L’arresto di Osama Najeem Almasri, l’ex capo della polizia giudiziaria libica, è il segno visibile di un cambiamento ben più profondo, che riguarda i rapporti di forza in Libia, in Africa e nel Mediterraneo. Lo dice al Foglio Marco Minniti, ex ministro dell’Interno del governo Gentiloni e attuale presidente della Fondazione Med-Or, aggiungendo: «Dalla Libia alla Siria, passando per Mali, Somalia e Nigeria, in questo momento si ridisegnano alleanze e sfere d’influenza». È un intreccio forse non immediatamente visibile, «che unisce Russia, Turchia, Stati Uniti e le nuove sfide dell’Africa», afferma Minniti. Ma si tratta, spiega il presidente della Fondazione Med-Or, «di una partita cruciale, che per noi può diventare anche una straordinaria occasione. L’Italia, infatti, è chiamata a una missione storico-politica di stabilizzazione e di equilibrio».
Tornando ad Almasri, Minniti dichiara: «Dopo gli scontri del maggio scorso e l’omicidio del capo milizia a lui legato, il premier Abdulhamid Dabaiba ha rafforzato il suo potere ridimensionando la Rada Force». In questo quadro, continua l’ex ministro dell’Interno, «la Turchia, protettrice di Dabaiba, continua a consolidare la propria presenza. Mantiene basi militari in Tripolitania e ora dialoga con la Cirenaica e Haftar». Con questo obiettivo, secondo Minniti, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, «forte di una crescente legittimazione internazionale, vuole unificare l’intera Libia sotto l’egemonia turca, in una partita all’interno della cosiddetta discordia concors con la Russia, che ha forti interessi in questa zona». Gli interessi del Cremlino a cui fa riferimento Minniti, oltre allo storico legame con Haftar, dipendono da quel che ne sarà della presenza russa in Siria: «Anche di questo si è discusso ieri durante l’incontro alla Casa Bianca fra Trump e Al Jolani, il presidente delle Siria che è riuscito in pochi giorni a fare quello che la comunità internazionale non ha fatto in dieci anni: cacciare Assad. La stabilizzazione di questa area è forse la più grande scommessa dell’occidente negli ultimi anni». «In Siria ci sono due basi russe molto importanti, ma presto potrebbero essere spostate in Cirenaica, tanto più se l’alleanza tra Stati Uniti e Siria si facesse sempre più strutturale, in un’ottica di cooperazione anche militare», prosegue Minniti.
Il presidente di Med-Or ricorda poi come l’Africa rappresenti «l’altro fronte della guerra in Ucraina, quello spesso utilizzato da Putin (il presidente russo) per condurre la sua guerra asimmetrica». A questa dinamica di potere e influenze, si somma poi la questione del terrorismo. Minniti afferma: «Ci sono le crisi di Nigeria e Somalia, minacciate da Boko Haram e Al Shabaab, le tensioni tra Algeria e Marocco per il Sahara Occidentale, e la situazione in Mali, dove i jihadisti hanno circondato la capitale e se cade Bamako avremo un califfato molto vicino all’Europa. L’intera Africa rischia di diventare il principale incubatore del terrorismo mondiale, con ricadute dirette su di noi».
Infine Minniti invita a considerare un ultimo aspetto: «L’Africa è anche il terreno decisivo della competizione economica globale, con la Cina che controlla gran parte delle materie prime critiche, grazie alla sua penetrazione e alla sua influenza. La stessa che ha permesso a Xi (il presidente cinese) di siglare una tregua commerciale con Trump». Così di fronte a questo scenario, Stati Uniti e soprattutto Europa devono cercare nuove alleanze, e strategie, per non perdere definitivamente influenza nel sud del mondo: «Quello che sta accadendo tuttavia, paradossalmente, rappresenta una straordinaria occasione per l’Italia, grazie anche alla capacità di questo governo di dialogare. È accaduto con Trump e l’Ue. Ma pensiamo anche a Israele e Palestina. La visita di Abu Mazen – dice Minniti – non è stata casuale». «Il Piano Mattei è una giusta intuizione. Ora bisogna lavorare affinché diventi anche un grande progetto europeo, di cooperazione e stabilizzazione, per governare lo squilibrio demografico e combattere i trafficanti di esseri umani», conclude Minniti.




