Rubio: l’America disapprova l’attacco in Qatar ma resta a fianco di Israele

di Redazione ETI/TJ Muscaro
15 Settembre 2025 7:48 Aggiornato: 15 Settembre 2025 8:49

Marco Rubio è da ieri, 14 settembre, in visita ufficiale in Israele, sulla scia dell’attacco a Hamas ordinato da Gerusalemme nel territorio del Qatar e dell’intensificazione delle operazioni  militari nella Striscia di Gaza.
Il ministro degli Esteri americano e Donald Trump avevano già incontrato il primo ministro del Qatar il 12 settembre, per discutere delle conseguenze dell’attacco a Doha, in cui sono morte almeno sei persone e che è stato condannato dal governo qatariota e da Hamas stessa, secondo cui il raid dimostra come Israele non intenda raggiungere un accordo. Anche il presidente degli Stati Uniti ha espresso disapprovazione per l’attacco. Il Qatar ospiterà lunedì un vertice straordinario arabo-islamico per discutere le mosse successive.
Rubio ha affermato che Washington intende confrontarsi su come liberare i quarantotto ostaggi ancora trattenuti da Hamas nella Striscia di Gaza e su come ricostruire il territorio costiero. Si ritiene che solo venti siano ancora in vita. «Quel che è accaduto è accaduto – aveva dichiarato Rubio alla partenza, con l’evidente intento di buttare acqua sul fuoco e di trovare una composizione del conflitto – Incontreremo i leader israeliani e parleremo di ciò che riserva il futuro». Sempre prima di partire per Gerusalemme, Rubio aveva chiarito che avrebbe affrontato il tema dell’attacco in Qatar e le sue ripercussioni sulla situazione di Gaza, ribadendo però allo stesso tempo la ferma  condanna di Hamas e la solidità dei rapporti tra Stati Uniti e Israele. Funzionari statunitensi hanno descritto l’attacco di martedì contro membri di Hamas in Qatar – uno stretto alleato degli Stati Uniti – come un’escalation unilaterale che non serve agli interessi né americani né israeliani.

«Il mio obiettivo è garantire il ritorno degli ostaggi, trovare modi per far arrivare gli aiuti umanitari ai civili e affrontare la minaccia rappresentata da Hamas» aveva scritto Rubio in un post su X nel pomeriggio del 13 settembre, prima della partenza. «Hamas non può continuare a esistere se l’obiettivo è la pace nella regione» aveva poi significativamente aggiunto Rubio, appoggiando di fatto la posizione del primo ministro israeliano Netanyahu che, oltre all’immediata liberazione degli ostaggi, ha fatto del completo annientamento di Hamas (annientamento anche fisico, se necessario, di ognuno dei suoi membri) un punto fermo granitico della propria azione di governo.

Il 14 settembre, Rubio e la moglie hanno visitato il santuario del Muro Occidentale (noto anche come “Muro del Pianto”, il luogo più sacro per la religione ebraica) insieme a Netanyahu, accompagnato a sua volta dalla moglie, e all’ambasciatore statunitense in Israele Mike Huckabee e sua moglie. La visita al Muro Occidentale «rappresenta una conferma del riconoscimento americano di Gerusalemme come capitale eterna di Israele», sottolinea una nota del ministero degli Esteri americano. Alla fine del 2017, durante il suo primo mandato presidenziale, Donald Trump ha riconosciuto formalmente Gerusalemme come capitale di Israele e ha successivamente trasferito l’ambasciata statunitense da Tel Aviv.
«Credo che la visita di Rubio qui testimoni la solidità e la forza dell’alleanza tra Israele e America – ha dichiarato Netanyahu – È solida e duratura come le pietre del Muro occidentale che abbiamo appena toccato».

Il viaggio ufficiale di Rubio in Israele giunge nel pieno dell’escalation militare nella Striscia di Gaza, e in un contesto di crescenti pressioni internazionali per il riconoscimento ufficiale dello Stato palestinese, una prospettiva a cui Netanyahu si oppone con fermezza.
Donald Trump (l’unico, o quasi, capo di Stato che in questo appoggia Netanyahu ) ha dichiarato che riconoscere uno Stato palestinese equivarrebbe a premiare Hamas. Marco Rubio ha recentemente messo in guardia sui pericoli di una simile decisone, compreso un indebolimento degli sforzi di normalizzazione a Gaza e il rischio che Israele, a quel punto, decida di annettere la Cisgiordania (giovedì scorso, Netanyahu ha infatti firmato un accordo per procedere con un piano di espansione degli insediamenti che attraverserebbe territori della Cisgiordania rivendicati dai palestinesi per il loro Stato). Il 5 settembre, Rubio aveva già affermato che l’amministrazione Trump ha comunicato a tutti i Paesi che hanno proceduto al riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese, che questo “riconoscimento” non si concretizzerà mai, poiché renderebbe più difficile raggiungere una tregua.

 


Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times