I genitori di Indi Gregory non hanno rinunciato a lei

Negli ultimi giorni della piccola, i genitori di Indi Gregory hanno lottato per lei. Volevano permetterle di continuare a vivere fino a quando non si fosse sviluppata una cura o non si pubblicassero nuove scoperte riguardanti la sua rarissima malattia, che potessero aiutare nella sua guarigione.

L’Alta corte britannica ha, invece, intrapreso una direzione opposta, facendo pressione (su richiesta dei medici curanti) affinché la bambina fosse scollegata dai macchinari di sostegno alla sua vita. Pensavano che questo sia conforme agli interessi della bambina: per non farla soffrire.

Tale ordine era stato inizialmente ritardato grazie al ricorso in appello da parte dei genitori. Ma i giudici hanno poi accelerato le procedure per ‘staccare la spina’ a mezzogiorno – ora italiana – dell’11 novembre.

Nel frattempo, il premier Giorgia Meloni ha offerto tutti gli aiuti necessari per la piccola. Infatti le è già stata concessa la cittadinanza italiana, dopo una tempestiva riunione del Consiglio dei ministri con la presidenza del premier, in modo che fosse più agevolata nel suo trasferimento presso l’ospedale Bambino Gesù di Roma.

«Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno Matteo Piantedosi, ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, ha deliberato il conferimento della cittadinanza italiana alla piccola Indi Gregory, nata a Nottingham (Regno Unito) il 24 febbraio 2023, in considerazione dell’eccezionale interesse per la Comunità nazionale ad assicurare alla minore ulteriori sviluppi terapeutici, nella tutela di preminenti valori umanitari che, nel caso di specie, attengono alla salvaguardia della salute».

«La deliberazione faceva seguito alla disponibilità espressa dall’ospedale pediatrico ‘Bambino Gesù’ in relazione al ricovero di Indi Gregory e alla conseguente richiesta di concessione della cittadinanza italiana avanzata dai legali dei genitori. Il Governo italiano ha inoltre comunicato, alla direzione dell’ospedale e alla famiglia, l’impegno a coprire i costi dei trattamenti sanitari che saranno ritenuti necessari».

L’ospedale romano assicurava che si sarebbe preso cura della piccola Indi senza arrecarle il minimo dolore.

Il console italiano a Londra, Matteo Corradini, in veste di giudice tutelare, aveva anche emesso un provvedimento di urgenza, affermando l’autorità del giudice italiano e convalidando l’adozione del piano terapeutico proposto dall’ospedale Bambino Gesù di Roma e il trasferimento della minore.

Il Codacons, inoltre, ha effettuato ricorso all’Alta corte britannica, sostenendo che essa stesse violando l’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani.

Anche il Pontefice è intervenuto, esprimendo la sua contrarietà alla decisione britannica di mettere fine alla vita di Indi.

Eugenia Roccella, ministro per le pari opportunità, ha espresso sui social il suo apprezzamento per la difesa della bambina da parte dei genitori e del governo italiano. Inoltre si è mostrata contrariata, anche lei, dagli ordini dei giudici britannici, alludendo a come il diritto alle cure sembri sostenuto da tutti solo a parole; soprattutto in questa circostanza. 

Il ministro riteneva, in più, incomprensibile il «motivo per cui non sia possibile trasferire la piccola» Indi «ad uno dei migliori ospedali pediatrici al mondo», proprio qui in Italia: il Bambino Gesù di Roma.

«Non si tratta di sottoporre la bambina a trattamenti improbabili o dolorosi – continuava il ministro Roccella – ad accanimenti terapeutici o peggio a truffaldini ‘viaggi della speranza’, ma di dare a chi ha la responsabilità legale della piccola la possibilità di scegliere un percorso di cura in una struttura accreditata ed altamente specializzata».

Il ministro Roccella afferma che «impedire la cosiddetta ‘second opinion’ a un paziente è contrario a qualsiasi deontologia medica», precisando che «Indi ha diritto di essere curata fino all’ultimo, e la cura non è sempre la promessa di guarigione, ma la lotta quotidiana per tutelare la persona e allontanare la fine, per accudirla e creare per lei le migliori condizioni possibili, per scegliere in ogni momento la vita e non la morte».

L’amministratore delegato del Christian Concern, Andrea Williams ha dichiarato: «La vita è il regalo più prezioso che abbiamo. Vi è un ospedale pronto a prendersi cura di Indi a Roma. I genitori di Indi desiderano darle ogni opportunità possibile. Per quale motivo si dovrebbe impedire che questo accada per loro e per lei?»

«Quale buona ragione può esserci per trattenere Indi qui contro la volontà dei suoi genitori quando le cure vengono offerte a Roma?», ha chiesto, secondo quanto riportato dal sito di Christian Concern.

«Continuare a negarle questa opportunità è inimmaginabile».

«Gli sviluppi mettono in luce la differenza di approccio tra due nazioni: il primo ministro italiano ha sostenuto pubblicamente Indi Gregory e il diritto dei suoi genitori di accedere alle cure a Roma, mentre il primo ministro britannico è rimasto in silenzio», ha aggiunto.

«Abbiamo bisogno di riforme. Abbiamo bisogno di famiglie libere di scegliere altri dottori ed esperti nel campo, con equi permessi di consultare la cartella clinica del paziente. Abbiamo bisogno di un’adeguata mediazione dalle prime fasi, piuttosto di genitori trascinati nelle corti che affrontano gruppi di avvocati, sovvenzionati dai contribuenti», ha aggiunto ancora.

I genitori e in particolare il padre, fanno notare come sia stata negata la loro libertà di decisione, di prendersi cura di loro figlia. Indipendentemente dal loro intento di volerla portare a casa oppure all’ospedale romano.

Non si spiegano, in particolare il padre, perché non vengano rispettati i diritti umani di loro figlia. Senza arrecare il minimo disturbo al governo inglese quando, oltretutto, il premier italiano e i ministri, insieme all’ospedale Bambino Gesù di Roma, hanno espresso la massima disponibilità nel prendersi cura della bimba.

Il padre, Dean Gregory, dichiara, citato da Adnkronos: «Claire e io siamo ancora una volta disgustati da un’altra decisione unilaterale dei giudici e del Trust. Tutto il mondo sta guardando ed è scioccato da come siamo stati trattati».

L’associazione Pro vita & famiglia è stata più diretta in un suo post su X«L’ostinazione dei giudici inglesi nel voler mettere fine alla vita di questa piccola combattente nonostante il parere medico contrario dell’Ospedale Bambino Gesù è qualcosa di semplicemente satanico».

Infine la bebè è stata scortata in un hospice (per ‘staccare la spina’), via ambulanza accompagnata da polizia che presiede la struttura, prevenendo possibili disordini pubblici e per garantire la sicurezza. Il tutto avvenuto contrariamente dalla volontà familiare.

La patologia degenerativa

La sindrome da deperimento mitocondriale è stata scoperta nel 2013 (dieci anni fa), da un gruppo di ricercatori universitari – precisa l’UniBa – guidato dal prof. Palmieri, in collaborazione con una equipe israelo-palestinese. Lo studio, ricorda l’ateneo pugliese, è stato pubblicato sul Journal of Medical Genetics.

La patologia degenerativa in casi gravi provoca l’assenza di crescita muscolare e può anche manifestarsi come grave affaticamento, muscoli sempre più rigidi, grave encefalopatia e altri sintomi. Come il ritardo dello sviluppo.

Se grave, la patologia porta tra le altre cose all’insufficienza respiratoria; tale da richiedere una dipendenza dal ventilatore.

Questa insufficienza respiratoria è imputabile ad un inadeguato numero di copie di mtDNA, il Dna mitocondriale.

Si possono, inoltre, presentare malformazioni. Come quelle che bloccano il formarsi del corpo calloso che collega i due emisferi del cervello o la formazione del nervo ottico.

Questa malattia genetica è provocata dalle mutazioni del gene trasportatore Slc25a1, essenziale per produrre l’Atp (adenosina trifosfato), di cui la cellula ha bisogno, grazie al suo apporto di energia. Ovvero, questa malattia impedisce alle cellule di produrre energia.

Questa patologia ereditaria viene trasferita dai genitori, tramite due copie della mutazione del gene (precedentemente discusso).

Inoltre si potrà verificare una probabilità del 50% che il figlio o la figlia siano portatori sani, il 25% di nascere in salute senza risultare portatore della mutazione, oppure la stessa percentuale di ritrovarsi contagiato da questa malattia.

Queste probabilità si manifestano nella circostanza in cui entrambi i genitori risultano portatori sani di una mutazione del gene (Slc25a1).

Nonostante adesso non vi siano cure, è in via sperimentale una terapia genetica.

I ricercatori dovranno rilevare il livello minimo di copie dell’mtDNA ancora legato ad una normale attività della catena respiratoria, in modo da sviluppare potenziali terapie future.

Si vogliono comprendere le basi genetiche di questa patologia.

In questo caso la deplezione del Dna mitocondriale (Mds) è secondaria, in altre parole si basa su una malattia primaria.

Tuttavia, questa sindrome può manifestarsi, inoltre, come effetto collaterale (solitamente curabile) dell’uso di farmaci antivirali e della terapia antitumorale.

L’UniBa è impegnata in un progetto di ‘ricerca sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a Rna’, dato che l’ateneo rappresenta uno dei collegamenti principali del Centro nazionale di ricerca.

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