L’equilibrio tra due grassi essenziali nella dieta può fare la differenza tra un organismo in salute e uno costantemente esposto a processi infiammatori. Per decenni, il rapporto tra omega-6 e omega-3 è rimasto relativamente bilanciato, ma oggi la proporzione si è alterata in modo significativo, con conseguenze sulla salute non trascurabili. Infatti, questo squilibrio — tipico dell’alimentazione moderna — è sempre più associato all’aumento delle malattie infiammatorie croniche. Sorge quindi una domanda fondamentale: la “dieta mediterranea” così largamente consigliata, fornisce realmente ciò di cui il corpo ha bisogno o lo espone a rischi spesso sottovalutati?
IL CONFRONTO TRA OMEGA-6 e OMEGA-3
Gli omega-6 e omega-3 sono acidi grassi essenziali, poiché il corpo non li produce autonomamente e devono essere assunti attraverso l’alimentazione. Storicamente, il loro rapporto era di circa 1:1 o 2:1, grazie a una dieta ricca di pesce, verdure selvatiche e carni di animali allevati al pascolo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la diffusione di oli vegetali ricchi di omega-6 — come mais, soia e girasole — ha però alterato questa proporzione, portandola nei Paesi occidentali fino a 20:1.
Questa tendenza è preoccupante perché omega-6 e omega-3 hanno ruoli opposti: i primi favoriscono l’infiammazione, mentre i secondi hanno proprietà anti-infiammatorie. Un eccesso di omega-6 è stato associato a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, obesità, tumori e patologie autoimmuni. Studi epidemiologici dimostrano che popolazioni con un rapporto equilibrato tra questi acidi grassi, come i cretesi, hanno una minore incidenza di queste patologie.
Un fattore chiave nello squilibrio attuale sono state le ricerche del biologo Ancel Keys, promotore della dieta mediterranea, che consigliava di sostituire i grassi saturi con oli vegetali ricchi di omega-6 e ingenti quantità di carboidrati per ridurre il colesterolo. Tuttavia, questa scelta ha causato diversi effetti collaterali “imprevisti”: la dieta moderna, ricca di alimenti ultra-processati e carichi di omega-6, causa spesso picchi glicemici, insulino-resistenza e infiammazione cronica, fattori chiave per diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari.
Anche l’allevamento industriale incide su questo equilibrio. Le uova di galline allevate a terra, nutrite con erbe e insetti, hanno un rapporto omega-6/omega-3 vicino a 1:1, mentre quelle allevate industrialmente raggiungono valori di 20:1. Lo stesso vale per la carne: gli animali allevati al pascolo offrono un profilo lipidico più bilanciato rispetto a quelli alimentati con mangimi a base di cereali.
L’IMPORTANZA DELL’EQUILIBRIO
Per migliorare il rapporto tra omega-6 e omega-3, è consigliabile ridurre al minimo il consumo di oli vegetali e privilegiare fonti di omega-3 come pesce azzurro (sardine, aringhe, sgombri), pesce grasso (salmone) e olio d’oliva. È possibile personalizzare l’alimentazione in base alle proprie esigenze misurando il proprio indice di Omega-3 attraverso analisi del sangue specifiche. Chi fatica a mantenere un apporto adeguato può ricorrere agli integratori, facendo però attenzione a scegliere prodotti di alta qualità.
La produzione di oli vegetali, in particolare da semi (come soia, girasole, colza e mais) presenta inoltre diverse criticità legate al processo di estrazione. Nella maggior parte dei casi, per ottimizzare tempi e costi, si impiegano temperature elevate, che possono raggiungere i 200°C durante la raffinazione, finendo così per degradare l’olio e comprometterne la qualità per il consumo. Inoltre, l’uso dell’esano, un solvente neurotossico, è estremamente diffuso: oltre il 90% degli oli di semi prodotti industrialmente viene estratto con questo metodo, nonostante i gravi rischi per la salute e l’ambiente.
La ricerca indica che un’assunzione regolare di omega-3 ha effetti positivi sulla salute. Dosi elevate di Epa e Dha — le forme più benefiche di omega-3 — possono ridurre il rischio cardiovascolare, migliorare la funzione cerebrale e contrastare l’infiammazione cronica. Studi recenti dimostrano infatti che assumere 1,5 grammi al giorno di queste forme di omega-3 per almeno tre mesi favorisce livelli ottimali nelle membrane cellulari.