Superlega, nessuno dice che JP Morgan è amica del Partito Comunista Cinese

Di Alessandro Starnoni

Qualcuno sostiene che il caos scoppiato nel calcio dopo la clamorosa scissione dei top club sia una guerra tra ricchi, e quindi non importa se litigano tra loro: scissionisti e fedeli Uefa-affiliati.
In effetti da una parte è vero, però non è proprio questo il punto. In realtà non c’è nulla di male a essere ricchi. La cosa importante è come ci diventi.

JP Morgan Chase ha annunciato ai media che finanzierà la nuova Superlega del calcio europeo con un pagamento di 3,5 miliardi di euro per i club fondatori. Alcuni media hanno parlato di controversie e scandali passati della banca, come il ‘London Whale’. Ma non mettono in risalto una delle controversie fondamentali: JP Morgan è un ‘vecchio amico’ del Partito Comunista Cinese.

Come spiegato in un recente documentario di Ntd television, ‘Come Wall Street ha reso la Cina una potenza economica mondiale’, negli ultimi 40 anni, guidata da JP Morgan, Wall Street ha incanalato enormi quantità di denaro verso il Partito Comunista Cinese, aiutando in maniera fondamentale la Cina a diventare la potenza mondiale che è oggi.

E nel 2006 JP Morgan ha dato il via al programma di assunzione ‘Figli e figlie’ in modo da promuovere l’assunzione di figli di alti funzionari cinesi: ha assunto circa 100 figli di potenti funzionari cinesi così da poter permettere alla banca di ottenere contratti miliardari in Cina. Insomma, uno scambio di favori reciproco, tutto per il denaro.

Su questo aveva aperto un’inchiesta la Sec ma è stata la stessa JP Morgan ad ammettere in seguito che quel programma ‘Figli e figlie’ avesse violato lo Us Foreign Corrupt Practices Act (Fcpa), pagando inoltre 264 milioni di dollari in patteggiamento per evitare ulteriori indagini in merito.

Il Ceo della banca, Jamie Dimon, è anche il presidente della potente lobby Business Roundtable (associazione degli amministratori delegati delle più grandi aziende negli Usa), e come spiegato nel documentario si era opposto fermamente ai dazi di Trump sui prodotti cinesi, che miravano a fermare le pratiche commerciali scorrette da parte di Pechino.

Ma JP Morgan non è stata la sola banca statunitense e occidentale ad attuare la pratica dello scambio di favori col regime cinese per fare affari. Come riportato in un articolo del 2013 de Il Fatto Quotidiano, ‘Cina, i rampolli del regime comunista “invadono” le grandi banche occidentali’, pratiche simili sono state adottate anche da altre banche, tra cui spunta l’assunzione del nipote dello spietato dittatore Jiang Zemin in Goldman Sachs.

 

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

 
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