Il racket delle auto in Cina

In Cina, ogni anno, i veicoli da demolire sono circa 8 milioni. Ma, di questi, il 70 per cento ritorna in strada, dopo essere passato nel giro del mercato nero.

Il 22 maggio 2018, il giornale cinese Jing Ji Can Kao Bao ha rivelato che il numero delle auto da demolire che ritorna nelle fabbriche per essere smantellate, non supera il trenta per cento del totale. La maggior parte finisce nel mercato nero, attraverso ‘intermediari speculatori’, e, dopo un eventuale ‘intervento chirurgico’, ritorna in strada, andando ad aumentare il numero dei pericolosi autoveicoli che causano gravi incidenti.

Per capire come funzioni tale sistema, in tutto il Paese, è utile l’esempio di un abitante di Xinjiang, Chen Yong Chen: ha una Jetta di dieci anni e 900 mila chilometri che dovrebbe far demolire e, se la portasse alla fabbrica, ne ricaverebbe soltanto 500 yuan (70 euro), equivalente al prezzo del metallo riciclato.
Tuttavia, facendo qualche ricerca su internet, Chen ha avuto numerose offerte dagli speculatori del mercato nero delle auto, che gli hanno offerto molto più del doppio. Infatti, al mercato nero, solo il cambio si vende a oltre 500 yuan (70 euro), e da un motore di alta qualità si possono ricavare oltre 50 mila yuan (7 mila euro). Quindi, chiunque voglia guadagnare qualcosa dal vecchio autoveicolo per l’acquisto del nuovo, di solito si rivolge al mercato nero piuttosto che alle fabbriche autorizzate alle demolizioni.

Nelle altre città, la situazione è simile: a Nanchino, portando nei punti di smaltimento autorizzati un piccolo camion o un’auto, si ottengono appena da 200 a 300 yuan (30 – 40 euro); a Guangdong si calcola il prezzo a tonnellate: 280 yuan a tonnellata (25 -30 euro); nella provincia di Jiangsu, per un camion di 16 tonnellate pagano 9 mila yuan (1.200 euro).

Secondo i dati del Ministero del Commercio cinese, nel 2017 sono state registrate oltre 300 milioni di automobili e, in base alla data d’immatricolazione, ogni anno dovrebbero esserci dai 7 agli 8 milioni di veicoli da demolire. Ma, stando ai dati forniti dal settore addetto al riciclaggio, dal 2015 al 2017 le auto portate alla demolizione sono meno del trenta per cento del totale calcolato dal Ministero. I professionisti del settore sostengono che la maggior parte viene trasferita «nella zona grigia» o nel mercato nero, in cui esistono due possibilità: o si cambia la targa e dopo qualche aggiustamento l’autoveicolo è rivenduto in zone rurali lontane dal luogo di provenienza, o l’auto è smantellata e le varie parti vengono rivendute al mercato nero.
Si è creato infatti un enorme mercato nero, con un giro di affari che arriva a oltre 10 miliardi di yuan (1.300 miliardi di euro), mentre le officine delle grandi fabbriche autorizzate allo smantellamento fanno quasi tutte ‘la fame’.

Un giornalista cinese, in un’inchiesta descrive quanto ha visto a Guangzhou: «Ci sono più di mille e 500 negozi che vendono varie parti di auto. E anche se sui muri del centro commerciale sono affissi i cartelli di ‘vietato acquistare motori, cambi, acceleratori, assi e strutture metalliche di auto da demolire’, nei negozi appaiono cartelli con scritto: ‘abbiamo il cambio’ o altri pezzi di auto vietati. Inoltre, intorno al centro ci sono diversi spazi adibiti allo smantellamento delle macchine, che viene fatto a mano sul momento: tre persone in mezz’ora smontano un’intera automobile e offrono i pezzi, come dal macellaio, puoi scegliere tutte le parti che vuoi.[…] Vengono qui anche i lavoratori dei negozi autorizzati per i ricambi originali, in quanto possono trovare i pezzi che gli servono, perché a volte, come dicono:  “ordini dal canale ufficiale, ma ci mettono mesi ad arrivare”».

Negli Stati Uniti, i veicoli demoliti sono una risorsa importante, che entra nel mercato del riciclo, e per questo esiste un sistema legale che garantisce e tutela il settore: ci sono 12 mila aziende per lo smantellamento, 20 mila aziende per produrre i pezzi di ricambio, e 200 aziende per la demolizione delle auto inutilizzabili, e tutte guadagnano in modo normale, in base al mercato.

 
Articoli correlati