Come fanno le famiglie cinesi a spendere se le loro entrate sono in declino?

In questo momento, il consumatore cinese risparmiatore è la persona più importante del mondo, oramai più del consumatore americano, che è oppresso dai debiti e non è nella condizione di spendere. Infatti, a differenza del suo omologo americano, ha difficilmente debiti, piuttosto risparmi in abbondanza. I sostenitori del commercio come la McKinsey e Jack Ma non vorrebbero altro che vedere i consumatori cinesi spendere le loro migliaia di miliardi, tuttavia, il problema è semplicemente che questo non si verificherà molto presto. «Considerata la struttura economica della Cina, il mercato finanziario sottosviluppato e lo stato assistenziale debole, per l’immediato futuro, persisteranno alti livelli di risparmio precauzionale», ha scritto Keyu Jin, professore di economia presso la London School of Economics, in un post per il World Economic Forum.

Al momento, i rialzisti cinesi stanno sollecitando la politica dei due figli, che però, almeno per i prossimi trent’anni, non contribuirà a risolvere il problema. Tuttavia, è proprio la politica del figlio unico a far sì che i lavoratori di mezza età siano prevenuti dallo spendere. «La tradizione confuciana della pietà filiale richiedeva che i figli sostenessero i loro genitori nella loro senilità. Tuttavia, dopo oltre tre decenni di politica del figlio unico, i pensionati non possono ragionevolmente aspettarsi altrettanto sostegno, e inoltre, la Cina manca di un forte sistema pensionistico per risolvere la situazione», ha scritto Jin. Secondo i dati della J.P. Morgan, è assente anche un forte sistema sanitario, e questo è un altro motivo per cui i cinesi hanno messo in banca 8.400 miliardi di euro circa.

Per spendere sono necessarie le entrate, sottolinea Jin, non è una questione di attingere ai propri risparmi in tempo di crisi. Tuttavia, «la quota del Pil costituita dal reddito delle famiglie è in calo – da circa il 70 per cento nel 1990 a circa il 60 per cento nel 2010. Nelle economie sviluppate, la quota rimane a un livello costante dell’80 per cento», ha scritto Jin. Naturalmente, parlando in senso assoluto, le entrate sono aumentate, ma non relativamente al resto dell’economia. E con la maggior parte dei mercati dei capitali deteriorati (quello dei risparmi bancari, quello dei beni immobili e quello azionario), è interessante il fatto che la quota del Pil costituita dal lavoro è scesa al 42 per cento a partire dai primi anni del 2000 fino al 2011, quando il calo si è interrotto. (Negli Stati Uniti, la quota è al 62 per cento).

Tuttavia, Jin sostiene che c’è speranza. Non appena l’attuale moltitudine di cinesi di mezza età, ancora traumatizzata dalla Rivoluzione Culturale, andrà in pensione e i loro figli rivestiranno il ruolo principale, il quadro potrebbe cambiare. «La Cina dovrà essere paziente nel riconoscere che la generazione attuale è semplicemente troppo fissata sul risparmio per fornire quel tipo di aumento dei consumi che è necessario», ha scritto Jin. «Le generazioni più giovani della Cina sono ben consapevoli della qualità della loro vita, dovuta in parte alla loro costante esposizione agli stili di vita dei Paesi avanzati. Come risultato, sono molto più inclini dei loro genitori a spendere per i servizi e i beni non durevoli»… a meno che le loro speranze non siano infrante da una crisi finanziaria ‘made in China’.

Articolo in inglese ‘How Can Chinese Households Spend If Their Incomes Are Declining?

 
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