Opera, dove sono i cantanti di una volta?

Di Alessandro Starnoni

Nel riascoltare i grandi tenori o i grandi soprani del passato, l’appassionato d’Opera sicuramente nota una differenza qualitativa tra i cantanti lirici di una volta e quelli odierni. In questo articolo cercheremo di capire i motivi principali del cambiamento che il cantante lirico ha attraversato nello stile, tecnica, espressività e interpretazione nel corso del tempo. Non si vuole tuttavia negare l’impegno, lo studio o la passione che ancora oggi, molti cantanti lirici mettono nell’affrontare il loro repertorio e ancor meno vi è l’intenzione di giudicare i tanti ottimi professionisti in attività. Ma una sana riflessione è senz’altro appropriata, perché è innegabile che qualcosa – negli anni – sia andato perso.

L’Italia è la patria e la madre dell’Opera lirica, che ha toccato il suo massimo periodo di splendore nell’800, con il Bel Canto. Questo lo confermano anche gli stessi cantanti lirici odierni, italiani e stranieri, quando prendono come modelli i grandi del passato, che sono per la maggior parte italiani. Proprio perché il cantante lirico odierno è consapevole che quei documenti storici che prende a modello – che possono essere video, registrazioni audio o libri scritti – contengono qualcosa di speciale, come le impressioni, i consigli, i segreti, le parole e le voci di chi ha creato la cultura dell’Opera lirica per il nostro Paese e per il mondo, di quei pionieri che incarnano in tutto e per tutto l’espressione del bello nell’arte del canto. Ma cosa avevano quelle voci di così speciale da essere oggi quasi inimitabili? Perché oggi è difficile che nascano e si formino talenti del calibro, ad esempio, di Enrico Caruso, Giacomo Lauri Volpi o Tito Schipa?

Sicuramente quello che una volta era naturale, è difficile che lo sia ancora oggi: ora è più ‘naturale’ essere un cantante di musica leggera-moderna che non un cantante lirico. I tempi cambiano e con essi anche le priorità. Infatti, nell’800 l’Opera lirica era il genere canoro principale, di conseguenza tutto il cuore dell’artista-cantante, così come tutti gli sforzi del Paese erano incentrati nel promuovere quel tipo di canto, quel tipo di forma artistica dell’Opera e, come si può facilmente immaginare, tutta la cultura girava intorno a quello. In un contesto simile, allora, era normale che nascessero e si formassero più talenti nel campo lirico rispetto a oggi.

Ma c’è di più, perché anche dal punto di vista tecnico è cambiato qualcosa: il Bel Canto si basava sul ‘portare il suono in maschera’ tramite la corretta pronuncia delle vocali, per fare in modo che la dizione non interferisse con la fuoriuscita del suono e con la sua proiezione nelle cavità di risonanza del corpo; quindi bisognava studiare un modo per rendere la pronuncia indipendente dal flusso sonoro, altrimenti la pronuncia stessa, se mal articolata, poteva interferire con la risonanza del suono, che si concentra soprattutto nelle cavità del capo e del viso, dove può acquisire maggiore frequenza e armonici. Riuscire a liberare il suono, a renderlo indipendente dall’articolazione senza costringerlo nella muscolatura, voleva dire proprio riuscire a portare il ‘suono in maschera’, nella zona di risonanza.

Quando il cantante riusciva a diventare padrone di questa tecnica – con molti anni di studio attento alla pronuncia delle vocali, alla respirazione e molto altro ancora – il risultato era che il corpo riusciva a funzionare da cassa di risonanza naturale. In pratica, era come se il cantante avesse un microfono.
Nel canto moderno, per questioni di necessità, il microfono ha sostituito questo processo, amplificando direttamente l’input fornito dalle corde vocali. Se un cantante non proietta perfettamente il suono in maschera quindi non importa, perché c’è il microfono che amplifica. Nell’Opera lirica stessa, durante il 900, sempre per questioni di necessità, le orchestre verdiane, con i loro suoni più voluminosi, hanno costretto il cantante lirico a spremere al massimo la tecnica del Bel Canto, trasformandola nello stile poi definito come ‘Verismo’, con le voci sempre spinte al limite della loro potenza, per riuscire a sovrastare l’orchestra.

Il microfono nel canto moderno ha risolto questo tipo di problemi di volume. Dato che oggi ci sono più stili e generi, è probabile che un cantante lirico si cimenti anche in repertori diversi da quello lirico, come brani di musica leggera; ed è probabile che nel farlo usi un microfono. Oppure è possibile che usi lo stesso il microfono in esibizioni all’aperto che richiedano l’amplificazione dell’orchestra, o in esibizioni che non riguardino strettamente l’Opera.
Se da una parte il microfono ha risolto un problema, dall’altro ha di fatto reso superfluo tutto il lavoro sulla voce che aveva iniziato e risolto la tecnica del Bel Canto, per portare il suono in maschera e usare il corpo umano come un microfono naturale. A lungo andare, abituandosi all’amplificazione del microfono, il cantante lirico odierno è diventato meno esigente nel coltivare la propria voce e ha perso la capacità di riuscire a portare il suono perfettamente in maschera, condizione essenziale per cantare al massimo livello.

Questa dinamica tuttavia, anche se gioca un ruolo significativo, non è il motivo principale per cui la voce dei cantanti odierni appare meno espressiva, meno squillante, meno agile di quella dei cantanti lirici di una volta.
La ‘mezza voce’ dei tenori di un tempo riusciva infatti a creare un’atmosfera di magia, e a inebriare i sensi degli ascoltatori, riusciva davvero a esprimere ogni emozione e ogni sfumatura dello stato d’animo del cantante. Questo è il punto fondamentale. Giacomo Lauri Volpi per esempio, uno dei più grandi tenori del passato che recuperò il repertorio dell’800, questo lo sapeva bene: credeva infatti che la voce dovesse essere «un’espressione dell’anima». Doveva essere il mezzo per esprimere qualcosa di più grande e importante, e non il fine del cantante. Per Volpi l’anima era però qualcosa che aveva bisogno di essere nutrita, che si poteva allenare proprio come la voce e l’orecchio, che secondo lui erano gli altri due requisiti fondamentali del cantante inseme ‘all’anima’. Quindi era possibile migliorare la propria voce arricchendo la propria anima, quella «istintiva capacità di vibrare e di rispondere a ogni espressione di bellezza», attraverso «l’assistenza di una cultura varia specialmente indirizzata alla conoscenza e apprezzamento di opere artistiche e letterarie di ogni nazione», per dirlo con le sue stesse parole.

Molto probabilmente i cantanti lirici di una volta avevano una marcia in più perché avevano capito come la voce fosse la prova tangibile – e allo stesso tempo intangibile – della complementarietà di anima e corpo.

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