Sondaggio: senza il Parlamento le riforme di Musk rischiano di svanire

di Redazione ETI/Tom Ozimek
9 Giugno 2025 15:26 Aggiornato: 9 Giugno 2025 15:27

Un nuovo sondaggio rivela che i lettori di The Epoch Times sostengono in larga maggioranza l’idea di rendere permanente il Dipartimento per l’Efficienza Governativa (Doge), anche dopo l’uscita di scena del suo uomo simbolo: Elon Musk. Ma si teme che il piano di razionalizzazione dei costi più ambizioso degli ultimi decenni possa finire in nulla, in assenza di un intervento legislativo da parte del Parlamento.

L’agenzia, istituita dal presidente Trump il primo giorno del suo mandato tramite ordine esecutivo, ha il compito di individuare sprechi, snellire la burocrazia e ridurre la spesa pubblica. Se il Parlamento non interverrà, il Doge sarà sciolto il 4 luglio 2026. Il timore, condiviso da molti lettori, è che senza una legge le riforme avviate da Musk possano essere annullate. Secondo i dati attuali, il dipartimento ha portato a un risparmio stimato di 180 miliardi di dollari per le casse dello Stato, grazie a interventi quali la cancellazione di contratti, l’eliminazione di frodi, la vendita di beni statali e la riduzione del personale.

Trump ha elogiato i risultati raggiunti, definendo il Doge «il programma di riforma governativa più radicale e significativo di questa generazione», malgrado recenti dissidi tra i due su visioni opposte riguardo all’One Big Beautiful Bill Act. Intanto, i lettori sembrano guardare al futuro, chiedendo al Parlamento di rendere permanenti le riforme promosse dal Doge.

Il fascino esercitato dal Doge non si limita al contenimento della spesa: per molti rappresenta un primo passo verso una riforma strutturale della macchina federale. Tuttavia, in assenza di una norma che ne sancisca la stabilità, qualsiasi cambiamento resta vulnerabile a un’eventuale revoca da parte delle future amministrazioni.

Su 19 mila 248 risposte, Il 90% dei partecipanti al sondaggio ha indicato come necessaria un’azione del Parlamento per consolidare i risultati ottenuti. La quasi totalità delle risposte è stata formulata con convinzione, segno di una diffusa percezione secondo cui l’intervento legislativo sia essenziale per salvaguardare i progressi finora raggiunti. Nonostante le controversie, l’apprezzamento per i risultati conseguiti rimane elevato: l’86% ha dichiarato che le riforme valgono le polemiche scaturite, con quasi tre quarti dei partecipanti che hanno espresso un giudizio fortemente positivo.

Il Doge è stato oggetto di critiche da parte dei democratici e di alcuni gruppi di vigilanza, che accusano l’agenzia di avere ecceduto nei suoi poteri. Le imprese di Musk sono state bersaglio di attacchi incendiari, mentre il dipartimento è attualmente coinvolto in più cause legali che ne contestano la legittimità. Musk ha recentemente dichiarato che il Doge è diventato un «capro espiatorio» a Washington, accusato ingiustamente di tagli mai realizzati o di minacce a servizi essenziali come la previdenza sociale.

Tuttavia, la fiducia nell’operato del dipartimento resta alta. Migliaia di commenti spontanei esprimono apprezzamento per la determinazione dell’agenzia nel portare avanti riforme necessarie, anche a fronte delle polemiche. Parte di questa fiducia sembra derivare dagli sforzi compiuti in termini di trasparenza: sin dal lancio, il Doge ha reso pubblici i dettagli delle misure di contenimento della spesa, tramite una banca dati accessibile. Più dell’80% degli intervistati ha riconosciuto che tale trasparenza ha rafforzato la fiducia nel progetto. Con miliardi di dollari risparmiati e un profilo altamente controverso, il Doge si è imposto come una delle iniziative di riforma più visibili degli ultimi anni.

Emerge tuttavia una consapevolezza diffusa della fragilità dell’iniziativa. Il Doge infatti non è un dipartimento esecutivo formale, bensì un organismo consultivo interno allo U.S. Digital Service, istituito per ordine esecutivo e soggetto alla discrezionalità presidenziale. Per rendere permanenti le sue riforme o per istituirlo come dipartimento a sé stante, è necessaria una legge — a oggi difficile da ottenere, considerata la paralisi partitica del Parlamento. Il 69% degli intervistati ritiene incerto il futuro del dipartimento, poiché strettamente legato all’orientamento della futura presidenza.

I pareri sono invece più articolati riguardo allo stile di leadership di Musk, spesso associato al motto della Silicon Valley «muoversi in fretta e rompere gli schemi», che implica una propensione al cambiamento anche a scapito delle consuetudini. Questo approccio si pone in netto contrasto con l’impostazione procedurale dell’amministrazione federale, pensata per garantire stabilità e continuità.

Musk è stato accusato dai Democratici di voler «distruggere il governo federale» e demoralizzare i dipendenti pubblici. Trump, al contrario, ha elogiato la sua azione, riconoscendogli il merito di aver scosso l’inerzia burocratica in nome della disciplina fiscale.

Il 61% degli intervistati ha ammesso che lo stile di Musk si scontra con le prassi del settore pubblico e anche la struttura direttiva del Doge solleva perplessità. L’uscita di Musk è coincisa con la scadenza del suo mandato di 130 giorni, conforme alla normativa federale per gli incarichi speciali. Per il 63% degli intervistati, questa durata limitata rappresenta un ostacolo alla continuità delle riforme.

Musk ha minimizzato tali timori, sostenendo che Doge è ormai autosufficiente e potrà persino accelerare dopo la sua uscita. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha confermato che la missione del dipartimento continuerà sotto la guida del presidente e dei membri del Gabinetto. Trump ha aggiunto che il personale del Doge rimarrà operativo all’interno delle agenzie governative.

L’ascesa del Doge come iniziativa per la riduzione degli sprechi ha innescato non solo tensioni politiche, ma anche interrogativi più profondi sul controllo democratico e sui limiti del potere esecutivo. Il 43% degli intervistati ritiene che il Parlamento dovrebbe aumentare la propria supervisione su enti come il Doge, per evitarne un uso improprio da parte di incaricati non eletti. Il 40% è contrario, rendendo questa la questione più divisiva dell’intero sondaggio.

Quanto all’eredità di Musk, la maggioranza degli intervistati respinge l’idea che il suo impatto sia stato prevalentemente simbolico e il suo intervento ha prodotto cambiamenti reali e non solo visibilità.

Da quanto emerge da un quesito aperto sulla reale efficacia del Doge nel ridurre gli sprechi, il vero problema non è lo spreco, ma la spesa incontrollata. Molti hanno riconosciuto i meriti dell’agenzia, ma ritengono che l’ostacolo principale non risieda nella burocrazia, bensì nel Parlamento. Secondo numerosi partecipanti, i legislatori sarebbero troppo legati agli interessi particolari e poco inclini a decisioni impopolari in nome dell’austerità. Nonostante le promesse ricorrenti, raramente il Parlamento ha tradotto in atti concreti la volontà di eliminare gli sprechi.

Un altro elemento critico riguarda l’assenza di poteri esecutivi per il Doge. L’agenzia può solo proporre riforme: se il Parlamento non le recepisce legiferando, un futuro governo può facilmente annullarle, rendendo effimera ogni conquista. Infine, si segnala la frustrazione nei confronti della cosiddetta “spesa permanente”, ovvero quella tendenza per cui, una volta creato un programma, esso viene perpetuato indipendentemente dalla sua utilità o efficacia.

Il nome di Trump ricorre spesso nei commenti spontanei. A lui viene riconosciuto il merito di aver dato impulso e legittimità politica al Doge, rendendolo uno strumento reale contro la spesa pubblica eccessiva. Anche tra chi dubita della possibilità di riforme durature, vi è consenso sul fatto che, sotto la sua guida, il Doge abbia comunque una concreta possibilità di incidere.

Il messaggio emerso è chiaro: lo “spreco” in sé è solo la superficie del problema. La vera sfida è la crescita incontrollata della spesa pubblica. E senza un impegno del Parlamento, anche le riforme più coraggiose potrebbero restare temporanee.

Consigliati