Parla ‘Capelli Lunghi’, l’attivista per la democrazia di Hong Kong

 

Un «regno del terrore» orwelliano è disceso su Hong Kong, afferma l’attivista filo-democratico ed ex parlamentare Leung Kwok-hung, noto anche come «Capelli lunghi».

Le autorità di Hong Kong hanno arrestato attivisti pro-democrazia come la ventitreenne Agnes Chow e il fondatore dell’Apple Daily Jimmy Lai, hanno etichettato come impresentabili i candidati pro-democrazia e rinviato le elezioni per un anno, a loro dire a causa del coronavirus.

Per molti hongkonghesi, tra cui Leung Kwok-hung, è stato scioccante vedere quanto rapidamente Pechino abbia fatto passare la legge sulla sicurezza nazionale, che è molto più draconiana della proposta di legge sull’estradizione che l’anno scorso ha fatto scendere in piazza un quarto dell’intera popolazione di Hong Kong.

Leung è stato per anni l’epicentro del movimento filo-democratico, ed è noto a Hong Kong per i suoi metodi poco ortodossi. È stato co-fondatore della Lega dei socialdemocratici di Hong Kong e per sei anni parlamentare di Hong Kong.

Secondo la nuova legge, potrebbe essere arrestato per questa intervista, ma ha scelto di farla comunque.

 

Capelli Lunghi, che piacere averla qui su American Thought Leaders. È una situazione molto difficile a Hong Kong in questo momento. Quando dal mondo guardiamo ciò che accade lì, vediamo che la situazione è veramente molto molto drammatica e voi ne siete nel bel mezzo. Lei è stato membro del Consiglio legislativo per molti anni, è stato molto attivo in politica, e credo sia giusto dire che è stato in prima linea nel cercare di preservare o istituire la libertà per gli hongkonghesi. Mi dica, qual è la situazione sul campo mentre parliamo?

In realtà siamo in uno stato… si può chiamare un regno del terrore. Ma il terrore, ovviamente, rispetto a quello che è successo nel continente, non è così duro, ma è l’inizio, dopo l’imposizione della legge sulla sicurezza a Hong Kong.

Quando parla con la gente per strada, con la sua comunità, cosa le dicono? Cos’è che vede là fuori in questo momento?

Penso che sia successo così in fretta che non tutti possono capire, perché l’imposizione della legge sulla sicurezza nazionale in realtà è iniziata a maggio, quando il Congresso nazionale si è riunito a Pechino, e poi hanno dato inizio all’intera legislazione e all’imposizione, quindi la gente è rimasta scioccata. E ora si trovano ancora nella stessa situazione, è scioccante. Nel 2003, l’autorità cinese aveva cercato di far applicare l’articolo 23 della legge a Hong Kong. A quel tempo c’erano più di mezzo milione di persone che sono scese in strada, e alla fine [il Pcc, ndr] si era fatto indietro. Devo ricordarvi che il capo dell’esecutivo di Hong Kong, Carrie Lam, circa qualche mese fa aveva affermato che non avrebbe avviato alcuna procedura legislativa relativa all’articolo 23, poiché non aveva il sostegno del Consiglio legislativo e della popolazione di Hong Kong. Questo era il tentativo di convincerci: «Lasciamo perdere. Non lo farò». E all’improvviso, se ricordo bene, è iniziato tutto da aprile, quando molti funzionari cinesi e lealisti del partito comunista di Hong Kong hanno parlato di una scappatoia nella sicurezza dello Stato di Hong Kong, così hanno cominciato a dire che forse ci doveva essere una qualche legislazione su questa legge di sicurezza. Ci sono voluti meno di due mesi e poi il tutto è stato fatto. È sbalorditivo.

È assolutamente incredibile. Mentre parlava, mi ha colpito qualcosa: lei e altri 14 attivisti di alto profilo a favore della democrazia e della libertà siete stati arrestati ad aprile. Questo, naturalmente, prima della legge sulla sicurezza nazionale. Crede che ci sia un collegamento?

Oh, sì. Penso che sia un segnale che non tollereranno alcun tipo di disobbedienza civile a Hong Kong. Il fatto che coloro che sono stati arrestati sono stati legislatori o ex legislatori dimostra che all’epoca Pechino aveva già considerato, in una certa misura, il momento di un giro di vite.

A maggio, le è stato chiesto di rispondere alle accuse. E credo che la sua citazione sia stata: «Il governo fa schifo».

Sì. Beh, se un regime cerca di arrestare persone che cercano solo di tenere manifestazioni o cortei pacifici, penso che sia oltraggioso. Perché? Perché in quel momento centinaia di migliaia di persone volevano scendere in strada, ma la polizia si era rifiutata di concedere la licenza. Per questo diciamo: «Va bene. Ora è il momento di esercitare i nostri diritti». Come si può fermare centinaia di migliaia di persone? Se li definite illegali o illeciti, dov’è la legge? Questo è lo Stato di diritto, non la dittatura della legge. Si tratta di stabilire se il popolo di Hong Kong può esercitare il diritto alla libertà di riunione. Da allora, sono stato arrestato tre volte per lo stesso reato.

Mi dica, com’è che riusciamo a parlarci in questo momento se lei è stato arrestato così tante volte anche negli ultimi mesi?

Dal giugno scorso, quando è iniziato il movimento della lotta per la libertà, credo che siano stati arrestati più di 9.000 cittadini di Hong Kong. Sono tanti. È molto. Più di 9.000. Quindi per me, in un certo senso credo di essere abbastanza fortunato, di non essere stato arrestato con accuse più gravi, come quelle di Jimmy Lai.
Non ha fatto niente. Dirige un giornale, un gruppo editoriale, ma è stato arrestato per «collusione con forze straniere». Questo è oltraggioso.

Qual è il significato di quest’arresto? Cosa pensa che significhi in un senso più ampio, dato che questo è probabilmente l’arresto di più alto profilo?

Deve capire che molti di quegli individui che sono abbastanza importanti o conosciuti, attivisti politici, legislatori o ex legislatori, sono stati seguiti da alcuni agenti per quasi 24 ore. È una minaccia. Mentre mi stavo preparando per questa intervista, ho guardato una trasmissione in diretta su Facebook, su un legislatore che è stato seguito da sconosciuti per due giorni. Si è avvicinato a quelle persone che erano in un veicolo e hanno tentato di investirlo, ed è rimasto leggermente ferito. Ma cosa si può fare? I poliziotti erano lì, ma non hanno potuto fare nulla. Penso che sia sempre per l’imposizione della legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong. Così, in un certo senso, ha aperto loro il cancello per entrare. Prima dell’imposizione, se avessimo scoperto di essere seguiti da alcuni di questi sconosciuti, avremmo denunciato la cosa alla stampa e alla polizia, perché non è giusto per chiunque cerchi di far rispettare la legge a Hong Kong. Ora, dopo l’imposizione della legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, naturalmente è legale che lo facciano.

Crea una sorta di atmosfera di paura. Credo che questo sia più o meno quello che mi sta dicendo. E francamente, tra i nostri giornalisti ne abbiamo anche un paio che sono pedinati, almeno quelli che se ne sono accorti, quindi capisco molto chiaramente di cosa sta parlando.

L’articolo della legge della Repubblica Popolare Cinese sulla salvaguardia della sicurezza nazionale a Hong Kong – articolo 62: «Questa legge prevarrà laddove le disposizioni delle leggi locali della Regione amministrativa speciale di Hong Kong siano in contrasto con questa legge». Questa legge prevarrà sulla Legge fondamentale [di Hong Kong, ndr]. C’è l’articolo 65, «Il potere di interpretare la presente legge spetta al Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo». E l’articolo 60: «Gli atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni dall’Ufficio per la salvaguardia della sicurezza nazionale del governo centrale del popolo nella regione amministrativa speciale di Hong Kong e dal suo personale in conformità della presente legge, non sono soggetti alla giurisdizione della regione amministrativa speciale di Hong Kong. Nell’esercizio delle sue funzioni, il titolare di un documento di identificazione o di certificazione rilasciato dall’Ufficio e gli articoli, compresi i veicoli utilizzati dal titolare, non sono soggetti a ispezione, perquisizione o detenzione da parte delle forze dell’ordine della Regione. L’Ufficio e il suo personale godono degli altri diritti e immunità previsti dalle leggi della Regione».
Quando si esaminano gli articoli, si sa che la conseguenza dell’imposizione della legge sulla sicurezza a Hong Kong è in realtà come se lo Stato di diritto di Hong Kong non esistesse più, perché è al di sopra della Legge Fondamentale [di Hong Kong, ndr] e persino della giurisdizione di Hong Kong. Quindi è molto difficile. Hong Kong diventerà una società orwelliana, gradualmente. Ha letto il romanzo di George Orwell, 1984? Questo è quello che succederà qui, gradualmente.

Non ho mai sentito quegli articoli. Ho letto la legge sulla sicurezza nazionale, ma quando li stava elencando poco fa, soprattutto l’ultimo che ci dice che i funzionari hanno praticamente il potere di operare a Hong Kong senza restrizioni, mi ha fatto venire i brividi, perché non so come altro si possa interpretare, se non come l’ha descritto lei.

È tutto nero su bianco. Si può andare su internet e lo si può scoprire molto facilmente se si digitano le parole chiave. Non sto dicendo bugie. È la pura e semplice verità.

Assolutamente, assolutamente. Sta dicendo che ci stiamo dirigendo gradualmente verso una società di tipo orwelliano. Prima di tutto, si aspetta che la libertà di stampa venga minata?

Sì. Prima di tutto, dopo due decenni di acquisti o d’investimenti nelle maggiori emittenti televisive e [altri media, ndr], in realtà, credo che Apple Daily sia l’unico ad avere ancora il coraggio e l’indipendenza di dire quello che vorrebbe. Questo è piuttosto brutto. Ecco perché Jimmy Lai è diventato il bersaglio di una persecuzione politica, in nome del «processo», perché così facendo non ci sarà una piattaforma per l’opposizione che dia voce alla loro richiesta. Non dico che Hong Kong sia ormai una società totalitaria, ma c’è l’autocensura. Se si esaminano i dettagli negli articoli della legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, ci si sente ingannati. Allora cosa fai? Ti chiedi: «Dovrei dirlo o no?». Questa è autocensura. È come se, mentre ci parliamo, qualcosa che dico mi potrebbe mettere nei guai, è ovvio allora che mi preoccupo, e cerco di non dire qualcosa che penso mi metterà in una situazione molto, molto devastante. Questo è [simile, ndr] al romanzo di George Orwell La fattoria degli animali o 1984. Ehi, il Grande Fratello ti sta guardando.
Quello che voglio dire è… penso che potrebbe essere una sensazione molto strana per gli hongkonghesi quando guardano i film o leggono la letteratura o un giorno guardano la notizia che da qualche parte, in qualche luogo, in qualche tempo, alcuni di quei dissidenti sono stati arrestati e perseguitati, ma ora comincia a succedere a Hong Kong. Molti hongkonghesi non avrebbero mai pensato che Jimmy Lai, una figura del genere, sarebbe stato arrestato e molestato apertamente. È come uno spettacolo: 200 forti poliziotti si recano in azienda mediatica, e la perquisiscono solo per mostrare al mondo intero e alla gente di Hong Kong che il governo di Hong Kong è davvero avventato e potente. È proprio come la mafia e i gangster: hanno bisogno di uccidere la gente per strada per minacciare la gente. È diverso da quello che è successo in Cina. In Cina, le autorità cinesi cercano di mantenere il segreto. Nessuno ha potuto assistere all’arresto di Liu Xiaobo, e la notizia non comparirà mai su nessun giornale. È una tattica diversa, una strategia diversa. Ora a Hong Kong è come un circo o come quello che è successo nei secoli bui in tutto il mondo. Giustiziano la gente e appendono la testa a un palo, per mostrare alla gente che fine fa chi è desideroso di combattere, di resistere.

È molto difficile da capire. E voglio dirle che c’è un altro media che è sicuramente indipendente a Hong Kong, [Epoch Times, ndr].

Penso che forse loro siano il secondo obiettivo. Auguro loro buona fortuna. Lo sappiamo tutti.

Devo chiederle questo. Sono molto curioso. Le sue origini – e mi corregga se sbaglio, ma questo è quello che ho capito – lei seguiva una sorta di filosofia maoista molti anni fa, giusto?

Quando ero uno studente delle superiori, ho scoperto che il maoismo è una grande menzogna. In realtà, io sono un socialista. Sono diventato un trotskista. Da allora, la mia posizione politica… penso di essere un socialista democratico. Penso che il socialismo dovrebbe essere condotto in una vera democrazia. Altrimenti, non c’è modo di raggiungere l’obiettivo del socialismo in ogni caso.

Interessante. Potrebbe essere sorprendente per alcune persone quando lei dice ‘Beh, io ho delle convinzioni socialiste’, ma parla di 1984 in quel modo, perché la gente mette le due cose sullo stesso piano, no?

Sì. Ma George Orwell, in realtà, era un socialista. Dopo essere andato in Spagna e aver partecipato alla guerra civile [spagnola, ndr], [le sue opinioni politiche, ndr] sono cambiate. Ma credo che in fin dei conti fosse comunque un socialista liberale. E anche 1984 non si limita a criticare l’Unione Sovietica. George Orwell era abbastanza consapevole dell’ascesa degli Stati Uniti, e pensava che anche gli Stati Uniti potessero diventare una sorta di regime totalitario. Questo tipo di analisi politica… nella mia mente, siamo nell’era della globalizzazione, e nella globalizzazione in realtà non ci sono molti attori importanti: Usa, Cina, Ue. La globalizzazione è stata dominata da grandi potenze come il G8. Gli Stati Uniti sono il leader dell’alleanza dei Cinque Occhi, e ci sono l’Ue e la Cina. Quindi penso che sia giunto il momento di pensare a ciò che il futuro è per gli esseri umani. … E come ho detto prima, il capitalismo, penso che dobbiamo capire se è un sistema che può avere un qualsiasi tipo di sussistenza. Questo è quello che dico io.

Francamente, 1984 è una parabola molto importante con numerose lezioni da imparare, non importa se si tratta dell’Unione Sovietica, degli Stati Uniti, dell’Ue, o certamente della Cina.

Sì. Non possiamo limitarci ad ammirare i leader e le grandi potenze. Questo è uno dei pensieri quando penso al futuro di Hong Kong. Non possiamo contare solo sugli Stati Uniti per imporre sanzioni per sostenere la situazione di Hong Kong. Questo lo sappiamo tutti.

Parliamo di questo. Per esempio, l’Iran. Gli Stati Uniti hanno inflitto delle sanzioni piuttosto pesanti, ma non più di quelle che esistono a Hong Kong. Non parliamo solo degli Stati Uniti. Parliamo di come ci sono molte potenze internazionali che in questo momento stanno pensando, si spera, a come aiutare gli hongkonghesi che vogliono la libertà. Secondo lei, le sanzioni sono un buon strumento per questo?

Penso che la maggior parte del Paese, quando pensa alle sanzioni, pensa in primo luogo se le sanzioni saranno dannose per la propria comunità imprenditoriale. Non credo che nessun leader su questa terra dirà: «Farò le sanzioni anche se l’economia o la comunità imprenditoriale ne saranno danneggiate». … Spetta ai leader politici decidere se imporre le sanzioni. Chi su questa Terra può imporre qualcosa a un tizio di nome Donald Trump? No, non credo proprio. Non credo proprio. Quindi penso che quello che è successo qui è che hanno arrestato Jimmy Lai per i presunti reati di collusione con l’estero: ma come potrebbe mai aver colluso? Non poteva. Forse ha avuto un colloquio di 15 minuti con Donald Trump o con il vicepresidente Pence, Se [quando, ndr] parla, sa che sarà punito, praticamente, non parlerà.

Speriamo che la nostra chiacchierata non comporti alcuna punizione, ma io, francamente, mi preoccupo di cose del genere, che è uno dei motivi per cui non parlo con molte persone a Hong Kong in questo momento.

È una minaccia. È come un regno del terrore. È abbastanza spaventoso. Ecco perché ho cercato di sottolineare il romanzo 1984, perché questo è un ottimo esempio di come tutto ciò di cui lei ha parlato sarà messo a verbale. Quindi la libertà di parola [si tradurrà, ndr] nella vostra perdita di libertà. Quindi è come un paradosso: se eserciterete una parte dei vostri diritti, perderete tutti i vostri diritti. Finirete in prigione. Proprio come le squalifiche dei candidati, o di una persona come me, squalificata qualche anno fa quando ero un legislatore. Parlando di elezioni, cos’è la libera elezione? Significa che i candidati sono liberi di dire quello che serve per ottenere il sostegno degli elettori. Ma se si elegge un funzionario che cerca di fare la censura dei candidati, e se non si può dire quello che si vuole dire, o se si dice qualcosa e poi non si può partecipare alle elezioni, è un paradosso. Puoi dire quello che vuoi se non sei un candidato, ma una volta che provi a partecipare a un’elezione come candidato, controlleranno tutti i tuoi dati per vedere se sei presentabile o se hai detto qualcosa che dia loro una scusa per squalificarti. Ad esempio, gli elettori esprimeranno il loro voto [in base a, ndr] se una persona come me o lei è favorevole alla Legge fondamentale [di Hong Kong, ndr] o fedele alla Regione amministrativa speciale di Hong Kong. Spetta agli elettori esprimersi, non ai funzionari. I funzionari sono solo marionette-pupazzi politici. Come possono ottenere la conoscenza? Questo è il problema della cosiddetta «sicurezza dello Stato». La mia paura è semplice: la sicurezza dello Stato dovrebbe essere innanzitutto la sicurezza dei civili o dei cittadini di un paese. Questo implica che la libertà dei cittadini viene prima delle decisioni del regime. Questo è molto, molto semplice. Del popolo, dal popolo, per il popolo.

Capisco. Ed è molto interessante perché sembra che questa legge abbia raggiunto anche l’America: abbiamo Samuel Chu che è stato un grande sostenitore della libertà a Hong Kong, e ci ha aiutato a connetterci con i legislatori. Ora lo stanno prendendo di mira con la legge sulla sicurezza nazionale.

Sì. Secondo la legge sulla sicurezza, cittadino cinese o no, […] se il procuratore pensa che lei abbia violato qualche articolo della legge sulla sicurezza, allora è soggetto a una punizione. Se possono arrestarti, ti arresteranno a prescindere da dove ti trovi. Per esempio, chiunque negli Stati Uniti o a Singapore, se […] l’autorità [di Hong Kong, ndr] pensa che abbia fatto qualcosa che è contro la legge, cercherà di far rispettare la legge. Ciò significa che se possono arrestarvi, vi arresteranno.

Abbiamo avuto questa retata sull’Apple Daily, e Jimmy Lai è stato arrestato. Sono state arrestate molte altre persone a Hong Kong. Cosa pensa che succederà dopo?

Penso che si concentreranno sul caso di Jimmy Lai, perché è un caso molto, molto significativo. Ci sono quattro tipi di reati: collusione con forze straniere, sovversione, secessione e attività terroristiche. C’è un reato che non è stato utilizzato: la sovversione. Quindi, [secondo me, ndr] forse cercheranno di trovare casi di «sovversione». L’attività terroristica, l’hanno già usata. Secondo la mia esperienza sull’atteggiamento del Pcc, una volta che la loro strategia sarà stata definita, avranno una sorta di politica e di legislazione, e poi forse cercheranno di arrestare qualcuno per dimostrare che la legge sulla sicurezza è necessaria al regime comunista cinese per salvaguardare la loro sicurezza nazionale lì [a Hong Kong, ndr]. Non lo so, non posso dire molto a riguardo. Penso che forse lo faranno. Non posso dirlo, non posso prevederlo, ma prima di tutto si concentreranno sul caso di Jimmy Lai. Finora Jimmy Lai non è stato accusato. È stato arrestato e poi è uscito su cauzione, e credo che le loro indagini sul presunto reato o crimine continueranno. E penso che forse saranno arrestate più persone, in relazione al suo caso.

È preoccupato di essere messo di nuovo in prigione?

Non lo so ancora. Ma parlarne quando si deve affrontare il problema del «salvaguardare la legge sulla sicurezza nazionale» a Hong Kong, è molto difficile da indovinare. Si veda cosa è successo al signor Liu Xiaobo, e si potrà indovinare. Che cosa aveva fatto? In sostanza, ha solo cercato di usare un modo pacifico per suscitare l’attenzione del popolo di Hong Kong, sul fatto che ci dovrebbe essere una riforma costituzionale in Cina, la democrazia in Cina, ed è stato arrestato. Prima del suo arresto, è stato circondato da un gruppo di agenti del Ministero della Sicurezza di Stato, 24 ore su 24. Come si può fare qualcosa? La questione è se il Partito Comunista Cinese deciderà di mostrare al mondo intero che se qualcuno vuole godere della libertà di parola, di associazione, eccetera, sarà punito come esempio della necessità della sua legislazione e della sua messa in vigore nell’ambito della cosiddetta «salvaguardia della legge sulla sicurezza nazionale».

Cosa pensa che ci vorrebbe? Ancora una volta, lei parla di una sorta di graduale discesa in una società orwelliana. Cosa ci vorrebbe per impedire che questo accada, per mantenere le libertà a Hong Kong?

Prima di tutto, dobbiamo avere speranza, e non spaventarci a morte. Dovremmo cercare di esercitare i nostri diritti come al solito. Per esempio, se dopo questo colloquio vengo arrestato…

Spero di no.

Se la pensassi così, allora non le parlerei di molte cose. Capisce cosa intendo? Ma quando penso a questo, mi sento abbastanza turbato e [che è, ndr] ridicolo perché circa quarant’anni fa, di solito, lavoravo duramente per attività a sostegno di quegli attivisti politici o a volte prigionieri politici in Cina, come Wei Jingsheng. Ricordo che la prima volta che sono stato arrestato e condannato al carcere è perché ho organizzato una marcia, un’assemblea, a sostegno di Wei Jingsheng e per protestare contro l’arresto di Wei Jingsheng, e ho condannato la repressione della «guerra per la democrazia» a Pechino. Quindi per me, sembra che dopo 40 anni, [questo, ndr] potrebbe essere qualcosa di simile a quello che è successo in quel periodo. E parlando di Wang Dan, era un leader studentesco di spicco durante il movimento filo-democratico in Cina, ed è stato arrestato. Quindi mi sembra difficile accettare che qualcosa di simile accada a Hong Kong adesso. Forse qualcuno ci sosterrà e ci dirà: «Rilasciate tizio e caio». Rilasciate Jimmy Lai», qualcosa del genere. Forse Amnesty International sarà piuttosto impegnata [a lavorare sul, ndr] rilascio di prigionieri politici o di coscienza a Hong Kong. Per me è molto triste e reale. Di solito, è come quando guardiamo la Tv e vediamo qualcuno nel mondo che è stato arrestato dal suo governo: questa è la mia sensazione.

Ora, mentre lei descriveva la situazione, è un po’ come se, in realtà, andare in giro con le libertà che aveva prima, di per sé diventasse quasi un atto sovversivo.

Sì. Ma parlando di qualcosa che ha a che fare con la libertà di religione: in una certa misura, i grandi leader delle diverse religioni di Hong Kong non hanno detto nulla contro l’imposizione della legge di salvaguardia della sicurezza nazionale a Hong Kong, né hanno protestato contro di essa. Ha visto cosa è successo in Cina? Il capo degli Affari di Hong Kong e Macao, Xia Baolong, è in realtà famoso per aver ordinato lo strappo della croce sul tetto di una chiesa in Cina. È uno di quelli che sono stati sanzionati [dagli Stati Uniti, ndr]. Ci pensa a questo: quando quei leader religiosi tengono la bocca chiusa per [evitare, ndr] i problemi, comprendono cosa è successo in Cina?

Un’eccezione degna di nota, credo, è ora il cardinale Zen in pensione.

Sì. Lo conoscevo da molto tempo. Ma è quello che ho detto: è come se la gente si sentisse minacciata e all’interno dell’intera comunità, il silenzio.  Questo è l’effetto maggiore che il tiranno vuole: far tenere la bocca chiusa. L’imposizione della salvaguardia della legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong è così. Ci si sente minacciati.

Capelli Lunghi, è stato un piacere averla qui.

Sì, spero di parlarle ancora.

Non vedo l’ora e la prego di non correre rischi.

 

Questa intervista è stata rivista per brevità e chiarezza.

American Thought Leaders è un programma di ‘Epoch Times disponibile su YouTube, Facebook e sul sito web di Epoch Times. Va in onda negli Stati Uniti su Verizon Fios Tv e Frontier Fios sul canale 158.

 

Articolo in inglese: Orwellian Terror Grips Hong Kong: Pro-Democracy Activist Leung Kwok Hung

 
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