Sale la tensione a Taiwan. Le esercitazioni del 2025 di Taiwan dureranno il doppio rispetto agli anni precedenti e, per la prima volta, includeranno simulazioni di risposta alle cosiddette tattiche di “zona grigia” del regime cinese, che secondo le autorità di Taipei potrebbero precedere un’invasione su larga scala.
Durante una conferenza stampa tenuta il 1° luglio, il generale Tung Chi-hsing ha annunciato che l’esercitazione a fuoco vivo si svolgerà dal 9 al 18 luglio, un’espansione significativa rispetto al normale formato di cinque giorni e quattro notti. Il generale Tung ha spiegato che le manovre inizieranno con uno scenario simulato di “problemi nella zona grigia”, che in un conflitto reale attiva il passaggio da tempo di pace a tempo di guerra: una serie di procedure necessarie alla mobilitazione bellica delle forze armate.
Nel contesto delle tensioni tra Cina e Taiwan, il termine “zona grigia” si riferisce ad azioni che non raggiungono la soglia di una guerra ufficialmente dichiarata, ma mirano a ottenere obiettivi strategici attraverso pressioni e provocazioni. Per “zona grigia”, in questo contesto, si intende una guerra di fatto che, non essendo dichiarata, formalmente solleva da ogni responsabilità e che quindi può essere spacciata per un’operazione militare circoscritta. E con ogni probabilità la dittatura comunista cinese userebbe questa formula, visto che insiste a considerare Taiwan cosa propria (come d’altronde considera la Cina continentale).
Sebbene il Partito comunista cinse non abbia ufficialmente adottato il termine “zona grigia” nella propria dottrina militare, applica concetti affini attraverso la sua strategia delle cosiddette “Tre Guerre” (giuridica, psicologica e propagandistica) sin dai primi anni duemila. Un esempio concreto è l’incursione regolare di caccia nella zona di difesa aerea di Taiwan, che costringe continuamente Taipei a far decollare i propri caccia in risposta.
Secondo alcuni analisti, questa tattica punta, almeno in parte, a esaurire sul piano materiale e psicologico Taiwan, desensibilizzando allo stesso tempo la popolazione taiwanese rispetto al pericolo che rappresenta il Pcc e indebolendo così il sostegno dell’opinione pubblica alla spesa per la difesa.
Dopo la simulazione di zona grigia, l’esercitazione passerà a una fase di invasione simulata, che includerà un assalto anfibio attraverso lo Stretto di Taiwan. L’aeronautica taiwanese si eserciterà anche a garantire una parziale superiorità aerea, intercettare attacchi missilistici, eseguire contrattacchi di precisione e respingere sbarchi nemici in punti costieri strategici. L’ultima parte dell’esercitazione – ha spiegato il generale Tung – simulerà l’invasione di terra dell’esercito comunista e quindi la resistenza e il contrattacco da parte della fanteria: le truppe taiwanesi si prepareranno alla guerriglia, e creeranno zone di difesa stratificate sfruttando il terreno e le strutture urbane per impedire all’invasore l’accesso a infrastrutture fondamentali come porti e aeroporti. Oltre alle operazioni di combattimento, l’esercitazione includerà misure di difesa civile, come evacuazioni in caso di raid aerei, operazioni di soccorso e gestione dei rifugi, iniziative volte a rafforzare «la resilienza difensiva dell’intera società».
Le dichiarazioni del generale Tung giungono mentre il presidente taiwanese Lai Ching-te ha intrapreso una serie di interventi in tutto il Paese per promuovere l’unità nazionale, di fronte alla crescente aggressività del Partito comunista cinese. A Taiwan, dopo anni e anni di minacce e provocazioni, la preoccupazione che la dittatura comunista attacchi è ormai dominante.
Per questo, il presidente della Repubblica di Cina (questo è il vero nome di Taiwan) prevede di tenere in tutta la nazione dieci discorsi, iniziati il 22 giugno e che proseguiranno nelle prossime settimane. Nei primi tre, ha esortato all’unità nazionale due gruppi demografici chiave: i giovani, che si identificano sempre più esclusivamente come taiwanesi e rifiutano qualsiasi legame con la Cina, e gli anziani, molti dei quali fuggirono da bambini dalla Cina continentale durante la guerra civile cinese, e che hanno vissuto sulla propria pelle la brutalità dei comunisti di Mao Zedong. Negli anni, la propaganda del Partito (che ovviamente passa attraverso lo Stretto senza difficoltà) ha cercato di far leva sul senso di identità cinese, persistente tra i taiwanesi più anziani, per promuovere l’unificazione sotto il proprio dominio; gli anziani, insomma, sono anche l’anello debole della catena.
E il presidente Lai Ching-te, il cui Partito progressista democratico raccoglie il maggior sostegno dagli elettori che si identificano fortemente come taiwanesi, ora sta lavorando proprio per neutralizzare queste tattiche psicologiche del Pcc, che fanno leva su un’idea di “Cina” che nulla ha a che vedere con la realtà che vivono i cinesi continentali.