L’ombra di Amazon. Dopo i centri commerciali, ora l’e-commerce dà il colpo di grazia ai negozi

NEW YORK— Una pressione senza precedenti sta schiacciando i piccoli punti vendita al dettaglio negli Stati Uniti; e non si tratta del normale ciclo di alti e bassi.

Gli alti costi d’affitto hanno dato il colpo di grazia a quei rivenditori – per esempio di scarpe, vestiti ed elettronica – che finora avevano resistito alla concorrenza dei negozi online e delle catene commerciali: all’inizio «molti di loro avevano fatto degli aggiustamenti e hanno continuato a crescere nel loro quartiere – ha affermato Ruth Messinger, ex membro del consiglio cittadino di New York e difensore delle piccole imprese – Ma poi sono stati colpiti dall’aumento degli affitti, a un livello che non potevano proprio permettersi».

Secondo gli esperti, l’impatto è devastante non solo perché si rischia di non conservare più il carattere peculiare delle singole comunità umane (rese tutte uguali dalle catene di multinazionali), ma anche perché si indebolisce il tessuto economico del Paese, mettendo in pericolo la classe media. Le perdite sono avvertibili nelle città degli Usa e di tutto il mondo.

Secondo uno studio di aprile dell’Institute for Local Self-Reliance, «in città così diverse tra loro come Oakland e Nashville, Milwaukee e Portland (nel Maine) gli affitti dei negozi sono saliti di percentuali a doppia cifra solo nell’ultimo anno». E come se queste pressioni non bastassero, si consideri il mostro che reclama la sua fetta da tutte torte: Amazon.

«Amazon è una novità anche perché nella Storia il commercio è sempre stato legato a una posizione fisica. L’attività affaristica e il commercio si sono sempre tenuti dove le persone vivono – ha affermato Stacy Mitchell, co-direttore dell’Ilsr – Amazon rappresenta una disconnessione del commercio dalla posizione fisica, un caso diverso da tutto quello che c’è stato in passato».

Un sondaggio condotto dall’Ilsr negli Stati Uniti all’inizio del 2015, mostra che se per i consumatori gli acquisti super convenienti con Amazon costituiscono una buona notizia, il gigante online è la preoccupazione principale del 70 per cento dei negozianti indipendenti. I guadagni provenienti dalle vendite di Amazon sono cresciuti da 8 miliardi e 490 milioni di dollari del 2005 a 107 miliardi nel 2016.

PERC I RIVENDITORI INDIPENDENTI SONO IMPORTANTI

Mitchell sostiene che gli Stati Uniti abbiano perso più di 100 mila commercianti negli ultimi 15 anni: un trend che spaventa.
«I dettaglianti indipendenti contribuiscono molto più delle catene di negozi o di Amazon, a mantenere sana la nostra economia locale e le nostre comunità – spiega – Gli studi mostrano che per ogni dollaro speso in un negozio locale, questo dollaro crea il doppio o il triplo in impatto economico, rispetto a se lo si spendesse in una catena nazionale».

L’assottigliamento della middle class americana può essere in parte attribuito alle gravi difficoltà riscontrate dalle piccole imprese: «I luoghi con molte imprese locali hanno una classe media grande e forte, danno più opportunità alle persone di entrare a far parte della classe media stessa, e quindi non si riscontra una disuguaglianza di crescita così grande».

Nello studio Wage Inequality and Firm Growth del 2015, i ricercatori hanno analizzato i dati di 15 Paesi, dal 1981 al 2010, riguardanti gli stipendi e la grandezza delle aziende. Gli autori hanno individuato una forte relazione tra la crescita della grandezza media delle aziende e l’aumento dei livelli di disuguaglianza negli stipendi, e questo soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

Jeremiah Moss, autore sotto pseudonimo del blog Vanishing New York [Una New York che scompare, ndt] fa parte di un gruppo popolare dal nome #SaveNYC. Il sito web e la pagina Facebook del gruppo mettono in luce le difficoltà delle aziende a conduzione familiare, e incoraggiano governo centrale e locale a tutelare le piccole imprese e le piccole istituzioni culturali: «Quando perdiamo delle piccole imprese, perdiamo la caratteristica locale dei nostri quartieri, e New York diventa una città generica – sostiene Moss – Perdiamo le connessioni sociali che i piccoli imprenditori forniscono. E perdiamo soldi. Le catene di negozi portano via denaro dai quartieri, trasferendoli nei loro quartier generali in Texas o in Florida o nel Wisconsin. Niente di tutto questo è buono per la città».

AFFITTI COSTOSI A NEW YORK

Alex Cohen, un broker presso Core, un’azienda che commercia nell’immobiliare, ha affermato che la crisi economica del 2008 ha avuto un forte impatto sulla vendita al dettaglio, ma questo impatto era legato a una questione ciclica: a causa della caduta della domanda, molti rivenditori hanno dovuto abbassare i prezzi e molti si sono dovuti ritirare dagli affari. Ora, però, è diverso: «Questo è un fenomeno nuovo – spiega Cohen – Non siamo nella parte bassa della parabola; l’economia ora è forte. New York continua a essere forte nel mercato turistico».

Secondo Cohen il tasso di immobili sfitti nel quartiere di New York di SoHo è salito dal 10 al 20 per cento negli ultimi 18 mesi: «Questo è dovuto alla forza dell’e-commerce, al fatto che le persone preferiscono fare acquisti online […] e ai problemi che i rivenditori hanno incontrato nel cercare di mantenere dei negozi capaci di generare guadagni accettabili nonostante gli affitti molto costosi».

Cohen afferma di star cominciando a lavorare con vari marchi interessati ad affittare degli spazi per brevi periodi per dei ‘pop-up store’ (un negozio a tempo determinato) allo scopo di testare il mercato onde evitare di ritrovarsi bloccati a livello geografico e temporale.
Moss considera un «caso di estinzione di massa» la morte delle piccole imprese a New York e ritiene che i responsabili siano le catene di negozi: «Mai nella sua storia, questa città è stata decimata dalle catene nazionali di negozi. Vediamo la stessa monocultura da turismo d’affari che sta distruggendo le specificità regionali di Londra, Parigi, Venezia. Lo vediamo anche a San Francisco, Seattle, Boston».
E la fine delle aziende locali non riguarda solo quartieri particolarmente ricchi, secondo uno studio di aprile dell’Ilsr: a New York, il Bronx ha visto il più grande aumento di sfratti imposti dai tribunali nei confronti delle piccole imprese, e nell’ultimo anno vi è stato il maggior numero di aumento percentuale (3,3 per cento) nel numero di catene di negozi presenti.

Un Boston Market (fast food) sta per esempio rimpiazzando lo Zaro’s Bakery, piccolo panificio locale, che ha avuto solo alcune settimane di preavviso di mancato rinnovo dell’affitto.

Nel quartiere di Washington Heights, molte aziende che erano presenti da lungo tempo hanno subito sfratti o hanno dovuto adeguarsi a condizioni molto più pesanti per l’affitto: secondo un articolo di febbraio di Village Voice, il negozio di alimentari Liberato Foods avrebbe visto triplicarsi il prezzo.

Secondo l’Ilsr sono vari i fattori che hanno portato all’aumento dei prezzi degli affitti, tra cui l’impennata dei prezzi degli immobili, l’aumento di popolarità di alcune città, l’imperativo della crescita per le catene di negozi nazionali, una fornitura di piccoli spazi limitata e in diminuzione, e la preferenza, in ambito di investimenti immobiliari, per le compagnie su scala nazionale, rispetto alle imprese indipendenti.

UNA STRADA IN SALITA

I difensori delle piccole imprese combattono una battaglia in salita contro la potente industria dell’immobiliare e i politici locali, riluttanti a intervenire in modo vigoroso.

Lo Small Business Jobs Survival Act, un disegno di legge che avrebbe dovuto aiutare le piccole imprese, viene riproposto più volte dal 1983, con piccole variazioni, ma non è mai stato discusso o votato. Il Dl darebbe diritto ai proprietari dei negozi di rinnovare il proprio contratto d’affitto, di negoziare condizioni d’affitto più eque, e di ottenere protezione legale in caso di condizioni di rinnovo ingiuste. Attualmente ha ben 27 firmatari. Ma c’è anche a chi non piace.

Robert Cornegy, capo del piccolo ‘business comittee’ del Consiglio cittadino, non ha firmato il Dl perché ritiene che il vero problema dei piccoli imprenditori sia la burocrazia.
Nel 2008, quando era membro del Consiglio, Melissa Mark-Viverito ha sostenuto il dl, ma quando è diventata speaker [figura simile al presidente della Camera italiana, ovvero una figura neutrale che si occupa dell’attuazione dei lavori in programma e di garantire l’ordine, ndt] ha di fatto impedito la discussione della legge. E John Banks, capo della Real Estate Board di New York, ha definito il disegno di legge incostituzionale.

Secondo Mitchell ci sono molti modi in cui le politiche governative rendono scivoloso il terreno di gioco dei piccoli rivenditori.

Secondo quanto riporta Bloomberg, a ottobre Amazon, per esempio, ha aperto tre centri dati nell’Ohio che hanno creato 125 posti di lavoro. Il progetto ha ricevuto degli incentivi statali: circa 81 milioni di dollari in 15 anni, di cui 77 milioni di esenzione di tasse dalle vendite e 4 milioni di credito d’imposta sui redditi. Vale a dire 648 mila dollari per ogni posto di lavoro.

«I rivenditori indipendenti non ottengono mai nulla del genere. Vanno al municipio e dicono: “Vorrei aprire un secondo negozio, mi concedereste delle agevolazioni fiscali consistenti?” Sentono delle risate da dentro la porta, e poi la risposta: “Questo è un libero mercato, devi imparare a competere”».

I processi di negoziazione che attualmente sono molto liberi, permettono ai proprietari degli immobili di avere campo libero per fissare prezzi, condizioni e tempi di un affitto. Ad alcuni commercianti è stato persino chiesto di andarsene entro la fine del mese.
Ci sono sempre più negozianti che lavorano con contratti d’affitto della durata di 5 anni o meno, mentre lo standard un tempo era di 10 anni. Questo li rende vulnerabili all’aumento dei prezzi degli affitti e agli sfratti.

I proprietari degli immobili a volte tengono le vetrine vuote nella speranza di trovare un affittuario che paghi molto, come le catene di negozi, spesso considerate più affidabili. E per chi ha molte proprietà immobiliari, un negozio chiuso può essere vantaggioso perché permette di ridurre l’imponibile.

La presidente della circoscrizione di Manhattan, Gale Brewer ha raccontato durante un’udienza del consiglio cittadino sulle piccole imprese, che «quando il proprietario di un edificio voleva ottenere un affittuario ricco, come una banca, teneva ferme le unità commerciali al piano terra, fino a che non aveva la possibilità di un grande spazio combinato da fornire a un grande affittuario».

«Le grandi banche e le grandi farmacie stavano spingendo per affermarsi nel mio distretto, a scapito dei negozi a conduzione familiare – ha affermato la Brewer – La banca non aveva bisogno dello spazio per sostenere il business: volevano una facciata commerciale per motivi pubblicitari».

CAMBIAMENTI NELLA PIANIFICAZIONE E TASSA COMMERCIALE

Nel suo ruolo di membro del consiglio dell’Upper West Side di New York, la Brewer ha aiutato a creare un distretto speciale che limitasse a 25 piedi (7,62 metri) la quantità di spazio sulla strada a disposizione di una banca, al di fuori dell’edificio. In parti delle vie Columbus e Amsterdam, tutti gli edifici con 50 piedi di spazio o più sulla strada, devono avere almeno due unità commerciali all’interno di quello spazio (i supermercati fanno eccezione).

Ora la Brewer sta cercando di introdurre una multa per i proprietari degli immobili che mantengono vuote le vetrine, oltre a un registro delle vetrine vuote simile a quello che esiste già in altre città. Una proposta del 2014 per Berkeley (California) mirava a multare di 180 dollari i proprietari che registrano una vetrina vuota e di altri 300 dollari per ogni sei mesi in cui rimane vuota. Il distretto amministrativo di Columbia [l’area metropolitana della città di Washington, ndt] ha introdotto una multa simile nel 2011.

Assieme al membro del consiglio Corey Johnson, la Brewer sta anche scrivendo un disegno di legge che esenterebbe dalla tassa sugli affitti commerciali le piccole imprese e i supermercati di Manhattan che esistono solo in una strada. Questa tassa ammonterebbe al 3,9 per cento del ricavo annuo, e verrebbe applicate a quelle aziende sotto la 96esima strada che hanno ricavi annui superiori a 250 mila dollari.

CATENE DI NEGOZI

Nel 2005 San Francisco ha introdotto in alcune aree una strategia per le catene di negozi allo scopo di aiutare a mantenere il carattere unico delle singole comunità. Questa politica è osservata attentamente dalle altre città.
La strategia limita a certe aree i negozi appartenenti a catene con varie sedi e un’aspetto riconoscibile, come certi ristoranti o catene di supermercati, e questo ha limitato in modo significativo l’entrata di catene commerciali nelle aree controllate. In uno studio del 2013, il Dipartimento della Pianificazione di San Francisco ha riscontrato che le catene di negozi occupavano il 24 per cento dello spazio commerciale nelle aree controllate, e ben il 53 per cento in quelle non controllate: quasi il doppio.
Il numero di sedi di catene di negozi nelle zone controllate costituisce il 10 per cento del totale, mentre è pari al 25 per cento del totale nelle zone non controllate.

NUOVE RICHIESTE PER I PROGETTI

Molte città possono richiedere che i progetti sviluppati per uso misto includano abitazioni a prezzi contenuti, ma le politiche che chiedono ai costruttori o ai proprietari di fornire spazio a prezzi sotto il valore di mercato hanno ovviamente un impatto sulle finanze dei progetti.

Per controbilanciare il costo delle abitazioni a prezzi contenuti, i costruttori a volte si basano sui guadagni derivanti dagli spazi commerciali al piano terra, favorendo spazi più grandi da destinare alle catene commerciali.
Ma ora le città potrebbero anche richiedere spazi più piccoli nei nuovi progetti.

I CONSUMATORI

La consapevolezza dei consumatori è un aspetto importante per chi sostiene le piccole imprese: con i loro portafogli, i consumatori possono portare a dei cambiamenti: «Abbiamo senza dubbio osservato degli effetti positivi derivanti dal movimento ‘buy local’ [compra a livello locale ndt]», afferma Mitchell.
Nel 2010 è stato lanciato il Sabato delle Piccole Imprese, subito dopo il Venerdì Nero (Black Friday): lo scopo è di incoraggiare e sostenere le piccole imprese locali. In questo giorno, nel 2014, si stima siano stati spesi 14 miliardi e 300 milioni di dollari. In confronto, il successo del Cyber Monday è stato nettamente inferiore, secondo i dati di Adoge Digital Index: 3 miliardi e 70 milioni di dollari nel 2015.

Per i piccoli rivenditori è un buon segno, ma non è sufficiente, secondo Mitchell: «Per le imprese indipendenti e i difensori delle singole comunità, la sfida ora è ricordare gentilmente alle persone, che le loro scelte hanno grandi conseguenze sul posto in cui vivono».

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AUMENTI DEI PREZZI DEGLI AFFITTI DI NEGOZI NEGLI USA*
(*variazione percentuale dal 2015 al 2016)

In tutto il Paese, i piccoli rivenditori stanno affrontando la difficoltà degli affitti più costosi. Nello scorso anno il reddito pro capite medio è salito dell’1 per cento, e le vendite dai negozi sono salite solo dell’1 per cento, con l’inflazione allo 0 per cento.

Upper West Side, New York

  • $390 per piede quadrato
  • +37 per cento

Portland, Maine

  • $18 per piede quadrato
  • +22 per cento

Oakland, California

  • $27 per piede quadrato
  • +16 per cento

Cleveland, Ohio

  • $14 per piede quadrato
  • +12 per cento

Austin, Texas

  • $20 per piede quadrato
    +10 per cento

Fonte: Institute for Local Self-Reliance

 

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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