Negli ultimi sei mesi, molti analisti avevano previsto un imminente crollo dell’economia statunitense, attribuendo la responsabilità all’inflazione persistente, ai tassi d’interesse elevati e al crescente debito pubblico. Ma i dati raccontano un’altra storia: l’economia Usa si conferma solida, il controllo fiscale è efficace e le aspettative d’inflazione stanno migliorando.
All’inizio del 2025, le prospettive apparivano fosche. Nel primo trimestre il prodotto interno lordo era sceso dello 0,5%, una contrazione dovuta principalmente al calo della spesa pubblica e all’aumento delle importazioni. Nonostante questo, il settore privato ha mostrato una sorprendente resilienza. A metà anno, il quadro è cambiato. I principali modelli economici hanno rivisto al rialzo le stime di crescita. Trading Economics ha indicato per il secondo trimestre un aumento del Pil del 3,5%, smentendo il pessimismo iniziale, mentre il modello previsionale GDPNow della Federal Reserve di Atlanta ha stimato una crescita del 2,6%, secondo i dati del 9 luglio. Anche le previsioni di consenso sono passate dall’1,3% al 2,1%, mentre le aspettative di inflazione si sono ridotte. Questo cambiamento è stato favorito dalla solidità della spesa delle famiglie, con salari cresciuti più dell’inflazione, da un aumento degli investimenti fissi del 7,6% nei primi mesi del 2025 — il ritmo più sostenuto dal 2023 — e da un’accelerazione delle importazioni anticipate dalle imprese in vista di nuovi dazi, che ha stimolato l’attività economica. Le revisioni successive hanno mostrato esportazioni in aumento e importazioni tornate alla normalità. Questi dati hanno spiazzato molti osservatori, costringendoli a riconsiderare le loro previsioni pessimistiche.
Anche sul fronte dell’inflazione gli analisti si sono sbagliati. Dopo anni di forti pressioni sui prezzi, si attendevano aspettative inflazionistiche ostinatamente elevate. E invece i dati più recenti mostrano un netto calo: l’inflazione al consumo è diminuita su base mensile, trimestrale e semestrale. A giugno 2025, le aspettative d’inflazione a un anno sono scese al 3%, rispetto al 3,2% di maggio, il livello più basso in cinque mesi, mentre quelle a tre e cinque anni si sono attestate rispettivamente al 3% e al 2,6%. I costi energetici sono crollati, con i prezzi della benzina in calo del 12% su base annua a maggio e quelli del gasolio diminuiti dell’8,6%. Anche l’inflazione legata all’abitazione — componente cruciale dell’indice dei prezzi al consumo — si è attenuata, passando dal 4% di aprile al 3,9% di maggio. Gli aumenti mensili dei prezzi sono stati contenuti: l’indice dei prezzi al consumo è cresciuto dello 0,1% a maggio e le previsioni per giugno indicano un incremento dello 0,23%, mantenendo l’inflazione al livello più basso degli ultimi cinque anni, con un tasso annualizzato dell’1,7% secondo Truflation. Questo calo riflette la solidità della filiera produttiva Usa, la diminuzione dei costi abitativi e il ribasso dei prezzi alimentari.
Ma la sorpresa più clamorosa è arrivata a giugno, quando il governo federale ha registrato un surplus di bilancio superiore a 27 miliardi di dollari, il primo dal 2017, contro attese di consenso che prevedevano un deficit di oltre 40 miliardi. Questo risultato è stato reso possibile da una drastica riduzione della spesa pubblica, scesa di 187 miliardi grazie a misure di contenimento dei costi e a una diminuzione del personale statale, e da un’impennata dei dazi doganali, saliti a 27 miliardi di dollari a giugno rispetto ai 23 miliardi di maggio, quadruplicando i livelli dell’anno precedente. Le entrate sono cresciute del 13% rispetto a giugno 2024, mentre le uscite sono diminuite del 7%.
Il miglioramento fiscale si deve anche al taglio della spesa discrezionale non legata alla difesa. La proposta di bilancio per il 2026 del presidente Donald Trump ha ridotto queste uscite di 163 miliardi, pari al 23% rispetto all’anno precedente, riportandole ai livelli più bassi dal 2017. Sebbene il deficit federale resti elevato, superando i 1.340 miliardi di dollari nell’anno in corso, si tratta in gran parte di un’eredità della precedente amministrazione e dovrebbe ridursi significativamente entro fine anno. Il deficit più contenuto di maggio — unito ai surplus di aprile e giugno e ai tagli alla spesa — ha offerto margini di manovra positivi, smentendo le accuse di irresponsabilità fiscale.
Gli eventi del 2025 offrono una lezione di umiltà e rivelano i limiti delle previsioni economiche keynesiane e dell’analisi ceteris paribus (a parità di condizioni). Nonostante sfide come il debito a lungo termine e il costo degli interessi, l’economia americana si è dimostrata più dinamica e adattabile del previsto, con un’amministrazione attenta alla disciplina fiscale. La crescita economica in ripresa, l’inflazione in calo, il controllo del bilancio e i tagli mirati alla spesa confermano che le previsioni allarmistiche di inizio anno erano influenzate da motivazioni ideologiche. La cautela resta fondamentale nell’approcciare le previsioni economiche: i modelli keynesiani tendono a sovrastimare crescita e inflazione in caso di aumento della spesa pubblica e a prevedere scenari cupi quando questa diminuisce. L’economia americana si conferma più forte delle attese, con un settore privato destinato a espandersi rapidamente grazie agli sgravi fiscali e alla deregolamentazione, che alleggeriscono i vincoli su investimenti e occupazione.
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