Centinaia di manifestanti si sono radunati oggi a Bangkok intorno al Monumento alla Vittoria per chiedere le dimissioni della prima ministra della Thailandia, Paetongtarn Shinawatra, al centro delle polemiche per una telefonata privata, trapelata sulla stampa, con l’ex primo ministro della Cambogia Hun Sen. Quella odierna è la più grande manifestazione contro il governo da quando il partito Per i thai (Pheu Thai) è salito al potere, nel 2023. A guidare la protesta è il Potere unito della terra per proteggere la sovranità (Ruam Palang Paendin Pokpong Athipatai). Iniziato questa mattina, il raduno dovrebbe proseguire fino a sera (ore locali). La Polizia metropolitana si aspetta 5.000 persone nel tardo pomeriggio; gli organizzatori ne prevedono il doppio. La premier ha dichiarato di non essere preoccupata per la protesta, che è un diritto delle persone, e di aver dato istruzioni alle autorità di garantire che la manifestazione si svolga in modo pacifico.
La leader del governo thailandese è in difficoltà per la telefonata con Hun Sen, collegata alla crisi in atto tra Thailandia e Cambogia per una disputa territoriale. Durante la conversazione con l’ex primo ministro cambogiano, Paetongtarn aveva esortato l’interlocutore a ignorare le voci più intransigenti sulla disputa di confine provenienti dalla politica e dalle forze armate thailandesi e aveva definito il tenente generale Boonsin Padklang, capo del Comando nordorientale dell’Esercito thailandese, “un avversario”. Nonostante le scuse della prima ministra, il 18 giugno il partito conservatore Orgoglio thai (Bhumjaithai), seconda forza della coalizione di governo con 69 seggi alla Camera dei rappresentanti, ha annunciato la sua uscita, riducendo la maggioranza a 261 seggi, poco al di sopra della soglia dei 251 necessaria a mantenere il controllo della Camera, e la presentazione di una mozione di sfiducia, attesa per il 3 luglio. Il governo ha redistribuito le deleghe lasciate vacanti dalle dimissioni del vicepremier Anutin Charnvirakul e di altri sette ministri del Bhumjaithai e ha annunciato l’intenzione di procedere a un rimpasto.
La contesa tra i due Paesi riguarda diversi tratti del confine, lungo circa 800 chilometri, e ha radici lontane: nel trattato franco-siamese del 1907, in cui il Siam (in seguito Thailandia) cedette i suoi territori della Cambogia interna alla Francia in cambio di Trat e Dan Sai. La Cambogia, divenuta indipendente dalla Francia nel 1953, rivendicando il tempio di Preah Vihear, si rivolse alla Corte internazionale di giustizia nel 1959, che si pronunciò in suo favore nel 1962. Le controversie si attenuarono durante la guerra civile in Cambogia (1979-1998), ma riemersero nel 2008 quando la Cambogia cercò di registrare il tempio come patrimonio mondiale dell’Unesco. Tra il 2008 e il 2011 ci sono stati vari momenti di scontro con vittime da entrambe le parti.
La tensione si è riaccesa dopo lo scontro armato alla frontiera del 28 maggio scorso, in cui è rimasto ucciso un militare cambogiano. Precedentemente si erano verificati incidenti anche nei pressi del tempio di Ta Moan Thom, situato in un’area rivendicata da entrambi i Paesi. Lo scontro è avvenuto nella zona contesa lungo il confine tra la provincia di Preah Vihear in Cambogia e la provincia di Ubon Ratchathani in Thailandia, sulla collina 496. La parte cambogiana ha confermato la morte del sergente Suan Roan, 48 anni, mentre le forze armate thailandesi hanno precisato che non ci sono state vittime tra i loro effettivi. L’Esercito thailandese ha inoltre accusato i cambogiani di aver aperto per primi il fuoco.
Il giorno stesso dello scontro, la prima ministra thailandese Paetongtarn Shinawatra e l’omologo cambogiano, Hun Manet, hanno avuto un colloquio telefonico, nel tentativo di allentare le tensioni. I due leader, tra l’altro, sono figli rispettivamente degli ex primi ministri Thaksin Shinawatra e Hun Sen, noti per il loro stretto rapporto personale. Il 30 maggio, inoltre, i rispettivi ministri degli Esteri, Maris Sangiampongsa e Prak Sokhonn, in un incontro a Tokyo, hanno deciso di attivare tutti i canali diplomatici esistenti. Il 2 giugno, Hun Manet ha annunciato che il governo cambogiano avrebbe presentato un reclamo alla Corte internazionale di giustizia (Cig), di cui la Thailandia però non riconosce la giurisdizione. Il 5 giugno si sono svolti colloqui bilaterali, che non hanno portato risultati concreti. La Thailandia, anzi, ha rafforzato la sua presenza militare al confine. Inoltre, il 7 giugno, la Thailandia ha introdotto la riduzione dei soggiorni per i cittadini cambogiani da 60 giorni a sette e il giorno seguente la Cambogia ha risposto con una limitazione analoga.
Il 9 giugno il portavoce del ministero degli Esteri thailandese, Nikorndej Balankura, ha annunciato che le forze armate della Thailandia e della Cambogia hanno ispezionato congiuntamente la zona di confine contesa e hanno riposizionato le truppe nelle posizioni precedenti, come previsto nel 2024. Anche la Cambogia, attraverso il ministero della Difesa, ha confermato che le parti hanno concordato di modificare le posizioni delle loro truppe lungo il confine per ridurre la tensione ed evitare scontri, precisando che non si tratta di un ritiro. Il 14 giugno, a Phnom Penh, si è riunita la Commissione congiunta per i confini (Jbc), il principale meccanismo bilaterale che si occupa delle questioni tecniche e giuridiche relative al confine condiviso e ha lo scopo di facilitare la ricognizione e la demarcazione dei confini terrestri, ai sensi del memorandum d’intesa del 2000. L’incontro non ha prodotto risultati e il giorno seguente la Cambogia ha comunicato l’invio di una lettera ufficiale alla Cig. Il 17 giugno, inoltre, la Cambogia ha bloccato le importazioni di frutta e verdura thailandesi.