Negli ultimi anni, Russia e Cina hanno intensificato le loro attività in Antartide, mettendo in discussione il Trattato Antartico del 1959, che riserva il continente alla ricerca scientifica e vieta lo sfruttamento delle risorse naturali. All’inizio del 2025, Mosca ha annunciato la scoperta di un gigantesco giacimento di petrolio nell’area reclamata dal Regno Unito: 511 miliardi di barili, il più vasto mai individuato al mondo. La scoperta, avvenuta durante rilievi geologici condotti dalla nave della compagnia statale russa Rosgeo, è stata ufficialmente presentata come ricerca scientifica. Ma ha sollevato forti sospetti di violazione del trattato.
Firmato da 56 nazioni, il Trattato Antartico sospende ogni rivendicazione territoriale e vieta qualsiasi attività estrattiva, promuovendo la cooperazione pacifica. Ma sia Mosca che Pechino, pur firmatarie, sembrano perseguire obiettivi strategici. Il giacimento scoperto nel Mare di Weddell, in una zona contesa da Argentina e Cile, ha riacceso le tensioni: entrambi i Paesi hanno espresso interesse. L’ex presidente della Commissione difesa del Parlamento britannico, Tobias Ellwood, ha denunciato le attività estrattive russe come una palese violazione delle norme internazionali, accusando il Cremlino di sfruttare la presunta passività dell’Occidente.
La cooperazione tra Russia e Cina in Antartide si è rafforzata. Nel 2025, i due Paesi hanno discusso di trivellazioni congiunte, dopo conferenze sull’esplorazione antartica ospitate a Pechino e Changchun nel settembre 2024, con la partecipazione di esperti russi del ministero delle Risorse minerarie. Entrambi si oppongono sistematicamente all’estensione delle aree marine protette nell’Oceano Antartico, che limiterebbero la pesca del krill, risorsa essenziale per l’ecosistema e l’industria alimentare. Il krill è cruciale per la sopravvivenza di pinguini, foche e balene. La pesca è aumentata sensibilmente, passando da 266 mila tonnellate annue (2014–2018) a oltre 415 mila tra il 2019 e il 2023. La Cina, che sta costruendo cinque nuovi pescherecci, ha bloccato insieme alla Russia il rinnovo della misura della Commissione per la conservazione delle risorse marine antartiche, che limita la pesca a 620 mila tonnellate suddivise in quattro aree. Una decisione che, secondo gli esperti, mina l’approccio precauzionale alla tutela dell’Antartide.
In vigore dal 1961, il Trattato Antartico ha garantito la cooperazione scientifica congelando le pretese di sette Paesi: Australia, Argentina, Cile, Francia, Nuova Zelanda, Norvegia e Regno Unito. Stati Uniti, Russia e Cina non riconoscono queste rivendicazioni ma si riservano il diritto di avanzarne in futuro. La crescente presenza di Mosca e Pechino, con basi sempre più sofisticate, alimenta i sospetti. La Cina ha già cinque stazioni operative e una sesta in costruzione; la Russia sta potenziando le proprie strutture e ha realizzato una nuova pista di atterraggio. Le attività russe, come i rilievi sismici nel Mare di Weddell, sono considerate da molti esperti vere e proprie estrazioni minerarie mascherate da ricerca. Alan Hemmings, specialista di governance antartica, ricorda che il trattato distingue chiaramente tra ricerca scientifica e attività vietate come l’estrazione. Nonostante le rassicurazioni di Mosca, i dubbi restano forti, anche alla luce della sua politica aggressiva in Ucraina. L’Australia, che reclama il 42% del continente, insieme a Regno Unito e Nuova Zelanda, non ha aggiornato la propria strategia di fronte alla crescente competizione. Canberra, pur considerando la Cina una minaccia militare, non ha rafforzato la propria presenza militare nella regione. Durante la visita a Pechino del luglio 2025, il premier Anthony Albanese non ha sollevato la questione con le autorità cinesi, anche per mancanza di pressioni interne.
La riunione consultiva del Trattato Antartico, tenutasi a Milano dal 23 giugno al 3 luglio 2025, ha ignorato le implicazioni strategiche delle attività russo-cinesi, concentrandosi su temi ambientali e turismo. L’evento, ospitato dal ministero degli Esteri italiano con la partecipazione di 450 delegati, non ha prodotto risposte concrete. Il segretariato del trattato, con sede a Buenos Aires, appare isolato dalle decisioni strategiche, spesso prese in segreto dalle potenze attive nel continente.
La scoperta russa e l’espansione cinese indicano un’erosione progressiva del Trattato Antartico, in linea con una tendenza mondiale a rimettere in discussione accordi internazionali ritenuti superati. Anche gli Stati Uniti, pur promotori del trattato, lasciano aperta la possibilità di sfruttare le risorse antartiche in futuro. Il Protocollo di Madrid — che vieta l’estrazione mineraria — potrà essere rivisto a partire dal 2048, ma le mosse di Mosca e Pechino fanno temere un’accelerazione del confronto.
L’Antartide, “terra nullius” per definizione, rappresenta l’ultima grande frontiera per le risorse mondiali: custodisce il 70% delle riserve d’acqua dolce del pianeta e abbondanti depositi minerari. Il petrolio potrebbe ridurre la dipendenza energetica della Cina, mentre la pesca intensiva del krill minaccia l’intero ecosistema. L’assenza di una risposta coordinata da parte dell’Occidente e l’aggressività crescente di Russia e Cina rischiano di trasformare l’Antartide in un nuovo teatro di scontro geopolitico, minando decenni di cooperazione pacifica.
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