La ‘Nuova Via della Seta’ e lo sfruttamento dei lavoratori in Europa

L’Europa è una delle regioni su cui la Cina sta concentrando gli investimenti per la ‘Nuova Via della Seta’, un’ambiziosa iniziativa per costruire infrastrutture lungo le rotte commerciali che collegano il Regno di Mezzo al resto del mondo.

Sei anni dopo che l’iniziativa è stata presentata da Pechino, il porto del Pireo (in Grecia), che è gestito da un’azienda statale cinese, si trova sotto osservazione per via delle condizioni dei suoi lavoratori e per accuse di evasione fiscale.
Secondo un articolo pubblicato il 9 ottobre dalla National Public Radio, la China Ocean Shipping (Cosco), attuale proprietaria del porto del Pireo, sarebbe infatti sotto inchiesta a causa delle sue politiche nei confronti dei lavoratori dipendenti.

Nel 2010, la Cosco aveva iniziato a investire sul porto del Pireo, e i media cinesi lo hanno definito uno degli investimenti chiave della Nuova Via della Seta. Nell’agosto del 2016, la Cosco ha acquistato le azioni necessarie per raggiungere il 51 percento delle quote azionarie del porto del Pireo e ha inoltre annunciato che incrementerà la sua quota fin oltre il 67 percento entro i prossimi cinque anni.

Giorgos Gogos, segretario generale del sindacato dei lavoratori portuali, ha dichiarato a National Public Radio che i quasi 1.700 impiegati impiegati nei terminal dei container lavorano 16 giorni al mese, in stato di precariato e senza indennità. Secondo Gogos, parte dei soldi destinati ai salari dei lavoratori sono stati sottratti dalle società appaltatrici, come la Diakinisis Logistics Services, un’azienda controllata dalla più grande società commerciale della Grecia, l’Elgeka Group: «Questo è sfruttamento – afferma Gogos – Possiamo immaginare che la Cosco voglia guadagnare in fretta, perciò cercheranno di tagliare le spese, e i salari dei lavoratori sono considerate spese. Ma queste ‘spese’ sono quello che ci consente di sostenere le nostre famiglie».

La formazione di un sindacato è stata considerata un’operazione di disturbo dalla Cosco, secondo Markos Bekris, un altro operatore portuale dei terminal dei container del porto del Pireo: «Quelli che hanno cercato di costituirlo [il sindacato, ndr] sono stati licenziati. I lavoratori erano troppo spaventati per farsi avanti. Hanno chinato il capo, spesso aspettando la chiamata dell’ultimo minuto per andare a lavorare, a volte facendo turni consecutivi senza pause». Bekris ha raccontato della situazione lavorativa ancora peggiore nel 2012, quando aveva iniziato a lavorare nei terminal del Pireo: «I miei colleghi dovevano urinare nelle bottiglie di plastica». Ha poi spiegato che le condizioni sono migliorate da allora, poiché oggi gli impiegati possono prendersi delle piccole pause.

Cosco ha trattato gli scaricatori portuali del Pireo alla stregua dei lavoratori in Cina, dove una legge sui contratti di lavoro, entrata in vigore nel 2008, consente la contrattazione collettiva in forma sindacale, tuttavia i soli sindacati considerati legali sono quelli affiliati all’organizzazione sindacale ufficiale del Partito comunista Cinese (Pcc).

Una fila di gru per lo spostamento dei container nel porto merci del Pireo in Grecia, 11 febbraio 2015. (Milos Bicanski/Getty Images)

Anastasia Frantzekaki, capo del sindacato degli impiegati del terminal crociere del Pireo, ha dichiarato che lei e i suoi colleghi hanno imparato una lezione importante durante le trattative con la Cosco: «Quando i cinesi parlano di win-win intendono in realtà che è doppiamente vantaggioso per loro».
Gogos teme inoltre che l’atteggiamento della Cosco nei confronti dei propri dipendenti possa influenzare negativamente altri datori di lavoro nei dintorni del Pireo, che si trova ad appena 10 chilometri da Atene.

Ma i sindacati non sono l’unico problema del porto. Ad aprile, l’Unione europea e le autorità italiane hanno annunciato di stare indagando su alcune aziende cinesi, in seguito ad accuse per cui sarebbero gestite da bande criminali che stavano fraudolentemente aggirando le tasse sulle importazioni e l’Iva sulle merci in transito nel porto del Pireo. Queste aziende riuscivano a evitare di pagare l’Iva mentendo riguardo la destinazione delle merci, e falsificando le credenziali delle aziende che avrebbero dovuto ricevere la merce.

Anche il dipartimento per i reati finanziari della Grecia ha annunciato di aver avviato un’indagine sulle frodi fiscali che riguardano le merci cinesi in arrivo al Pireo.

La Nuova Via della Seta e i porti marittimi

Nel nome della ‘Nuova Via della Seta’, Pechino sta cercando di finanziare progetti infrastrutturali in oltre 60 Paesi tra Asia, Europa, Africa e America Latina.

Nel 2017 i progetti marittimi della Nuova Via della Seta sono stati annunciati congiuntamente dalla Commissione per lo Sviluppo Nazionale Cinese e dall’Amministrazione Oceanica Statale, in un documento intitolato Previsioni per la cooperazione marittima nell’ambito della Nuova via della Seta. Il documento auspica la costruzione di tre grandi passaggi marittimi: il primo dovrebbe attraversare Cina, Oceano Indiano, Africa, e Mar Mediterraneo; il secondo si estenderebbe dalla Cina all’Oceania, fino al Pacifico meridionale; e l’ultimo, attraversando il Mar Glaciale Artico, dovrebbe collegare la Cina all’Europa.

Uno studio condotto da Grisons Peak, una banca d’investimento londinese, ha scoperto che le società cinesi hanno pianificato di acquistare o investire su nove porti stranieri tra giugno 2016 e giungo 2017, per un totale di 17,3 miliardi di euro. Prima di questi investimenti, i progetti portuali della Cina valevano complessivamente 8,5 miliardi di euro.

Nell’Oceano Indiano, la Cina ha già preso il controllo di molti porti marittimi con la formula della concessione: il porto pakistano di Gwadar è stato dato in concessione per 40 anni a partire dal 2015; il porto birmano di Kyaukpyu per 50 anni dal 2015; il porto di Obock nello stato del Gibuti per 10 anni a partire dal 2016; alle Maldive il porto di Feydhoo Finolhu per 50 anni dal 2017; nello Sri Lanka il porto di Hambantota per 99 anni; secondo quanto riportato a settembre dall’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri).

La Nuova Via della Seta cinese è stata criticata per aver ‘spinto’ alcuni dei paesi partner in una ‘trappola del debito’; è per questo che lo Sri Lanka, incapace di restituire il prestito cinese di 6,9 miliardi di euro per la costruzione del porto di Hambantota, ha dovuto firmare un contratto, cedendo la gestione del porto per 99 anni alla Cina, in cambio della cancellazione del debito.

Una panoramica dell’impianto portuale di Ambantota, Sri Lanka, 10 febbraio 2015. (Lakruwan WanniarachchiAFP/Getty Images)

Secondo un articolo pubblicato dal quotidiano di regime People’s Daily, la Cosco avrebbe fatto investimenti in circa 30 porti marittimi sparsi per il mondo. Tra cui: due porti in Belgio (Zeebrugge e Anversa); due in Spagna (Valencia e Bilbao); il porto di Vado Ligure in Italia; il porto di Rotterdam in Olanda; il porto di Ambarli in Turchia; e porto Said in Egitto.

Inoltre la China Merchants Port Holdings (CmPort), una compagnia di navigazione di Hong Kong di proprietà della statale cinese China Merchants Group, possiede considerevoli quote azionarie di diversi terminal dei porti europei. Secondo National public Radio, la CmPort ha investito su due porti in Marocco (Casablanca e Tangeri Med); tre porti in Francia (Dunkirk, Le Havre, Marsiglia-Fos, e Nantes); cosi come su quelli di Anversa e Ambarli.

L’Influenza cinese sulla politica greca

Secondo i dati del Ministero del Commercio cinese, alla fine del 2017 la Cina aveva investito un totale di 1,1 miliardi di euro in Grecia. E sembra che il flusso degli investimenti cinesi abbia generato implicazioni politiche.

Secondo Reuters, a giugno del 2017 la Grecia avrebbe bocciato una dichiarazione dell’Unione Europea che criticava la situazione dei diritti umani in Cina e la repressione degli attivisti e dei dissidenti. Un funzionario del Ministero degli Esteri greco ha motivato la scelta sostenendo che la dichiarazione era una «critica non costruttiva alla Cina».

Theresa Fallon, una specialista della Cina, ha dichiarato a National public radio: «C’è un’espressione chiamata ‘obbedienza preventiva’, che viene spesso usata quando si parla delle relazioni con i cinesi. Significa prendere le proprie decisioni con in testa l’idea di non disturbare la Cina. Sta già accadendo, ed è molto preoccupante se si considera la posta in palio. Se si osserva la strategia di crescita della Cina [per quanto riguarda i porti marittimi, ndt], si può notare che hanno investito lungo tutto il perimetro dell’Europa. È simile alla strategia dell’anaconda: circondare e stritolare».

Inoltre lo studio pubblicato a settembre dall’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri), evidenzia la pericolosità degli investimenti cinesi in Ue, dichiarando che la Nuova Via della Seta «nella sua attuale configurazione, genererà per l’Ue più problematiche legate alla sicurezza che soluzioni, nel medio e lungo periodo».
Infine aggiunge che qualora la Cina rafforzasse la sua presenza militare, diplomatica e finanziaria attraverso gli investimenti della Nuova Via della Seta, potrebbero esserci conseguenze negative per quanto riguarda la sicurezza delle rotte marittime europee e la libertà della navigazione.

 

Articolo in inglese: Chinese Investments in European Ports Come Under Scrutiny

 
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