primo giorno con loro, l’Unità di crisi della Farnesina segue passo passo la missione, e la nostra nave militare è lì non per ingaggiare azioni militari con qualcuno, ma eventualmente per dare aiuto se mai fosse necessario. Aiuto civile appunto, non militare. Siamo anche pronti a riportare a casa chiunque lo chiedesse». Ma ribadisce: «Non possiamo rischiare la vita dei nostri militari, comunque la si pensi sulla missione: questo non è in discussione». Gli altri governi sembrano fermi: «Sì, ho parlato con il premier belga, come con i francesi: ci hanno chiesto di assicurare la protezione civile anche per i loro cittadini». Ha parlato con i leader dell’opposizione: «Ho parlato con Elly Schlein, perché è un tema che riguarda tutti. Vedo che anche dal Pd arriva la richiesta di non chiudere sulla mediazione, è quello che diciamo anche noi. Siamo tutti preoccupati, per questo abbiamo detto che vanno abbassati i toni. Una cosa è la polemica politica, altra la violenza verbale. Fino ad oggi hanno utilizzato un linguaggio pericoloso, mi auguro che le cose cambino». Il ministro invita tutti «a frenare il linguaggio e soprattutto a smetterla con l’additare il governo italiano come responsabile di fatti di sangue». Teme anche per l’ordine pubblico, per la sicurezza dei membri del governo: «Per l’ordine pubblico non è che ‘temo’, constato: 60 Poliziotti feriti, danneggiamenti, traffico bloccato. Non è un ‘rischio’: iniziano ad essere fatti. Molto preoccupanti. E anche per noi: se è stato alzato il livello di protezione per alcuni ministri, me compreso, un motivo ci sarà. Qui – osserva inoltre Tajani – siamo alla follia, viene minacciata un ministro come Bernini che ha fatto tanto per accogliere studenti palestinesi nelle università. E io stesso ogni volta che sono stato in Israele sono stato anche a Ramallah. Noi abbiamo una linea assolutamente equilibrata». Ma il governo non riconosce, anche come gesto simbolico, lo Stato di Palestina: «Siamo pronti a farlo anche domani, ma le condizioni sono chiare: lo faremo dopo che Hamas uscirà da Gaza e sarà uscita dalla guida politica della Palestina. E lo faremo dopo la liberazione di tutti gli ostaggi. Farlo prima sarebbe un riconoscimento del loro potere e un indebolimento dell’Autorità palestinese» conclude Tajani.