L’addio alla politica del figlio unico potrebbe rilanciare l’economia cinese

La decisione del Partito Comunista Cinese della settimana scorsa di abbandonare la ‘politica del figlio unico’, un mandato draconiano risalente al 1979, rappresenta una svolta necessaria a fronte dell’aumento delle sfide sociali e demografiche.

Tuttavia, dietro questo cambio di programma ci sono anche delle motivazioni economiche. Le preoccupazioni per la ‘vecchia economia’ della Cina, di produzione intensiva delle risorse e di sviluppo delle infrastrutture, hanno a lungo assillato Pechino. I dati ufficiali del terzo trimestre del Pil cinese, del 6,9 per cento su base annua, sono stati accolti con scetticismo. Gli economisti hanno suggerito che i parametri del consumo energetico, la spesa dei consumatori e le azioni della banca centrale mirate a tagliare i tassi di interesse, siano tutti indici di un rallentamento molto più profondo.

La Cina ha un disperato bisogno di invertire immediatamente il suo attuale trend economico. L’eliminazione della ‘politica del figlio unico’, assieme alla riduzione degli obiettivi di crescita del Pil, sono due fra i maggiori cambiamenti di superficie rispetto a un ben più ampio mutamento del quadro politico pianificato per i prossimi cinque anni.

LA SPESA DEI CONSUMATORI

La scorsa settimana, il Credit Suisse ha stimato che la rimozione della ‘politica del figlio unico’ porterebbe a un incremento di nascite che andrebbe dai tre ai sei milioni all’anno a partire dal 2017. Ancora più importante, secondo i calcoli del Credit Suisse, i bambini in più produrrebbero una spesa annua da 120 a 240 miliardi circa di yuan (dai 17 ai 34 miliardi di euro circa) in aggiunta alla spesa diretta dei consumatori. Il rapporto stima che crescere un bambino costi 40 mila yuan (seimila euro circa) all’anno, esclusa la spesa incrementale indiretta per l’energia elettrica o per lo sviluppo delle infrastrutture dovuta all’aumento della popolazione.

La cifra accrescerebbe la spesa annuale al dettaglio dei consumatori della Cina del 4-6 per cento. Nella prima metà del 2015, la spesa dei consumatori ha contribuito per circa il 60 per cento al Pil della Cina.

La spesa dei consumatori rappresenta una parte importante di un’economia sviluppata; negli Stati Uniti, per esempio, costituisce il 70-80 per cento del Pil. Tuttavia, la crescita economica nominale della Cina negli ultimi due decenni è stata dominata dalla produzione e dal commercio. Sebbene la ‘vecchia economia’ della Cina stia rallentando, la crescita dei settori del consumo e della vendita al dettaglio potrebbero rivelarsi in futuro un ‘fattore x’.

I beni non essenziali e i servizi come le attività ricreative, l’ospitalità e l’intrattenimento si sono rivelati in crescita. Le vendite del terzo trimestre del commercio elettronico della Cina sono aumentate del 36 per cento anno su anno, trainate da un aumento del commercio su internet e dall’adozione, da parte della generazione del nuovo millennio, del ‘mobile shopping’ [gli acquisti tramite smartphone e simili, ndt].
Il 27 ottobre, l’Alibaba Group, i cui titoli di borsa fungono da indicatori del commercio elettronico cinese, ha riferito che i ricavi nel terzo trimestre sono aumentati del 32 per cento, battendo le aspettative di Wall Street e spingendo le azioni ben al di sopra del suo prezzo di offerta pubblica iniziale (Ipo).

Jeremy Haft, un imprenditore che commercia in Cina, ha detto che la ‘politica del figlio unico’ ha danneggiato il Paese demograficamente, ma che la più veloce crescita demografica è una opportunità di business che nel tempo varrà migliaia di miliardi di dollari. «Tutte queste persone avranno bisogno di essere nutrite, vestite, alloggiate, curate, rifornite di elettricità, trasportate e di connettersi alla rete» osserva.

LA NECESSITÀ DEI POSTI DI LAVORO

La Cina ha di fatto eliminato la ‘politica del figlio unico’ nel 2013, permettendo così a quelle coppie che avevano un solo figlio di averne due. Tuttavia, fino a ora l’impatto è stato graduale. Il costo, la cultura cinese della dedizione al lavoro e il desiderio di sostentare piccole famiglie, hanno fatto sì che alcune coppie fossero ancora riluttanti ad avere più figli.

Il più grande stimolo è dato dalla crescita dei posti di lavoro. Per sostenere la continua crescita dei consumi sono necessari buoni posti di lavoro. I lavori tradizionali nel settore della produzione si stanno allontanando dalla Cina, lo dimostra la lettura ufficiale del mese di ottobre del Purchasing Managers Index (Pmi) del 49,8 per cento, ovvero in zona di contrazione. Per compensare, Pechino ha cercato di stimolare la crescita dei posti di lavoro nel settore dei servizi, compresi quelli finanziari e i servizi alle imprese.

Alcuni imprenditori sono ottimisti. Secondo quanto afferma la Scm World, un’organizzazione di categoria che rappresenta le più importanti aziende della catena di approvvigionamento globale, su oltre 730 dirigenti di aziende di livello mondiale in diversi settori, 314 sostengono che le loro compagnie prevedono di aggiungere in Cina nuovi posti di lavoro, mentre 72 di loro hanno dichiarato che ridurranno le operazioni.

Secondo le statistiche ufficiali, nei primi tre trimestri 2015, sono stati creati 10,7 milioni di posti di lavoro nelle aree urbane della Cina – dove si trovano i posti di lavoro di maggior qualità.

Tuttavia, la crescita dei posti di lavoro nel settore privato resta ancora indietro a quella nelle imprese statali. Al di fuori delle aree urbane, le prospettive di lavoro sono alquanto tristi e le imprese dei settori del carbone, dell’acciaio e chimico, si stanno drasticamente contraendo per ridurre i costi.

L’IMPATTO SUL MERCATO

La notizia arrivata dalla Cina si è rivelata per industria casearia della Nuova Zelanda un regalo inaspettato, considerando il previsto aumento della domanda di latte in polvere, che per il Paese è un importante prodotto di esportazione: dal 28 ottobre, nei successivi due giorni, il dollaro neozelandese ha guadagnato l’1,7 per cento.

L’industria dei prodotti per l’infanzia in generale ha registrato i maggiori incrementi. Il 30 ottobre, la China Child Care, che produce prodotti per la salute dei bambini, è cresciuta del 40 per cento nella Borsa di Hong Kong. I produttori di alimenti per bambini e di latte in polvere, come la Mead Johnson e la Danone, hanno assistito a una impennata delle loro azioni. La scorsa settimana, anche i produttori giapponesi e coreani di prodotti per bambini hanno registrato ingenti guadagni. I marchi giapponesi e di altri Paesi esteri godono di una elevata domanda in Cina, dal momento che sono percepiti di qualità superiore rispetto a quelli nazionali.

Quali sono i settori in perdita? I produttori di profilattici innanzitutto: il 29 ottobre, la Okamoto Industries, uno dei principali produttori giapponesi di prodotti in gomma, ha visto le sue azioni calare del 10 per cento.

Nel più lungo termine, l’impatto maggiore derivante dall’abolizione della ‘politica del figlio unico’, si farà sentire nei settori dei servizi, dei viaggi e della tecnologia. I giovani della Cina di oggigiorno sono difatti grandissimi consumatori di servizi tecnologici, smartphone, gadget e viaggi.

 

L’Associated Press ha contribuito a questo articolo.

Articolo in inglese ‘Removal of One-Child Policy Could Boost Chinese Economy

 
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