Sull’Europa spira un vento gelido in arrivo da Est. A soffiare è il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che in occasione della visita in Italia del 27 ottobre sferra l’ennesimo colpo a Bruxelles. «L’Unione non conta nulla, e sul conflitto in Ucraina è totalmente fuori dai giochi», tuona lapidario il leader magiaro in un colloquio con Repubblica e Messaggero all’uscita dall’hotel Minerva. Il motivo – per Orbán – è chiaro: «Abbiamo appaltato agli americani e ai russi la possibilità di risolvere questa guerra. Purtroppo, non abbiamo un ruolo».
Il capo di Budapest questa volta non risparmia nemmeno l’amico Donald Trump, e afferma che il presidente degli Stati Uniti si sia spinto «troppo oltre» con l’imposizione delle sanzioni sul petrolio russo. Per trovare una soluzione alla decisione statunitense il premier volerà a Washington la prossima settimana. Il tema è cruciale, in quanto «l’Ungheria dipende moltissimo dal petrolio e dal gas russo. Senza di loro, i prezzi dell’energia andranno alle stelle, provocando delle carenze nelle nostre scorte».
La mossa dell’amministrazione a stelle e strisce arriva in un momento già complesso per Orbán che, dopo quattro anni consecutivi al potere, per la prima volta vede calare nei sondaggi il proprio partito Fidesz, incalzato dal candidato dell’opposizione ungherese, Péter Magyar. Quella sull’energia di Mosca, per il sovranista ungherese, è una partita fondamentale in vista delle elezioni del 2026.
Ancora prima che il meeting abbia luogo, Orbán dichiara alla stampa che «Il futuro dell’economia europea» è il tema al centro del bilaterale col presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
«Il principale problema è la perdita di competitività dell’economia Ue» ribadisce il premier dell’Ungheria, scagliandosi poi – come di consueto – contro «la transizione green e le decisioni sul tavolo dell’Unione, la cosiddetta Ets2 (la direttiva sulle emissioni), che aumenterà il prezzo dell’energia per chi ha una casa o per chi possiede un’auto. Insomma, per la nostra gente».
Dopo foto, sorrisi e strette di mano, l’incontro con l’omologa italiana dura circa un’ora. Al termine nessuna dichiarazione alla stampa, solo una nota di Palazzo Chigi che rivela «uno scambio di vedute sui principali temi dell’attualità internazionale, con particolare riferimento alla situazione in Ucraina, agli sviluppi in Medio Oriente e all’agenda europea». Tra i temi affrontati, si legge nel comunicato, «anche le iniziative per una gestione efficace e innovativa dei flussi migratori», e una discussione sulle «opportunità offerte dallo strumento europeo Safe, valutando possibili sinergie tra Italia e Ungheria a sostegno delle rispettive capacità industriali e tecnologiche». La cooperazione tra i due Stati membri è infatti cruciale per accedere al programma Security Action for Europe, il prestito agevolato della Ue per l’acquisto di armi e sistemi di difesa, che prevede in linea di principio che le richieste provengano da almeno due Paesi, pur concedendo deroghe in casi urgenti per un singolo Stato.
«È stato un piacere rivedere la premier Giorgia Meloni. Abbiamo parlato di guerra, dell’economia europea in difficoltà, dei prezzi dell’energia e di migranti. Restando uniti e forti, difenderemo le nostre nazioni», è il bilancio su X di Orbán dopo l’incontro.
Non sono mancate le contestazioni. +Europa ha accolto il premier ungherese con un flash mob davanti a Palazzo Chigi, mostrando cartelli con su scritto “Mettiamo il veto a Orbán”. «Noi ricordiamo chi è davvero: il burattino di Putin, il simbolo della democrazia illiberale, l’uomo che usa i soldi europei per distruggere la libertà in Ungheria», si legge su un post X del partito.
Prende le distanze dalle critiche il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «Se la presidente del Consiglio incontra il premier di un altro Stato non significa che ha la stessa posizione, l’Italia ha posizioni diverse».
A margine della presentazione dei candidati del Movimento Cinque Stelle alle elezioni regionali in Campania, il leader Giuseppe Conte dice che il primo ministro ungherese «fa malissimo, perché Putin va condannato per l’aggressione all’Ucraina, solo che adesso dobbiamo trovare una soluzione pacifica».
E mentre dal Partito Democratico chiedono a Meloni e Salvini di «prendere le distanze» dal primo ministro magiaro, Orbán visita il ministero dei Trasporti per incontrare il leader della Lega. Un incontro «affettuoso», lo definisce lo staff del vicepremier, in cui sono stati affrontati «temi come la pace, la dura critica al Green Deal e le politiche suicide dell’Unione europea. Massima sintonia sul contrasto all’immigrazione clandestina».




