Israele, il 40% dei vaccinati ha già ricevuto la terza dose del Pfizer-BioNTech

Di Marco D'Ippolito

Al 31 di agosto, il 40 percento della popolazione israeliana già completamente vaccinata ha ricevuto la terza dose del vaccino Pfizer-BioNTech contro il Covid-19, quasi l’unico utilizzato in Israele. Per la precisione, sono 2 milioni 157 mila le terzi dosi somministrate in Israele a partire dalla fine di luglio, a fronte di 5 milioni 482 mila israeliani giù vaccinati con due dosi, su una popolazione totale di circa 9 milioni di persone.

Israele era stato il ‘primo della classe’ nella prima fase della campagna vaccinale, raggiungendo già a inizio aprile la completa immunizzazione di quasi il 60 percento della popolazione. E anche in questa fase della campagna, quella del richiamo vaccinale, si appresta a concludere prima che gran parte dei Paesi abbia iniziato.

Tuttavia, il dato che ha spinto il governo israeliano ad accelerare la somministrazione della terza dose è preoccupante piuttosto che positivo: il repentino aumento dei nuovi casi, delle ospedalizzazioni e delle morti registrato a partire da metà luglio; un aumento legato secondo le autorità israeliane alla diffusione della variante Delta e alla diminuzione dell’efficacia del vaccino Pfizer a distanza di sei mesi dalla seconda inoculazione.

Ad ogni modo, il premier israeliano Naftali Bennet ha recentemente dichiarato che la «la terza dose di vaccino funziona» e che «l’aumento della grave morbilità ha cominciato a rallentare». Attualmente in Israele la possibilità di ricevere la terza dose di vaccino riguarda l’intera popolazione sopra i 12 anni, a patto che siano trascorsi 5 mesi dalla seconda inoculazione.

Quarta ondata

Il 30 agosto è stato toccato in Israele un nuovo record di 10 mila 947 nuovi casi giornalieri, citando i dati ufficiali del ministero della Sanità israeliano: è stato così sorpassato il precedente picco di 10.118 casi registrato il 18 gennaio. Un dato impressionante se si considera che tra inizio maggio e fine giugno il numero di nuovi casi registrati non aveva mai superato alcune decine di unità.

Purtroppo, nell’ultimo mese è stato registrato anche un significativo aumento dei decessi per Covid-19, sempre citando i dati diffusi dal ministero della Sanità israeliano: in media 18 ogni giorno, contro un massimo di tre decessi quotidiani registrati tra l’inizio di maggio e la metà di luglio. Simile anche la parabola dei malati in condizione gravi, che nell’ultima settimana di agosto si sono attestati costantemente sopra le 700 unità, mentre nel periodo tra il 2 maggio e il 25 luglio non avevano mai superato le 100 unità.

Dopo quanto cala l’efficacia del vaccino?

I dati preliminari pubblicati a luglio dal governo israeliano sembrano mostrare, come riportato da un articolo della Cnbc, che il vaccino Pfizer-BioNTech aveva un’efficacia di appena il 16 percento nelle persone che hanno ricevuto la seconda dose a gennaio; il che indicherebbe che dopo 6 mesi il vaccino diventa quasi del tutto inefficace nel prevenire le forme sintomatiche del Covid-19. Tuttavia, secondo la stessa analisi rilasciata a luglio dal governo israeliano, la seconda dose di vaccino fornirebbe comunque una certa protezione contro le forme più gravi del Covid-19.

Sebbene al momento il governo italiano e l’Unione Europea stiano ancora valutando se approvare la somministrazione di una terza dose di vaccino, la stessa sembra un’opzione difficilmente evitabile se si vuole continuare a percorrere la strada dei vaccini come unica via per uscire dalla pandemia: almeno questo è ciò che indica l’esperienza del governo israeliano, che ha peraltro pubblicato la scorsa settimana una prima serie di dati che sembrano confermare gli effetti positivi della terza dose del vaccino Pfizer tra gli ultrasessantenni.

Di fatto, il portavoce del Comitato tecnico scientifico Silvio Brusaferro ha recentemente dichiarato in un’intervista con La Repubblica: «Per gli immunodepressi, come i trapiantati, si può già prevedere la terza dose. Poi ci sono gli anziani, che hanno per natura un sistema immunitario più fragile e per i quali la eventuale terza dose è un ulteriore stimolo», poi ci sono le «categorie a rischio». In sostanza si tratta dello stesso iter già percorso dalle autorità sanitarie in Israele, dove sono iniziate a fine luglio le vaccinazioni per gli immunodepressi e gli ultrasessantenni e solo dalla scorsa settimana è diventato possibile ricevere la terza dose anche per gli under 30.

A confermarlo c’è il parere rilasciato al Corriere della Sera dal virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano, che ha dichiarato: «Ci sarà bisogno di una terza dose perché, purtroppo, i coronavirus, non solo il Covid-19, non determinano immunità a vita. Ci si può reinfettare se gli anticorpi prodotti dalla guarigione si esauriscono – si ritiene dopo una decina di mesi – o quando si indebolisce la copertura vaccinale, già dopo sei, otto mesi».

 
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