Staccare la propria economia dalla Cina non è così facile

Di Milton Ezrati

Chiaramente, le imprese americane e Washington vogliono separarsi dalla Cina. Se non del tutto, in maggior misura rispetto al passato.

Gli sforzi verso questa separazione si stanno tuttavia rivelando più difficili di quanto entrambi i player si aspettassero o sperassero.

A parte certi ristretti gruppi di interesse, Washington, come dovrebbe, vuole contrastare l’ambizione di Pechino di rivaleggiare con gli Usa a livello economico, diplomatico e militare. Per ridurre la dipendenza americana dalle importazioni e dalla produzione cinese in generale e per promuovere le fonti di forza economica interna americana, il presidente Joe Biden, in contraddizione con le sue promesse elettorali, ha mantenuto in vigore i dazi di Trump sulle importazioni cinesi, istituiti per la prima volta nel 2018 e nel 2019.

La Casa Bianca ha inoltre vietato l’esportazione di semiconduttori avanzati in Cina e limitato la misura in cui gli americani possono investire nella tecnologia cinese. Il presidente Biden ha inoltre negato i crediti d’imposta sui veicoli elettrici a qualsiasi automobile costruita in Cina o contenente una percentuale significativa di parti cinesi. Al di là di questi dettagli, Washington vuole limitare la vulnerabilità dell’economia americana in generale, qualora Pechino dovesse limitare le esportazioni di prodotti vitali, come ha fatto durante la pandemia di Covid-19 e anche successivamente con la sua politica Zero-Covid.

Le imprese americane condividono alcune di queste preoccupazioni, ma enfatizzano in modo diverso le loro motivazioni su questa separazione dalla Cina. Una delle più importanti è incentrato sulla questione dei costi. Per alcuni decenni, dopo l’apertura della Cina al mondo negli anni ’70, i bassi costi di produzione sono stati un motivo importante per approvvigionarsi in Cina e costruire lì impianti di produzione. Ma ormai da qualche tempo, i salari cinesi sono aumentati più rapidamente che altrove in Asia e America Latina. La Cina ha cessato di essere un luogo a basso costo e questa importante considerazione è diventata un fattore importante che spinge le aziende a prendere in considerazione la separazione dalla Cina.

L’affidabilità è un altro problema. In precedenza, la Cina era considerata estremamente affidabile, rispettosa dei contratti e puntuale nelle consegne.

Tuttavia durante la pandemia, e per molto tempo dopo, i produttori cinesi non sono riusciti a consegnare nei quantitativi stabiliti o nei tempi previsti a causa delle misure Zero-Covid di Pechino. Inoltre, durante l’emergenza, Pechino ha vietato l’esportazione di alcuni prodotti critici, in particolare medicinali e mascherine chirurgiche. Anche se questi fallimenti sono comprensibili, le imprese americane vogliono evitare tali problemi in futuro. Tuttavia, più recentemente, l’ossessione del leader cinese Xi Jinping per la sicurezza nazionale ha reso più difficile per gli stranieri operare in Cina.

A prima vista, sembra che questi interessi condivisi stiano facendo progressi significativi. Secondo il Bureau of the Census, nel 2017 i prodotti cinesi rappresentavano il 22% di tutte le importazioni statunitensi, mentre quest’anno ammontavano solo al 13%. Ma queste cifre altrimenti sorprendenti nascondono alcune difficoltà pratiche legate agli sforzi verso la separazione.

Il problema è che gli americani, quando spostano i loro approvvigionamenti in Vietnam, Indonesia o addirittura Messico, scoprono che le migliori strutture lì sono spesso di proprietà cinese.

Sembra che quando l’amministrazione Trump ha imposto per la prima volta i dazi, molte aziende cinesi hanno creato strutture in altri Paesi per evitarli. Gli investimenti diretti cinesi nel Sud-Est asiatico sono aumentati, ad esempio, dall’equivalente di circa 7 miliardi di dollari nel 2013 (prima dell’entrata in vigore dei dazi), a circa 20 miliardi di dollari nel 2022, il periodo più recente per il quale sono disponibili dati completi.

E ora che le imprese americane stanno studiando alternative alla Cina, stanno scoprendo che le migliori opzioni in Vietnam, Indonesia o altrove hanno questo collegamento cinese.

Nonostante la proprietà cinese, i prodotti di queste aziende risultano nel Census Bureau non come esportazioni cinesi ma piuttosto come esportazioni dal Paese ospitante. A dire il vero, la proprietà conta poco nel trovare sollievo economico dalle regole e dagli sforzi della Cina per contrastare il vantaggio economico degli Stati Uniti. Tuttavia, è molto importante se queste strutture vietnamite, indonesiane o di altro tipo richiedono input prodotti in Cina, come spesso accade.

Col tempo, gli sforzi americani volti alla separazione supereranno questi ostacoli. Come risulta evidente dalle tendenze di acquisto e investimento, nonché dai sondaggi attitudinali, il desiderio delle imprese americane di diversificare allontanandosi dalla Cina continua a resistere. Le aziende americane continueranno per qualche tempo ad allontanarsi dalle fonti che mantengono una dipendenza cinese. Nel frattempo, le strutture in questi altri Paesi – anche quelle di proprietà cinese – man mano che diventeranno più sofisticate, dipenderanno meno da fonti cinesi.

Ma per il momento, la grande separazione di cui tanti parlano – a Washington e negli ambienti economici – si svolgerà un po’ meno agevolmente di quanto Washington o gli uomini d’affari vorrebbero.


L’autore dell’articolo, Milton Ezrati, è un redattore collaboratore di The National Interest, un’affiliata del Center for the Study of Human Capital della University at Buffalo (Suny), nonché capo economista di Vested, una società di comunicazioni con sede a New York. Prima di entrare in Vested, ha lavorato come capo stratega di mercato ed economista per Lord, Abbett & Co. Scrive anche spesso per City Journal e scrive regolarmente blog per Forbes. Il suo ultimo libro è «Trenta domani: i prossimi tre decenni di globalizzazione, demografia e come vivremo».

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times

Articolo in inglese: Decoupling From China Is Not so Easy

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