Petraeus: in Siria si deve tenere d’occhio al-Sharaa

di redazione eti/ Ryan Morgan
21 Luglio 2025 14:40 Aggiornato: 21 Luglio 2025 14:47

La Siria non trova pace: continua a essere dilaniata da violenze settarie, dopo la caduta di Assad. Ma il generale statunitense (in congedo) ed ex direttore della Cia David Petraeus, ritiene che Ahmed al-Sharaa, ex signore della guerra e oggi presidente ad interim, possa ancora dimostrarsi l’uomo capace di unificare un Paese devastato dal conflitto.

Sharaa, noto in passato con il nome di battaglia Abu Mohammad al-Julani, ha conquistato Damasco a dicembre al comando di Hayat Tahrir al-Sham, un gruppo  di miliziani islamisti sunniti nato da Jabhat al-Nusra – organizzazione a sua volta legata ad al-Qaeda – che fino a questo mese figurava nella lista americana delle organizzazioni terroristiche straniere. Di recente, Sharaa si è presentato come un leader moderato, determinato a sanare le divisioni religiose ed etniche in Siria e a evitare conflitti con i Paesi vicini.

A margine del Forum sulla sicurezza di Aspen il 18 luglio, Petraeus ha sostenuto che gli Stati Uniti dovrebbero offrire a Sharaa «ogni opportunità per dimostrare che intende mantenere le sue promesse», senza però ignorato il passato del leader siriano: «è un ex detenuto di Camp Bucca, la struttura di detenzione nel sud dell’Iraq, durante il periodo in cui ero comandante dell’operazione Surge». Il generale Petraeus ha guidato il Comando centrale degli Stati Uniti dall’autunno 2008 all’estate 2010, sovrintendendo alle operazioni in Medio Oriente, per poi passare a dirigere la Cia.
Da dicembre, il governo americano ha adottato diversi espedienti per consentire a Sharaa di dimostrare quale sia la sua visione della Siria. Nelle sue ultime settimane, Joe Biden ha revocato una taglia di 10 milioni di dollari su Sharaa, aprendo la strada a un incontro con l’allora vice ministro degli Esteri per gli Affari del Vicino Oriente, Barbara Leaf.
Il presidente Trump ha incontrato Sharaa a maggio, esortandolo ad aderire agli Accordi di Abramo, che hanno favorito la normalizzazione diplomatica tra Israele e diversi Paesi arabi. Lo scorso mese, Trump ha firmato un ordine esecutivo che ha revocato la maggior parte delle sanzioni economiche contro la Siria. Contemporaneamente, l’amministrazione Trump ha rimosso Hayat Tahrir al-Sham dalla lista delle organizzazioni terroristiche del ministero degli Esteri.

Nonostante Sharaa abbia preso le distanze dal suo passato estremista, sotto la sua guida la Siria continua a essere teatro di violenze settarie. Questa settimana, le forze israeliane hanno condotto attacchi aerei contro il quartier generale militare del governo ad interim di Sharaa a Damasco, motivati dalla preoccupazione che il governo siriano e le tribù beduine rappresentino una minaccia per la minoranza drusa nella provincia meridionale di Sweida, ma il ministero degli Interni siriano ha smentito venerdì le notizie secondo cui le sue truppe si stavano schierando a Sweida. L’amministrazione Trump ha espresso disapprovazione per le recenti azioni militari israeliane in Siria e ha poi dichiarato, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri, Tammy Bruce, il 17 luglio: «Stiamo conducendo un dialogo diplomatico con Israele e Siria ai massimi livelli, sia per affrontare la crisi attuale sia per raggiungere un accordo duraturo tra i due Stati sovrani».
Il deputato americano Joe Wilson, presidente della Commissione Helsinki, che monitora i diritti umani a livello mondiale, ha chiesto a Israele di cessare gli attacchi in Siria. Il senatore Thom Tillis, a sua volta membro della Commissione, ha espresso timori su Sharaa in relazione al rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa in Siria, osservando che le condizioni attuali in Siria risultano essere solo «un tipo diverso di male» rispetto a Assad: «Sul campo, io dubito fortemente che la situazione sia migliorata in modo significativo; le persone [ora, ndr] non si sentono più sicure nell’esprimere le proprie convinzioni religiose».

In questo contesto, Petraeus ha ribadito che gli Stati Uniti devono continuare a dare fiducia a Sharaa, ma con cautela, ed esercitando pressioni per mantenerlo sulla giusta strada: «Dovremmo tenere gli occhi ben aperti, essere pienamente concentrati su questo e usare l’influenza che abbiamo per incoraggiare Sharaa a realizzare esattamente quello che lui ha dichiarato di voler fare».


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