Non solo piramidi. I misteri degli antichi Egizi, padri dell’orchestra moderna

Tra le civiltà antiche più misteriose, quella Egizia merita certamente una menzione speciale. Durata circa 3 mila anni, questa civiltà suscitava l’ammirazione di Greci e Romani e quanto a raffinatezza culturale era paragonabile solo alla Cina antica.

Molti filosofi Greci, tra cui Pitagora e Platone, avevano studiato in Egitto e tratto ispirazione da questa civiltà. Le basi delle conoscenze matematiche, ma anche mistiche dei Greci, potrebbero essere in forte debito con la civiltà Egizia; il teorema di Pitagora, per esempio, era già noto agli antichi Egizi.

Come in molte altre civiltà antiche, gli Egizi, soprattutto i ceti elevati, non scindevano la vita mortale da quella spirituale e ultraterrena: avevano forgiato una civiltà e una cultura piena di rimandi simbolici a elementi ultraterreni, considerati però non solo come dei simboli ma concepiti anche per uno scopo concreto. Insomma gli Egizi ritenevano che materia e spirito si compenetrassero e formassero un unicum.

Questa concezione era presente in molte altre culture, ma forse solo in quella Egizia e in quella cinese il livello di sofisticazione raggiunto arrivava a un grado così elevato. Basti infatti pensare che il fiume Nilo, le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino e la Sfinge sono disposti in un allineamento che rispecchia rispettivamente la posizione della Via Lattea, delle stelle principali (la ‘Cintura’) della costellazione di Orione, e della costellazione del Leone di circa 12 mila anni fa. Secondo gli storici, gli Egizi non esistevano a quel tempo. Alcuni ritengono che gli Egizi avessero calcolato la posizione delle stelle in quell’era, ritenuta una sorta di Era dell’Oro. Altri ritengono che le piramidi siano state costruite da civiltà pre-esistenti e tecnologicamente super avanzate.

Inoltre all’interno delle tombe dei faraoni erano presenti delle dettagliate guide sul viaggio del faraone dopo la morte. La guida è nota come Il libro dei morti ed è particolarmente elaborata nella versione presente nella tomba del faraone Seti.

LA MUSICA DEGLI EGIZI

Alla luce di tutto questo, non sorprende quindi che per gli Egizi anche la musica avesse molteplici significati spirituali; purtroppo non possedevano un sistema di notazione musicale, la musica veniva tramandata oralmente e quindi non ci è pervenuto alcun esempio di musica di questa civiltà.
Ma sappiamo che la musica Egizia era molto ammirata da Pitagora e Platone, che la riteneva ottima per l’educazione del popolo, dal momento che era strettamente codificata con lo scopo di avere un influsso benefico: non era infatti presente quella maggiore ‘libertà’ che si stava in quei tempi diffondendo tra i Greci, e che a parere di Platone portava a una degenerazione della musica.

Nonostante la stretta codificazione, la musica Egizia era con ogni probabilità più avanzata di quella degli antichi Greci. Si può dire, ad esempio, che gli Egizi abbiano inventato l’antenato del direttore d’orchestra: il chironomo, che – con gesti delle mani – indicava ai musicisti quale nota o quale intervallo suonare.

Un’altra caratteristica innovativa della musica Egizia era la polifonia, cioè l’esecuzione di due suoni diversi contemporaneamente. A quanto è noto i Greci, anche quando eseguivano pezzi musicali che prevedevano più di uno strumento, non eseguivano mai note diverse contemporaneamente: tutti gli strumenti eseguivano la stessa nota, o al massimo la sua ottava (ad esempio un Do basso e un Do più alto). Gli Egizi invece, pare utilizzassero frequentemente i tre intervalli più consonanti (che suonano meglio): cioè l’ottava, la quinta (ad esempio Do e Sol, o Re e La) e la quarta (Do-Fa; Re-Sol).

Utilizzavano poi, secondo alcune ricostruzioni, la scala pentatonica senza semitoni, che è la stessa utilizzata nella musica cinese. Pare tuttavia che conoscessero anche le scale a 7 note. La scala pentatonica è una scala che suona molto ‘pulita’, perché è priva di intervalli di semitono. Un esempio di questa scala è costituito dai 5 tasti neri del pianoforte. Anche una persona che non ha mai suonato il pianoforte, concentrandosi su questi tasti può produrre melodie che suonano bene, senza rischio d’errore, persino se suona più tasti contemporaneamente.

Ancora oggi i cinesi preferiscono le scale pentatoniche, che evitano le dissonanze più forti. Nella musica occidentale odierna, invece, si usano scale a 7 note (più l’ottava) che comprendono intervalli fortemente dissonanti. Le dissonanze vengono utilizzate per arricchire l’armonia e creare dei contrasti, giacché ogni dissonanza crea nella mente umana il bisogno di una risoluzione della stessa in un accordo che suoni bene; il ché crea un effetto musicale più complesso e movimentato.

GLI STRUMENTI UTILIZZATI

Forse lo strumento più caratteristico degli Egizi era il sistro, uno strumento ritmico che si agitava con la mano e legato alla dea Hathor (dea della vita e dell’amore, ma anche della musica). Inoltre vi erano anche i flauti (sacri ad Amon), le trombe (sacre a Osiride), i tamburi e le arpe.

Si può dire che nell’antico Egitto esistessero due generi musicali principali: uno della musica più elevata, ideata e strettamente codificata dai sacerdoti, magica, sacra e spesso dedicata alla venerazione degli dei, i cui strumenti principali erano la voce umana, il sistro e – in alcuni casi – le percussioni; il secondo genere era quello del popolo: una musica più vivace, con strumenti a fiato e numerose percussioni, meno codificata, e dedicata a temi più mondani come il lavoro, l’amore e la festa.

Esisteva poi un terzo genere, la musica bellica, che vedeva un utilizzo più ampio delle trombe. C’era infine la musica a scopo magico-propiziatorio, per la caccia: talvolta si utilizzavano gli strumenti musicali per far scappare o per attirare animali.

Tutto quello che si sa sulla musica Egizia proviene soprattutto dalla grande quantità di dipinti murali, che mostrano scene di vita quotidiana, mentre in piccola parte proviene da aneddoti Greci.

Sebbene non ci sia stato trasmesso alcun reale brano musicale Egizio, ci sono giunti testi di vari canti: davanti a te ci sia musica e canto; gettati alle spalle crucci e pene e volgi l’animo alla gioia, finchè si leverà il giorno in cui dovremo viaggiare verso quella terra che ama il silenzio, recita un verso di una canzone cantata alla corte del faraone da alcuni musicisti asiatici. E ancora: Chinàti davanti a te stanno gli dei, lodando la forza del creatore. Re e capo di ogni dio, noi celebriamo la tua forza perché tu ci hai creati. Ti veneriamo perché tu ci hai formati. Cantiamo inni di lode perché tu ci protegga (Inno ad Amon Ra, il Dio-Sole e creatore degli uomini e degli dei).

Soprattutto nel periodo finale della civiltà Egizia, non sono infine mancati anche molti canti d’amore: un po’ come nella nostra civiltà si è passati dalla musica classica ‘elitaria’, allo spopolare delle ‘canzonette’. Ecco alcuni versi, raccolti nel libro Canti d’amore dell’antico Egitto:

Il tuo amore si è fuso col mio corpo / come [vino] con l’acqua / come una medicina alla quale si mischia della resina.

La mia salute dipende dal suo arrivo / perché al solo vederla io sto bene.

 
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