Situazione in stallo a Gaza, Hamas non dà segno di voler collaborare

di Artemio Romano
13 Novembre 2025 11:32 Aggiornato: 13 Novembre 2025 11:32

Secondo fonti governative di alto livello israeliane, l’avvio della seconda fase del Piano Trump continua a restare in stallo a causa delle divergenze sulla costituzione del contingente militare multinazionale di interposizione e sulle modalità di disarmo di Hamas.

Sul piano diplomatico, Stati Uniti e alleati sono all’opera per superare le divergenze ancora aperte, definire un meccanismo di controllo e cooperazione regionale e scongiurare il rischio di un collasso della tregua (che per ora, più o meno, regge).

Nel frattempo, l’ala militare di Hamas accusa Israele di ostacolare l’attuazione delle restanti clausole dell’accordo, imponendo condizioni preliminari che limitano l’operatività dell’organizzazione terroristica e conducendo attività di sorveglianza attraverso droni. Israele, effettivamente, tiene in volo i propri droni 24 ore su 24, mappando le aree e identificando movimenti sospetti e potenziali punti di ingresso di armamenti o assembramenti militari di Hamas.​ La raccolta di dati viene utilizzata a scopo difensivo, per aggiornare costantemente la lista degli obiettivi da colpire in caso di ripresa della guerra, e comprende sia infrastrutture militari che i dirigenti operativa dell’organizzazione terroristica che continua a controllare Gaza.
Sulla base di questo, Hamas accusa Israele di voler deliberatamente impedire il passaggio alla seconda fase del piano. I dirigenti del movimento e delle fazioni palestinesi avvertono inoltre che, se gli impegni assunti nei confronti della Striscia di Gaza – in particolare quelli relativi agli aiuti umanitari e alla ricostruzione dei danni di guerra – non verranno rispettati, le ostilità potrebbero riprendere. Gaza resta insomma una polveriera, e Hamas sembra fare di tutto per preservare la miccia che la può far esplodere in ogni momento.

Nonostante le difficoltà, il ministro degli Esteri americano Marco Rubio, intervenuto ieri sera dopo la riunione dei ministri degli Esteri del G7 in Canada, ha espresso ottimismo: «io ritengo che i negoziati procedano positivamente e speriamo di poter intraprendere nuove iniziative a breve». Rubio ha anche sottolineato come il dispiegamento della forza internazionale sia essenziale per potenziare il sostegno umanitario e ridurre il potere di Hamas (facendo quindi capire che Hamas ha tutto l’interesse a ostacolare gli aiuti), avvertendo al tempo stesso che le violenze subite dai coloni israeliani in Giudea e Samaria (ovvero Cisgiordania) potrebbero compromettere la tenuta della tregua.
Fonti di Gaza di Epoch Israele confermano però che le operazioni di recupero dei corpi degli ostaggi si stanno rivelando estremamente complesse e  che richiederanno ancora tempo; uno dei corpi sarebbe nelle mani della Jihad islamica mentre la sorte di un altro corpo rimane incerta, ed è possibile che si trovi ancora in possesso di Hamas.

Un ulteriore nodo riguarda circa centocinquanta miliziani di Hamas catturati all’interno di un tunnel nella zona di Rafah, attualmente sotto controllo israeliano. Fonti militari israeliane hanno reso noto che sono in corso negoziati per definire la questione, e una delle ipotesi al vaglio prevederebbe la consegna delle armi in cambio del trasferimento dei miliziani in Turchia.

Il quotidiano saudita Asharq Al-Awsat ha citato oggi una fonte politica anonima interna a Hamas secondo cui qualsiasi risposta all’intransigenza israeliana sarà approvata all’unanimità da tutte le fazioni: «noi non permetteremo a Israele di operare a livello militare liberamente nella Striscia» ha detto la fonte del giornale saudita, confermando il fatto che Hamas non dimostri alcuna intenzione di disarmare e lasciare Gaza, condizioni imprescindibili per passare alla Fase 2 del piano Trump.

Intanto, le forze armate israeliane si stanno già preparando al peggio – come dimostra l’impiego massiccio di droni a scopo di intelligence – e stanno predisponendo piani di emergenza nell’eventualità di un crollo del cessate il fuoco. Ed è in corso, insieme all’inviato statunitense Jared Kushner, l’elaborazione di un piano straordinario per Gaza nel caso in cui l’iniziativa di Trump dovesse fallire e il conflitto riesplodere. Il documento sarà presentato a breve al Gabinetto di sicurezza del governo israeliano.

Parallelamente, fonti diplomatiche di rilievo sentite da Epoch segnalano però che Turchia ed Egitto hanno intensificato la propria azione, con l’obiettivo di consolidare la tregua e favorire il passaggio alla seconda fase del Piano Trump. I ministri degli Esteri dei due Stati islamici hanno discusso della preparazione di una conferenza internazionale al Cairo dedicata alla ricostruzione della Striscia e al suo rapido rilancio economico. E l’Egitto, che aspira a un ruolo guida nel processo, auspica un coinvolgimento attivo della Turchia nella mobilitazione del sostegno internazionale all’iniziativa.


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