La Commissione antimafia indagherà sull’infiltrazione cinese in Italia

Di Ben Liang e Olivia Li

Il governo italiano ha incaricato la Commissione Antimafia di indagare sull’infiltrazione del Partito Comunista Cinese (Pcc) nel Paese.

Oltre a indagare sulle attività illegali della mafia italiana, la Commissione intensificherà gli sforzi per combattere le attività illecite delle bande cinesi, sotto il controllo del Pcc, che si infiltrano nella società italiana e collaborano con funzionari corrotti.

L’agenzia estenderà la sua portata a Prato, una città vicino a Firenze che funge da importante centro di produzione di tessuti e accessori ed è anche sede di una considerevole comunità cinese.

Secondo le forze dell’ordine, Prato è diventata un centro della criminalità organizzata cinese.

‘Stazioni di servizio di polizia d’oltremare’ cinesi in Italia

Il 5 dicembre 2022, il gruppo per i diritti umani Safeguard Defenders ha pubblicato un rapporto in cui indica che a partire da settembre 2021, il Pcc aveva istituito 54 ‘stazioni di polizia’ in 53 Paesi in tutto il mondo e altre 48 «stazioni di servizio di polizia all’estero» che presumibilmente assistono i cittadini cinesi con questioni amministrative. In realtà, queste stazioni operano in base ad accordi di sicurezza bilaterali con i Paesi ospitanti, funzionando come «stazioni di polizia» che sorvegliano gli espatriati cinesi e facilitano il ritorno dei dissidenti in Cina.

Il 19 dicembre 2022 Giuseppe Morabito, direttore della Nato Defense College Foundation, ha dichiarato a L’Espresso che l’Italia ha il maggior numero di basi di polizia cinesi all’estero, con 11 in totale. Roma, Milano, Venezia, Firenze, Sicilia e Prato ospitano tutte queste cosiddette stazioni di servizio.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dichiarato durante un botta e risposta alla Camera lo scorso dicembre che il Dipartimento della pubblica sicurezza «non ha alcuna autorizzazione in merito all’attività» dei centri cinesi per il disbrigo delle pratiche in Italia. «Le assicuro che le forze dell’ordine, in costante collegamento con il settore dell’intelligence, stanno monitorando la questione con la massima attenzione. Seguirò personalmente gli sviluppi[…] non escludo sanzioni in caso di illegalità».

Nel settembre 2015, Italia e Cina hanno firmato un memorandum d’intesa per pattugliamenti congiunti e hanno lanciato un «progetto pilota».

Il primo pattugliamento congiunto è avvenuto nel maggio 2016, quando quattro poliziotti cinesi si sono uniti ai loro omologhi italiani per le strade di Roma e Milano, soprattutto nei luoghi di interesse turistico.

Nell’aprile 2017, quattro poliziotti italiani e le loro controparti cinesi hanno condotto in reciprocità il primo pattugliamento congiunto in popolari siti turistici a Pechino e Shanghai.

Tuttavia, il 19 dicembre 2022, Piantedosi ha dichiarato che il governo italiano aveva deciso di porre fine ai pattugliamenti congiunti sul territorio italiano. Ha sottolineato che il Pcc ha sempre utilizzato politiche ferree per sopprimere i dissidenti, inclusa la violazione dei diritti umani di uiguri e tibetani. È difficile quindi credere che le cosiddette stazioni di servizio cinesi in Italia siano destinate solo a fornire servizi amministrativi ai cittadini cinesi.

Cittadini cinesi arrestati

Secondo un rapporto di Le Formiche del 16 marzo, le autorità di Firenze hanno arrestato due cittadini cinesi per il loro coinvolgimento nel riciclaggio di denaro illegale, mentre altri 13 sono stati identificati come sospetti.

Il caso riguarda una banca segreta cinese con filiali a Roma, Firenze e Prato che ha trasferito miliardi di euro in Cina. Le autorità italiane l’hanno definita la «banca sotterranea cinese». La banca forniva servizi di rimessa segreta e addebitava una commissione del 2,5% sull’importo trasferito.

Il reato di riciclaggio di denaro gestito dalla «mafia cinese» in Italia è in corso da alcuni anni.

Il 18 dicembre 2014 Agence France-Presse aveva riferito che la polizia di Roma aveva scoperto imprenditori e appaltatori cinesi impegnati nel contrabbando, nella vendita di prodotti contraffatti e nell’evasione fiscale. Per trasferire i loro proventi illegali in Cina, hanno utilizzato la società finanziaria britannica Sigue.

Sigue ha sette filiali a Roma e si rivolge principalmente alle esigenze di rimessa dei residenti cinesi locali. I trasferimenti utilizzano spesso nomi falsi e quelli di persone decedute, nonché di ignari clienti di Sigue. Sigue suddivide inoltre i trasferimenti in più transazioni per mantenere ognuna al di sotto della soglia di segnalazione del governo italiano per le normative antiriciclaggio.

Banche cinesi coinvolte in attività illegali

Il 21 giugno 2015, i pubblici ministeri italiani hanno intentato una causa contro 297 persone e la Bank of China, in quanto la filiale italiana della banca è stata accusata di aver contribuito al riciclaggio di fondi illeciti. Tra le persone incriminate figurano quattro dirigenti della filiale milanese della banca.

Secondo gli inquirenti italiani, le banche clandestine con collegamenti con la Cina possono riciclare miliardi di dollari senza lasciare traccia.

La polizia italiana ha scoperto che in meno di quattro anni fino al 2010, oltre 4,5 miliardi di euro provenienti da attività di contraffazione, prostituzione, sfruttamento del lavoro ed evasione fiscale sono stati trasferiti in Cina attraverso i servizi di rimessa. Tra questi, 2,2 miliardi di euro sono stati trasferiti attraverso la filiale di Milano della Bank of China.

L’accusa si basa su un’indagine chiamata «River of Money» iniziata nel 2008. Il denaro illegale è stato inviato in Cina tramite un intermediario di rimesse chiamato Money2Money, e la Bank of China ha ricevuto una commissione di 758 mila euro.

L’accusa aveva chiesto aiuto alle autorità cinesi, ma senza successo. Una volta che il denaro ha lasciato l’Italia, è scomparso nel firewall internet cinese.

I cittadini cinesi locali «tengono i contanti a casa»

Una cittadina cinese che vive a Roma, soprannominata Ma, ha dichiarato all’edizione in lingua cinese di Epoch Times che i suoi amici che gestiscono un’attività in Italia di solito non depositano i loro soldi nella banca nazionale. Tengono grandi quantità di denaro nelle loro casseforti domestiche perché dovrebbero pagare le tasse se depositassero i soldi in una banca.

L’imposta sul reddito delle persone fisiche in Italia è alta e i cittadini cinesi sono molto riluttanti ad accettarlo: «Per molto tempo, la sinistra è stata al potere, e ha sostenuto uno Stato sociale in base al sistema del socialismo. Tuttavia, nonostante sia uno Stato ad alta tassazione, l’Italia è molto indietro rispetto ai Paesi ad alto benessere del nord Europa, e i suoi residenti non hanno goduto dei servizi che uno Stato del genere dovrebbe fornire», ha spiegato Ma.

Quando le è stato chiesto dove finissero le tasse elevate, ha risposto: «Sono state tutte sottratte da alti funzionari [italiani, ndr]. Ci sono stati molti di questi servizi sui media, e non sono meno corrotti dei funzionari corrotti del Partito Comunista Cinese. Quindi, vedete, i cinesi naturalmente non vogliono pagare le tasse per sostenere questi funzionari corrotti. Preferiscono tenere i contanti a casa, anche se sanno chiaramente che tale pratica è rischiosa».

Ciò fa anche luce sul motivo per cui alcuni cinesi preferiscono utilizzare banche sotterranee per le rimesse, consentendo ai criminali di sfruttare la loro situazione.

 

Articolo in inglese: Italy Reportedly Activates Anti-Mafia Commission to Investigate Chinese Infiltration

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