Papa Leone XIV lascia intendere la possibilità di mutamento nell’accordo del Vaticano con la Cina, dichiarando di prestare ascolto ai cattolici perseguitati nel Paese asiatico. In un’intervista concessa alla Testata cattolica in lingua spagnola Crux, il pontefice ha affermato di essere in «dialogo costante con numerose persone, cinesi, su entrambi i fronti di alcune questioni». Non ha annunciato variazioni, attenendosi alla linea dei suoi predecessori, ma ha precisato che si sono tenuti diversi colloqui ad alto livello sulla Cina.
«Sto cercando di acquisire una comprensione più chiara di come la Chiesa possa proseguire la sua missione, rispettando sia la cultura sia le questioni politiche che hanno ovviamente grande rilevanza, ma anche rispettando un nutrito gruppo di cattolici cinesi che per molti anni hanno vissuto una sorta di oppressione o difficoltà nel professare liberamente la loro fede» ha dichiarato il papa, che ha poi aggiunto: «È una situazione molto complessa».
Di recente, il papa ha espresso altre posizioni sulla Cina, tra cui l’annuncio di una nuova diocesi a Zhangjiakou, in Cina, e la consacrazione del suo primo vescovo, il reverendo Giuseppe Wang Zhengui. La persecuzione del Partito contro i cattolici inizia nel 1955, con l’arresto del vescovo cattolico romano di Shanghai, monsignor Ignazio Kung Pin-mei, che si era rifiutato di rinnegare l’autorità papale, pagando la propria fedeltà al cattolicesimo con 30 anni di carcere.
Sotto il papato di Beroglio, il Vaticano aveva siglato un accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi; i dettagli non sono stati resi pubblici, ma l’accordo aveva suscitato diffusa preoccupazione, considerato che il Partito comunista cinese è noto per perseguitare ferocemente i cristiani (e i praticanti di qualunque altra religione).
Nell’ottobre 2024, il Vaticano e la Cina hanno rinnovato l’accordo, che la Chiesa ha indicato come necessario per colmare numerosi seggi episcopali vacanti in Cina. Nello stesso mese, il Center for religious freedom presso l’Hudson institute ha pubblicato un rapporto che rilevava un «intensificarsi» delle persecuzioni ai danni dei cattolici proprio dal 2018, concentrandosi sulla persecuzione di 10 vescovi cattolici, alcuni ingiustamente incarcerati, altri fatti sparire dagli emissari del Parito. Il rapporto afferma che il Pcc prende di mira i sacerdoti «che resistono al controllo del Partito comunista cinese sulle questioni religiose». I vescovi perseguitati si erano opposti all’adesione all’Associazione cattolica patriottica cinese, che avrebbe richiesto loro di giurare indipendenza dalla Santa Sede (ossia fedeltà al Partito) e di basare le omelie sul «pensiero di Xi Jinping», sottoponendosi alla supervisione del potere del regime. L’equivalente di una bestemmia, per un vero fedele.
Secondo il rapporto, la dittatura comunista cinese ha esercitato pressioni sui vescovi cattolici cinesi affinché aderissero all’Associazione patriottica cattolica cinese immediatamente dopo l’accordo del 2018 concluso dal papato di Bergoglio. Nel 2019, il Vaticano ha emanato linee guida che consentivano l’adesione con «obiezione di coscienza» all’Associazione, ma l’accordo stesso non prevede la possibilità di un’obiezione di coscienza. Gli “obiettori” all’Associazione patriottica cattolica cinese hanno quindi formato una sorta di cattolicesimo clandestino. La nuova politica del regime con i cattolici in Cina, ricalca quella applicata al buddismo o al taoismo: non categorica proibizione, ma svuotamento dello spirito e dei rituali religiosi e piena sottomissione al Partito comunista. In Cina, lo Stato richiede infatti che le religioni “riconosciute” aderiscano a organizzazioni del Partito che ne limitano l’autonomia e le rendono uno strumento di controllo, mentre i riti e le pratiche vengono tollerati solo se finalizzati a rafforzare la fedeltà al Partito. Il modello di controllo si basa su un sistema di associazioni religiose, che sono di fatto organi di controllo sui credenti e sulle gerarchie religiose.
In questo scenario, ora il Vaticano si trova in seria difficoltà: senza questi cattolici – fedeli al Pcc invece che Roma – la Chiesa «affronta una sfida senza precedenti nella formazione della prossima generazione di vescovi cinesi» dice anche il rapporto del Center for religious freedom, mentre «la Santa Sede sta facendo corsa contro il tempo per rafforzare i rapporti con i vescovi aderenti all’Associazione patriottica cattolica cinese, prima che l’episcopato cinese diventi del tutto indistinguibile dal resto del Dipartimento del lavoro del fronte unito», trasformando la presenza della Chiesa cattolica in Cina in una mera emanazione del Partito.