L’ambivalenza della Nato nei confronti della Russia

di Giovanni Donato
28 Giugno 2025 17:02 Aggiornato: 29 Giugno 2025 19:38

Secondo Donald Trump, Vladimir Putin starebbe cercando una via d’uscita dalla guerra in Ucraina. Secondo il segretario generale della Nato Mark Rutte, invece, Putin avrebbe “appena cominciato”. Durante il vertice Nato, Rutte ha dichiarato che, senza investimenti nella difesa, la Russia potrebbe attaccare un Paese dell’Alleanza Atlantica entro tre anni.

Il vertice Nato di quest’anno è considerato un successo. Spagna a parte, dopo alcuni mesi di riluttanza – in cui in Europa si diceva che fosse del tutto impossibile spendere in difesa il 5% del Pil – all’Aja tutti hanno accolto la richiesta americana di aumentare la spesa per la difesa proprio al 5%. D’altronde, al di là delle lagnanze di rito (tipicamente europee), ormai è obiettivamente ovvio come gli Stati Uniti non possano più permettersi di garantire la difesa delle nazioni europee – che di difendersi da sé, attualmente, non sono affatto in grado – perché gli americani devono concentrarsi sul vero problema dell’umanità: la dittatura comunista cinese. D’altronde, il Pcc da un momento all’altro potrebbe invadere Taiwan e iniziare a trattare il Mar Cinese Meridionale come acque territoriali proprie, scatenando la reazione innanzitutto del Giappone (che, non a caso, da anni ha iniziato a riarmarsi pesantemente). Da lì in poi sarebbe praticamente la Terza Guerra Mondiale.

Ma l’ultimo summit Nato ha evidenziato una divergenza tra Stati Uniti ed Europa proprio sulle ambizioni militari del più importante alleato del regime cinese: la Russia. Trump ha ammesso che sia «possibile» che il leader russo abbia ambizioni territoriali oltre l’Ucraina, ma ha insistito sul fatto che Putin «vuole chiudere» la guerra perché è stata «un completo disastro», evidenziando inoltre come Putin sia indebolito da pesanti perdite di uomini e mezzi. Insomma, per Trump Putin è alla canna del gas e non chiede di meglio che chiudere la guerra. Il ministro degli Esteri americano Marco Rubio, in un’intervista rilasciata a Politico, ha condiviso la visione di Trump, spiegando che l’America sta evitando nuove sanzioni contro Mosca per mantenere aperti i canali di dialogo: «Se facessimo ciò che tutti qui vogliono, cioè schiacciare Mosca con altre sanzioni, perderemmo definitivamente la possibilità di parlare di un cessate il fuoco».

Questo mentre l’Ue approvava nuove sanzioni alla Russia. Il messaggio di altri, al vertice Nato, è stato infatti molto diverso: un alto funzionario Nato, citato da Reuters, ha dichiarato che Putin non sarebbe interessato a un cessate il fuoco né a negoziati in buona fede: «Indipendentemente dalle dinamiche sul campo, noi non crediamo che la Russia voglia trattare» ha affermato, sottolineando come Putin non si limiti a voler controllare dei territori, ma intenda imporre la propria volontà politica agli Stati vicini.

In ogni caso, come Marco Rubio ha sottolineato in un’intervista a Fox News di qualche mese fa, nessuno a Washington crede che Putin sia né “buono” né affidabile, tutt’altro. E d’altronde, se Trump credesse che la Russia non sia un pericolo per l’Europa, non avrebbe mai insistito tanto per far sì che gli Stati europei iniziassero a imparare a difendersi da soli. Insomma, temere che Putin possa attaccare qualche altro Stato europeo – per quanto possano essere ormai “malandate” (ammesso che lo siano davvero) le forze armate russe – è semplice prudenza e buon senso.
E la posizione americana di limitazione nei confronti del Cremlino è semplicemente dovuta all’ovvia necessità di mantenere un canale di dialogo aperto per cercare di chiudere un fronte di combattimento; ove, invece, a Bruxelles pare che questa necessità di dialogo col Cremlino sia meno sentita.

 

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