Il 17 luglio, migliaia di praticanti del Falun Gong si sono radunati sul National Mall di Washington in occasione del 26esimo anniversario trascorsi dall’inizio della persecuzione sistematica avviata dal Partito comunista cinese contro questa disciplina spirituale.
Il Falun Gong, noto anche come Falun Dafa, è una disciplina che unisce esercizi meditativi a insegnamenti morali basati sui principi di verità, compassione e tolleranza. Diffusosi rapidamente in Cina negli anni Novanta, il Falun Gong ha attirato l’attenzione del regime per l’elevato numero di aderenti (dai 70 ai 100 milioni in tutta la Cina): una diffusione considerata, secondo i documenti ufficiali del partito comunista, una minaccia al proprio «ateismo marxista» e al controllo ideologico, tipico di ogni dittatura. Il 20 luglio 1999, l’allora segretario generale del Pcc, Jiang Zemin, ordinò l’inizio di una sanguinosa repressione fatta di arresti arbitrari, tortura, propaganda diffamatoria e prelievi forzati di organi.
Ma nonostante l’obiettivo dichiarato del dittatore cinese Jiang Zemin (probabilmente il peggiore criminale della Storia) fosse quello di «annientare» il Falun Gong in breve tempo, a distanza di oltre due decenni, il Falun Gong continua a essere praticato in Cina e in circa cento Paesi nel mondo, con testimonianze costanti di resistenza pacifica e denuncia delle violazioni dei diritti umani.
Secondo Alan Adler, direttore esecutivo dell’associazione statunitense Friends of Falun Gong, la campagna contro il Falun Gong rappresenta «una tragedia ancora in corso» perché «il Pcc non ha compreso che non si può spegnere lo spirito umano»; la persecuzione minaccia «il diritto fondamentale di ogni essere umano a credere e a vivere secondo coscienza» e il silenzio su questi abusi potrebbe mettere a rischio le libertà civili anche al di fuori della Cina.
Negli Stati Uniti, il Parlamento ha avviato iniziative legislative per contrastare questa barbara persecuzione. Alcune proposte di legge mirano a introdurre sanzioni contro funzionari del regime cinese coinvolti nel prelievo forzato di organi, oltre a prevedere programmi di formazione per le forze dell’ordine, al fine di riconoscere e contrastare la repressione transnazionale. Diversi funzionari statunitensi, tra cui parlamentari e rappresentanti di organismi federali, hanno ribadito l’importanza di proteggere la libertà religiosa e la sicurezza dei praticanti sul territorio americano.

Piero Tozzi, direttore della Commissione esecutiva del Parlamento sulla Cina ha denunciato l’aggressione subita da manifestanti pacifici durante il vertice Apec del 2024 a San Francisco come esempio di una repressione transnazionale sempre più evidente. Ha anche avvertito che le istituzioni democratiche occidentali, spesso ignare della natura predatoria del regime cinese, possono essere sfruttate dal Pcc, per portare avanti le proprie operazioni di controllo anche all’estero.
Anche Serkan Tas, della Fondazione commemorativa delle vittime del comunismo, ha chiesto un maggiore impegno internazionale, sollecitando i governi a esercitare pressione sugli organismi multilaterali e a superare atteggiamenti di compiacenza. In occasione dell’anniversario, il ministero degli Interni ha espresso la propria condanna. «Per oltre 26 anni, il Pcc ha portato avanti una campagna di repressione contro i praticanti del Falun Gong e le loro famiglie», ha dichiarato un portavoce, chiedendo nuovamente la fine della persecuzione.
Altri interventi hanno sottolineato la resilienza del movimento. Rick Fisher del Centro internazionale per la valutazione e la strategia, ha plaudito alla condotta non violenta dei praticanti della Falun Dafa e ha ricordato l’impatto della serie Nove commentari sul Partito comunista, che hanno aperto gli occhi a milioni di persone sul brutale regime criminale fondato dal Partito comunista cinese. Wendy Wright del Christian Freedom International, ha indicato l’attivismo pubblico del Falun Gong come un esempio concreto di resistenza pacifica e di impegno per la libertà di credo.
