Regno Unito sollecita «fortemente» Hong Kong: riconsiderare proposte di legge su sicurezza nazionale

Di Lily Zhou

Il ministro degli Esteri britannico Lord Cameron ha «fortemente» esortato le autorità di Hong Kong a riconsiderare le loro proposte di legge sulla sicurezza nazionale.

Lord Cameron (l’ex presidente) ha affermato che i termini vaghi e ampiamente definiti nella legislazione proposta inibiranno la libertà di parola, di espressione e di stampa e minacceranno le organizzazioni internazionali e i diplomatici.

L’articolo 23, delineato nella Legge fondamentale di Hong Kong emanata dopo il suo passaggio dal dominio britannico nel 1997, imponeva a Hong Kong di scrivere il proprio codice di sicurezza nazionale. Un tentativo in tal senso nel 2003 ha portato a massicce proteste, finché il governo ha accantonare la proposta.

E dopo che nel 2019 le proteste pro-democrazia hanno portato in piazza centinaia di migliaia di hongkonghesi, Pechino ha imposto una legge sulla sicurezza nazionale per punire quattro gravi crimini: secessione, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere.

Ora, sotto un’amministrazione scelta dal Partito Comunista Cinese (Pcc), Hong Kong sta ancora una volta cercando di approvare l’Articolo 23, che secondo le autorità colmerà le lacune lasciate dalla legge sulla sicurezza nazionale. Un periodo di dialogo di quattro settimane precederà il voto sulla legge da parte della legislatura di Hong Kong allineata a Pechino.

La nuova legge sulla sicurezza nazionale coprirà cinque reati: tradimento, insurrezione, furto di segreti di Stato e spionaggio, attività distruttive che mettono in pericolo la sicurezza nazionale e interferenze esterne.

La nuova ordinanza sulle «interferenze esterne» proibirà a qualsiasi persona di cooperare con potenze straniere per interferire con le elezioni, la legislatura e la magistratura di Hong Kong.

In una dichiarazione pubblicata mercoledì, Lord Cameron ha affermato che il Regno Unito, in quanto firmatario della Dichiarazione congiunta sino-britannica, riconosce l’obbligo di Hong Kong di introdurre leggi sulla sicurezza nazionale, ma le proposte pubblicate dalle autorità non soddisfano i requisiti della dichiarazione affinché si allinei agli standard internazionali e sostenga i diritti e le libertà: «Avranno un impatto negativo sul popolo di Hong Kong nell’esercizio dei propri diritti e libertà».

In un elenco non esaustivo di preoccupazioni, il Ministro degli Esteri ha affermato: «L’inasprimento delle pene per i reati linguistici e l’uso del termine ‘segreto di Stato’ inibirà la libertà di parola, di espressione e di stampa».

Secondo Cameron, le attività delle organizzazioni internazionali a Hong Kong rischiano di essere etichettate come «interferenze straniere», e  «vaghi riferimenti a “forze esterne” e il nuovo reato di “interferenza esterna” minacceranno la legittima attività diplomatica e consolare».

Le proposte mancano inoltre di «qualsiasi riferimento a un controllo indipendente», di «meccanismi di salvaguardia contro azioni arbitrarie da parte dell’esecutivo per motivi di sicurezza nazionale» e di «chiarezza sulle procedure che governeranno la detenzione senza accusa».

Lord Cameron ha affermato che i funzionari britannici hanno espresso preoccupazioni sia privatamente che attraverso il processo di consultazione pubblica, e che la legislazione sulla sicurezza nazionale del Regno Unito, al contrario, «è informata dalla consultazione pubblica ed è stata soggetta a pieno controllo» da parte di rappresentanti eletti e non eletti in Parlamento. «Esorto fortemente il governo della Ras di Hong Kong a riconsiderare le proprie proposte e ad impegnarsi in una consultazione autentica e significativa con la popolazione di Hong Kong. Monitoreremo da vicino lo sviluppo di questa legislazione».

Il Regno Unito aveva già condannato la legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino e aveva invitato le autorità di Hong Kong ad abrogarla, «compresa la sua portata extraterritoriale, in violazione della Dichiarazione congiunta sino-britannica giuridicamente vincolante».

Le autorità di Hong Kong hanno emesso oltre una decina di mandati contro attivisti pro-democrazia all’estero, compresi alcuni che vivono nel Regno Unito.

Ciascun mandato prevedeva una taglia di 1 milione di dollari di Hong Kong (circa 118 mila euro) nei loro confronti.

Il magnate dei media pro-democrazia Jimmy Lai, cittadino britannico e residente a Hong Kong, è stato incarcerato per tre anni ed è  attualmente sotto processo per presunti reati previsti dalla legge, tra cui «associazione a delinquere finalizzata alla collusione con forze straniere» e «associazione a delinquere finalizzata alla pubblicazione di materiale sedizioso».

Gli attivisti internazionali per i diritti umani sono stati nominati «co-cospiratori» di Lai, tra questi il britannico Luke de Pulford, direttore esecutivo dell’Alleanza interparlamentare sulla Cina, e Benedict Rogers, Ceo e co-fondatore di Hong Kong Watch.

Il complimento dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha definito Lai un «uomo coraggioso» è stato poi utilizzato come prova.

 

Versione in inglese: UK ‘Strongly’ Urges Hong Kong Authorities to Reconsider New National Security Law Proposals

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