L’economia cinese rallenta e i dati ufficiali indicano continui cali dei prezzi al consumo.
Nel frattempo una crescita piatta delle importazioni e una domanda interna fiacca, sono tutti indicatori di una forte pressione deflazionistica nella seconda economia più grande del mondo. La Cina non è solo un’anomalia in quanto l’unica grande economia ad affrontare un aumento di rischio di deflazione piuttosto che pressione inflazionistica. Per gli esperti, la deflazione della Cina sta infatti anche aggiungendo pressione disinflazionistica e tensioni commerciali nei Paesi avanzati poiché i concorrenti sostengono che i prezzi siano ingiusti con gli esportatori che spediscono più prodotti e servizi all’estero a costi ridotti per compensare il rallentamento interno: «La deflazione in Cina si è aggiunta alle forze disinflazionistiche nelle economie avanzate poiché i suoi prezzi all’esportazione sono crollati drasticamente», afferma il rapporto di Capital Economics visionato da Epoch Times.
«L’impatto diretto non è stato enorme, rappresentando solo una piccola parte (circa lo 0,4%) dell’inflazione complessiva dell’indice dei prezzi al consumo nello scorso anno, e il freno probabilmente si attenuerà nell’anno a venire. Tuttavia, anche ulteriori cali graduali dei prezzi delle esportazioni cinesi aggraveranno le tensioni geopolitiche».
Nel luglio 2023, il tasso di inflazione complessiva della Cina è sceso a causa del calo dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia e del forte calo dell’inflazione dei beni primari. E anche l’eccesso di offerta del settore industriale potrebbe aver contribuito al calo.
I produttori cinesi hanno investito molto nell’aumento della produzione poiché la pandemia ha aumentato la domanda di prodotti cinesi in tutto il mondo, ma quando la domanda di prodotti si è normalizzata, i produttori cinesi si sono ritrovati con una capacità in eccesso da esportare a prezzi fortemente scontati.
Il calo dei valori delle proprietà e degli immobili, l’aumento dei deflussi di investimenti esteri, il debito eccessivo, il calo della popolazione e la scarsa domanda dei consumatori, sono alcuni degli altri problemi che affliggono oggi l’economia cinese.
I prezzi al consumo, ad esempio, sono crollati al ritmo più veloce degli ultimi 14 anni a gennaio, mentre anche i prezzi alla produzione sono diminuiti, esercitando ulteriore pressione sui funzionari perché rilancino un’economia che gode di scarsissima fiducia e vulnerabile alla deflazione. «Nonostante la discreta crescita del Pil reale del 5,2% (un dato che molti non ritengono fedele) nel 2023, gli investitori e i consumatori cinesi sono ancora cupi», si legge in una nota cliente dell’Institute of International Finance (Iif), e visionata da Epoch Times. «Questo perché la deflazione sta danneggiando i redditi delle famiglie, gli utili aziendali, i rendimenti degli investitori e le tasse governative, che sono tutte in termini nominali».
L’Iif concorda inoltre sul fatto che la deflazione della Cina è principalmente il risultato di un eccesso di capacità industriale e di una crisi immobiliare. La sovraccapacità nel settore industriale ha portato a un forte calo dei prezzi dei prodotti (dell’1,1% nel 2023) e dei prezzi dei servizi (dell’1,0%).
Oltre a ciò, anche la disinflazione alimentare, dovuta principalmente all’eccesso di offerta e all’effetto base piuttosto che all’insufficienza della domanda, pari al 2% nel 2023, ha contribuito ad abbassare l’indice dei prezzi al consumo (Cpi) di 0,6 punti percentuali.
Allo stesso modo, il calo dello scorso anno nelle vendite di case (del 6,5%) ha avuto un impatto negativo sulle vendite al dettaglio di elettrodomestici, mobili e prodotti per il bricolage. «La Cina è l’unica grande economia che ha sperimentato la deflazione nel 2023», si legge nella nota dell’Iif. L’Ipc del Paese (-0,3%) a dicembre è stato ben inferiore a quello del Giappone (2,6%), degli Stati Uniti (3,3%), dell’Ue (3,5%) e al massimo aggregato dei mercati emergenti del 10,6%.
Esportazioni a buon mercato
In un’intervista a Epoch Times Michael Ashley Schulman, responsabile degli investimenti presso la Running Point Capital con sede in California, ha spiegato che una strategia adottata dalla Cina per combattere la sua economia in crisi è quella di svendere il suo vasto surplus di prodotti manifatturieri a tassi ridotti: «Certamente, aziende come Temu e Shein stanno guadagnando quote di mercato e svalutando i negozi al dettaglio e altri rivenditori negli Stati Uniti».
Secondo Schulman, mentre l’impatto della deflazione delle esportazioni cinesi si è in qualche modo ridotto «con il distacco economico [post-pandemia, ndr]» negli Stati Uniti, «questo potrebbe cambiare drasticamente se Byd, o altri produttori cinesi di veicoli elettrici iniziassero a vendere i loro veicoli negli Stati Uniti».
Capital Economics rileva che i prezzi dei veicoli sono crollati poiché i produttori di veicoli elettrici in Cina hanno lottato per assicurarsi quote di mercato e rimanere a galla.
Tutto ciò ha contribuito a un forte calo del prezzo complessivo delle esportazioni dalla Cina, che il calo dei prezzi delle importazioni nei mercati sviluppati ha comprensibilmente rispecchiato.
La società di ricerca ha inoltre aggiunto che le esportazioni cinesi sono sottostimate nelle statistiche ufficiali poiché molte importazioni, soprattutto verso gli Stati Uniti, vengono dirottate attraverso altre nazioni. «Inoltre, il calo dei prezzi di esportazione dalla Cina potrebbe aver esercitato una pressione al ribasso sui prezzi di altri fornitori locali, anche se i dati supportano solo in modo limitato tale ipotesi».
Gli esperti ritengono che, data la leadership globale della Cina nei settori manifatturieri come batterie, solare, intermediari farmaceutici e molti altri prodotti, ogni volta che i produttori del Paese competono frontalmente, le aziende del mercato medio a livello globale si trovano ad affrontare pressioni sui margini e forti cali di prezzo per alcuni input. «Osserviamo attentamente il tasso di cambio tra Cina e Stati Uniti per comprendere e misurare questo effetto».
Con il prezzo all’esportazione denominato in yuan in calo del 9% su base annua (a/a) e il deprezzamento della valuta del 2% a/a nel quarto trimestre (da settembre a dicembre) 2023, le esportazioni cinesi sono state più economiche di circa l’11% rispetto a un anno fa quando veniva pagato in dollari, ha calcolato l’Iif. «La Cina sta esportando la deflazione attraverso il commercio».
Rischi
Secondo Capital Economics, le politiche industriali volte a stimolare gli investimenti nel settore manifatturiero implicano che è probabile che l’eccesso di capacità persista, mantenendo i prezzi dei prodotti durevoli su una tendenza al ribasso per il prossimo futuro. La società di ricerca ha affermato che anche i prezzi delle esportazioni in dollari cinesi sembrano destinati a continuare a scendere, anche se a un ritmo molto più lento rispetto allo scorso anno.
Tuttavia, gli esperti temono che con sconti elevati gli esportatori cinesi potrebbero ridurre la pressione sulle principali banche centrali globali per mantenere la stabilità dei prezzi; questa strategia alla fine potrebbe ritorcersi contro.
I margini di profitto e i rendimenti azionari dei produttori cinesi saranno cronicamente ridotti a causa degli eccessivi sconti per utilizzare la capacità in eccesso.
Secondo Schulman, inoltre, il sentimento anti-Cina potrebbe venire alimentato durante la campagna elettorale statunitense di novembre, se sempre più aziende cinesi fossero costrette a vendere prodotti a basso costo sui mercati di esportazione globali. «Una delle cose principali sul nostro radar è che se Donald Trump vincesse le elezioni presidenziali a novembre, potrebbe aumentare ulteriormente i dazi sulle importazioni cinesi, diminuendo così il loro effetto deflazionistico».
Internamente, per combattere la deflazione o la disinflazione interna, Pechino deve rafforzare la fiducia dei consumatori al fine di aumentare la spesa dei consumatori a tutti i livelli di reddito.
La nota dell’Iif conclude che «la Cina ha un’ampia capacità industriale per sostenere la sua crescita. Tuttavia, per realizzare il potenziale di crescita, sono necessari stimoli politici per stimolare i consumi interni e la domanda di investimenti».
Versione in inglese: Is China Exporting Deflation to the World?