Cina, la quarantena per Covid-19 come «campi di concentramento»

A causa della politica ‘Zero Covid’ del Partito Comunista Cinese le strutture per la quarantena in Cina sono paragonati a «campi di concentramento». Questa è l’accusa di un uomo d’affari in Tibet.

Dai primi di agosto, il Pcc ha imposto severe misure di isolamento Covid-19 in Tibet.

Xiao Wang (pseudonimo), che lavora a Lhasa, la capitale del Tibet, è un residente della città di Leshan, nella provincia sudoccidentale del Sichuan, che per 25 giorni è stato trattenuto in isolamento presso una struttura improvvisata in Tibet dopo che il suo test Pcr ha dato un risultato negativo e poi positivo: «Non posso fare a meno di piangere dopo aver vissuto l’isolamento. Avrei tante cose da dire, ma non riesco a trovare le parole e sono anche spaventato», ha dichiarato il 9 novembre a Epoch Times edizione cinese.

Zero Covid: un pasticcio

Wang, insieme alla moglie, si è recato per lavoro in Tibet a marzo. Non si aspettava però di rimanere intrappolato nelle misure di blocco del governo. Wang ha criticato tali misure come «un pasticcio».

«L’intera città di Lhasa è un pasticcio», ha spiegato Wang.

Dopo l’avvio del governo ai test di massa per i residenti, a Wang è stato richiesto di sottoporsi regolarmente al tampone.

Ma un giorno, da un singolo test, ha ricevuto due risultati contrastanti.

«La mattina presto era negativo. Poi è risultato positivo, ma i due risultati provenivano dallo stesso campione», ha affermato Wang.

Le autorità hanno quindi deciso di isolarlo in una struttura di quarantena.

«Prima di partire, ho dovuto fare il test dell’antigene. Il risultato del test era negativo, ma mi hanno comunque messo in isolamento», ha continuato Wang.

«Il governo ha detto che ero infetto, ma direi che è solo una sua decisione arbitraria. Decidono a piacimento chi mettere in quarantena».

Durante i 25 giorni di isolamento, dal 16 settembre al 10 ottobre, Wang non ha avuto alcun sintomo di Covid-19 e i risultati della Tac del torace erano normali, secondo quanto racconta.

Il viaggio verso la struttura per la quarantena è stato difficile.

«È a circa 10 miglia di distanza, ma l’autobus per il trasferimento ha impiegato circa otto ore di strada», ha dichiarato Wang.

L’autobus era pieno, con oltre 50 persone ammassate insieme tra giovani e anziani. «Per più di otto ore siamo stati ammassati su quell’autobus. Mi sono sentito senza speranza e con il cuore spezzato», ha continuato Wang.

Il 10 ottobre Wang è stato rilasciato dalla struttura di isolamento e trasferito a casa ma anche in quella occasione il viaggio è stato impegnativo.

«Ho dovuto cambiare cinque autobus per tornare a casa. Un autobus mi ha portato in un posto, sono sceso, ho aspettato per registrare i miei dati, poi ho preso un altro autobus, sono sceso in un altro posto, ho aspettato e mi sono registrato di nuovo, per cinque volte prima di arrivare a casa».

Le strutture sono «campi di concentramento»

Wang ha raccontato di essere stato portato prima in una struttura di isolamento di fortuna allestita nel campus dell’Università di Medicina Tibetana.

«Gli edifici accademici e i dormitori erano pieni di persone isolate e centinaia dormivano insieme. Possono questi luoghi essere chiamati strutture di isolamento improvvisate? Sono campi di concentramento!», ha dichiarato, citando le condizioni povere e inadatte.

In seguito è stato trasferito in un’altra struttura di fortuna che, a suo dire, era identica alla prima.

«Centinaia di migliaia di persone sono isolate in questi ‘siti di isolamento’, il che non ha senso».

Ha affermato di aver ricevuto poche cure mediche mentre erano lì.

«Le persone con una temperatura corporea superiore a 40º non hanno ricevuto alcun trattamento medico. Una ragazza, che era una studentessa, è morta di febbre alta in una di queste strutture», ha dichiarato Wang.

Ha raccontato a Epoch Times che nelle strutture veniva dato loro un letto, ma niente di più. Dovevano sottoporsi a test Pcr ogni mattina e se qualcuno aveva dei sintomi, gli veniva detto di bere l’acqua del rubinetto.

«La medicina che riceviamo è il Lianhuaqingwen [pastiglie o granuli, ndr], ma non vogliamo prenderla».

Il Lianhuaqingwen è una medicina tradizionale cinese che il Pcc sostiene essere efficace per il trattamento Covid-19. Il prodotto non è approvato dalla Commissione Europea né dalla Food and Drug Administration (Fda) statunitense.

Wang è ora tornato nella sua città natale ed è in isolamento presso un centro di fortuna a Leshan, dopodiché tornerà a casa per terminare gli ultimi quattro giorni di quarantena. Ha raccontato di aver potuto lasciare Lhasa solo dopo che in città sono scoppiate le proteste contro le rigide chiusure Zero-Covid.

Voanews ha riferito della protesta il 28 ottobre, descrivendola «rara» a causa del fatto che Lhasa è una città «pesantemente controllata».

Il Pcc ha annunciato l’epidemia in Tibet l’8 agosto e ha bloccato parti di Lhasa e altre due città tibetane il 9 agosto, ordinando test di massa per tutti i residenti nelle tre città. L’11 novembre le autorità locali hanno annunciato un graduale alleggerimento delle restrizioni, che secondo un avviso sul sito ufficiale del governo municipale di Lhasa non significa la «revoca delle restrizioni».

L’avviso dice anche che le persone che non rispettano l’obbligo di indossare mascherine o quelle che non si sottopongono ai test Pcr violano la legge.

Secondo il comitato sanitario del Tibet, a Lhasa sono stati segnalati ufficialmente due casi asintomatici il 12 novembre. Il massimo organismo sanitario regionale ha dichiarato che ci sono due aree ad alto rischio, ma stranamente non ha fatto i nomi delle città interessate.

Ai residenti di queste aree è stato vietato uscire di casa.

Articolo in inglese: China’s COVID-19 Quarantine Facilities Like ‘Concentration Camps:’ ResidentChina

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