Conservatorio di Milano, la voce degli studenti contrari al Green Pass

Di Alessandro Starnoni

Dopo la ferrea presa di posizione del governo sul Green Pass, gli studenti del Conservatorio di Milano contro il lasciapassare verde hanno inviato una lettera di contestazione delle nuove normative alla direzione del loro Conservatorio. Nella lettera di 8 pagine di pdf, hanno esposto le ragioni della loro contrarietà, accompagnando le argomentazioni con una lunga lista di fonti in calce. Gli studenti non hanno tuttavia ricevuto alcun riscontro, né negativo né positivo, così Epoch Times Italia ha voluto intervistare dei loro portavoce.

Quanti sono gli studenti del Conservatorio di Milano contrari all’utilizzo del Green Pass per accedere alla sede? Se siete tutti, come leggo nella lettera, come mai siete tutti d’accordo? È una cosa abbastanza rara ad oggi…

Siamo un centinaio di studenti. Riguardo alla lettera c’é stato un evidente misunderstanding, poiché nella firma non abbiamo lasciato un generico ‘gli studenti del Conservatorio’, ma abbiamo specificato ‘gli studenti contro il Green pass’, il che automaticamente esclude quanti invece sono allineati con la linea proposta dal governo attuale.

Il vostro appello tramite la lettera inviata alla dirigenza ha ricevuto risposta?

No, il nostro appello non ha ricevuto risposta. Era una cosa che ci aspettavamo dal momento che la gran parte delle istituzioni sta mantenendo una linea neutra per non esporsi troppo ed evitare in tal modo sanzioni o reclami da parte di chi invece è a favore del provvedimento in questione ed era ancora più ovvia dal momento che la direzione del Conservatorio di Milano è stata particolarmente rigida nell’applicare le norme, stabilendo controlli a tappeto e scegliendo di mantenere tutte le attività rigorosamente in presenza. Nonostante immaginassimo già la reazione, o meglio la ‘non-reazione’, ci è sembrato comunque giusto segnalare il nostro disaccordo e lanciare un segnale che potesse essere di solidarietà rispetto a chi aveva denunciato prima di noi la misura Green Pass in ambito universitario e magari di ‘esempio’ per chi avrebbe voluto farlo, ma non ne aveva ancora avuto il coraggio.

C’è qualche segnale di solidarietà da parte di professori o dal mondo accademico (ad esempio da altri conservatori)?

Sì, conosciamo alcuni docenti contrari al Green Pass, ma con loro non siamo riusciti a creare un vero e proprio sodalizio, atto a migliorare le cose. Discorso a parte sono invece le collaborazioni con altri Conservatori, in particolare quello di Torino, con il quale spesso vengono condivise idee o proposte e con cui abbiamo posto le basi per una rete di collaborazione nazionale.

Cosa intendete fare nei prossimi giorni?

Noi crediamo che la via migliore sia agire pacificamente. Verranno a breve avanzate proposte volte a cercare un punto di contatto tra le parti: lezioni a distanza ove possibile e tamponi gratuiti per le attività extra-curricolari del Conservatorio, che poi speriamo vengano estesi a tutte.

In quanto culla delle Belle arti, della musica e della tradizione, il Conservatorio rappresenta uno dei luoghi più alti e più preziosi per la cultura. La cultura e le arti implicano profondità di pensiero, riflessione, elevazione dello spirito, confronto, e questo pone le basi per la crescita e la ricchezza della società. Il Green pass per accedere a questo luogo implica come minimo una selezione all’ingresso delle risorse che andranno poi a costituire tale ricchezza. È una selezione giusta? Con questa loro scelta, i luoghi di cultura hanno preso una posizione a tutela della cultura?

No, non crediamo sia una selezione giusta. È inaccettabile che per assistere a un qualsiasi evento culturale sia necessario esibire una certificazione che ‘garantisca’ la negatività rispetto ad un’infezione. Imprescindibile per l’arte e la cultura è la coesione e l’accettazione di idee e punti di vista diversi, quindi questo Green Pass, che di fatto impone una discriminazione contro tutti coloro che non sono a favore del pensiero unico, in nome di un’illusoria sicurezza da un punto di vista sanitario, agisce non come uno strumento di tutela, bensì come una censura.

Proprio a livello culturale, cosa pensate stia mancando in questo periodo storico e quali possono essere le ragioni per le quali ci troviamo nella situazione in cui siamo oggi?

Probabilmente nell’epoca dei mass-media le persone, continuamente bombardate da notizie, il cui numero è talmente elevato da risultarne difficoltosa la verifica di autenticità e ‘non-faziosità’, ricercano troppo spesso l’adattamento a quello che fa più comodo, piuttosto che spingersi oltre il luogo comune e analizzare la situazione da più punti di vista, cosa che mai è stata fatta seriamente dai principali mezzi di comunicazione riguardo al Covid-19 e al vaccino. Purtroppo crediamo che a venire a mancare oggi sia lo spirito critico: ci sono molte domande a cui nessuno ha saputo rispondere e che a quanto pare, non scuotono minimamente la maggioranza dell’opinione pubblica. Molta gente ha semplicemente agito secondo quanto ‘propagandato’ dai media e ha messo, prima dell’analisi di entrambi i punti di vista, la comodità e la possibilità di continuare a condurre la vita a cui era abituata, senza dover fare rinunce.

Non temete un aumento dei contagi senza Green Pass?

No, o almeno non crediamo che questo sistema possa effettivamente tutelare la salute di tutti, dal momento che da fonti scientifiche è ormai noto che un vaccinato si può contagiare nuovamente e può trasmettere l’infezione al pari di un non-vaccinato, dal momento che sviluppa la stessa carica virale di quest’ultimo. È chiaro come il Green Pass ottenuto con un tampone antigienico rapido ogni 48 ore sia lo strumento che tutelerebbe maggiormente la salute pubblica, ma imporlo a tutti sarebbe, oltre che materialmente irrealizzabile, l’instaurazione di un regime di terrore rispetto ad una malattia dalla quale è possibile guarire e della quale è pressoché impossibile liberarsene definitivamente, visto l’ingente e continuo movimento di persone da un paese all’altro. Dal nostro punto di vista sarebbe più opportuno, anziché cercare di creare una nazione ‘Covid-free’, adoperarsi per rendere efficienti al 100 per cento le cure contro l’infezione, fornendole a tutti, a casa e in tempi rapidi, ovvero quando il paziente si trova ancora ai primi stadi della malattia.

In molti ritengono che il vaccino (quasi) obbligatorio sia necessario per tutelare la salute collettiva e che questa esigenza debba prevalere sulla libertà individuale. Che ne pensate?

Noi pensiamo che quest’idea sia la diretta conseguenza del regime di terrore a cui siamo stati abituati in questi due anni. Le persone, spaventate in un primo momento da un’infezione di cui non si conosceva la natura e dalla quale sembrava estremamente difficile guarire, hanno gradualmente accettato la ‘narrazione ufficiale’ fornita dai media, che ora dipingono la scelta di vaccinarsi come l’unica via possibile per liberarsi dal Covid-19. Siamo chiaramente tutti stanchi delle restrizioni, dei morti e dei malati, ma accettare questo Green Pass come quella tanto agognata ‘normalità’ ci pare una distopia terribile. Quando mai è stato necessario esibire un certificato di natura sanitaria per lavorare, studiare all’università, viaggiare, visitare i propri cari all’ospedale, fare sport, partecipare ad eventi sportivi o culturali, andare al bar, al ristorante, al cinema, o in discoteca? Stiamo realmente parlando di ‘normalità’?

C’è un altro appello che volete lanciare al vostro Conservatorio o al mondo della cultura in generale?

L’unico appello che lanciamo al mondo della cultura è quello di tornare a promuovere il libero dialogo e un paritario scambio di idee. Siamo convinti che se ciò si verificasse, questa assurda discriminazione che il governo italiano sta portando avanti mediante il Green Pass, cesserebbe in breve tempo.

 
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