Ucraina, comandante separatista: «Ho ucciso 15 prigionieri. Non me ne importa»

Si riaccendono i riflettori sull’Ucraina e sui presunti crimini di guerra dei separatisti filorussi. A parlarne è Amnesty International, mentre il Kyiv Post avrebbe ottenuto una ‘confessione’.

L’organizzazione per i diritti umani parla di «sconvolgenti nuove prove di uccisioni sommarie» da parte dei miliziani del Donbass, citando in particolare la morte di Ihor Branovytsky, soldato ucraino che difendeva l’aeroporto del Donbass, poi conquistato dai separatisti. Il soldato sarebbe stato catturato, torturato ed infine ucciso, secondo Amnesty.

«Occorre aprire un’indagine rapida, approfondita e imparziale e i responsabili devono essere sottoposti a processi equi celebrati da organi giudiziari riconosciuti», afferma nel comunicato Denis Krivosheev, vicedirettore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.

Mentre un portavoce dei ribelli nega tutte le accuse intervistato da Reuters – «A loro mancano i fatti. Presentino i fatti, le fotografie, i video, e poi potremo commentare. Altrimenti questo non fa che destabilizzare la situazione» – il Kyiv Post intervista Arseniy Pavlov detto ‘Motorola’, comandante del Battaglione Sparta dei ribelli.

Interrogato sulla sospetta morte di Branovytsky, ‘Motorola‘ risponde, al netto delle volgarità che Epoch Times ometterà, «Non mi importa di ciò di cui sono accusato, che ci crediate o no. Ho ucciso 15 prigionieri. Non me ne importa. No comment. Uccido se voglio farlo. Non lo faccio se non voglio».

Motorola avrebbe anche sostenuto che la Russia è pienamente giustificata nell’attaccare l’Ucraina. Attualmente tra Ucraina e separatisti vige un cessate il fuoco.

 
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