Germania e Croazia hanno ripristinato il servizio militare, e il pericolo russo spingerà altre nazioni a reintrodurre una qualche tipologia di leva obbligatoria.
Il governo tedesco ha approvato il 27 agosto il nuovo sistema di servizio militare volontario per incrementare gli effettivi delle forze armate. Solo sette Stati membri Nato applicano attualmente la coscrizione (per i soli uomini): Grecia, Norvegia, Danimarca, Finlandia, Estonia e Lettonia. La Croazia la sta reintroducendo diciassette anni dopo la sua sospensione. La Svezia ha in essere “l’obbligo di difesa totale”, mentre due Paesi europei non Nato, Austria e Cipro, prevedono anch’essi una forma di servizio nazionale.
Nel maggio 2024 l’allora primo ministro britannico Rishi Sunak aveva proposto di reintrodurre il servizio militare, e si discute anche in Italia, Francia, Polonia e Portogallo della sua reintroduzione. Difficilmente si tornerà – perlomeno a breve – ai tempi in cui ogni diciottenne riceveva la “cartolina” di convocazione per l’arruolamento obbligatorio. In ogni caso, secondo l’esperto di difesa tedesco Torsten Schmidt è solo questione di tempo prima che la Germania reintroduca la leva obbligatoria, e probabilmente sarà seguita da Francia, Gran Bretagna e diverse altre nazioni europee, considerato che la minaccia russa non mostra segni di attenuazione (tutt’altro).
Tuttavia, ha osservato l’analista, la demografia non gioca a favore dei governi europei, con una media di 1,38 nati vivi per donna nell’Unione europea nel 2023. I tassi di fertilità sono crollati drasticamente in tutta Europa. In Italia, sono scesi dal 2,4 del 1960 all’1,21 del 2023.
Secondo l’esperto, «il numero di uomini nella fascia d’età tra i 18 e i 35 anni – l’età ottimale per il reclutamento – è previsto in calo nella maggior parte dei Paesi europei nei prossimi vent’anni, in gran parte a causa del declino dei tassi di fertilità». E «minore è il gruppo di persone da cui scegliere, più difficile diventa attrarre individui, perché hanno tante alternative di carriera più redditizie e meno rischiose». E lo stesso vale in tutta l’Europa occidentale: la popolazione invecchia e fare il militare “non paga” abbastanza.
Tranne che nei Paesi scandinavi, dove il militare è così popolare che «hanno effettivamente più persone che vogliono fare il servizio militare di quanti posti disponibili abbiano, quindi lo usano come una sorta di filtro per chi vuole entrare nelle forze armate in servizio permanente effettivo». In Svezia, in base alla politica dell’obbligo di difesa totale, sia gli uomini che le donne sono arruolati nel sistema di “difesa totale”, e sono obbligati al servizio in caso di guerra o minaccia di guerra dai 16 anni ai 70 anni. Ma si può scegliere anche il servizio civile: vigile del fuoco, o sanitario o altre attività che possa rendersi necessario “coprire” in caso la Svezia entri guerra. Quest’ultima alternativa spesso implica acquisire una competenza, come cucinare, costruire o guidare un camion. Fra l’altro – e qui si comprende quale potrebbe essere la (facile) soluzione a un eventuale problema di reclutamento – nei Paesi scandinavi il servizio militare è molto prestigioso e apre le porte a carriere prestigiose e a preziosi contatti nel settore pubblico.
Per inciso, la Russia col servizio militare aveva enormi problemi già prima di iniziare la guerra contro l’Ucraina: i giovani russi facevano di tutto pur di non farsi risucchiare dalla leva obbligatoria, perché una volta tornati a casa diventava quasi impossibile trovare un lavoro: avere fatto il militare era come una stigma indelebile (e questo fa immaginare che tipo di ambiente siano le forze armate russe). Oggi, l’esercito russo è talmente alla canna del gas che è costretto ad arruolare con la forza i criminali condannati, facendoli uscire dalle carceri per mandarli a combattere in Ucraina dopo un addestramento sbrigativo e condonando in parte o del tutto le pene, pur di motivarli in qualche modo a combattere (nella speranza che, una volta al fronte, non disertino per tornare alla carriera criminale).
Venendo a noi, la possibilità di una reintroduzione del servizio militare obbligatorio in Italia è al centro di un acceso dibattito politico, benché al momento appaia improbabile. Il tema è stato riportato con forza alla ribalta dalla Lega di Matteo Salvini, che ha depositato una proposta di legge per introdurre un servizio militare o civile di sei mesi per i giovani tra i 18 e i 26 anni. Secondo Salvini, si avrebbe anche il vantaggio collaterale di «una forma di educazione civica al servizio della comunità» da svolgersi su base regionale e esclusivamente in Italia. Ma la proposta si sta scontrando con la ferma opposizione del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha più volte ribadito la sua contrarietà, definendo l’ipotesi «una follia» e sottolineando come le Forze Armate moderne necessitino di professionisti altamente specializzati e non di coscritti da educare. La gran parte degli uomini italiani che, a suo tempo, hanno prestato il servizio militare (specie nell’esercito) sa che la verità sta nel mezzo.
Da un certo punto di vista ha ragione Salvini: la leva obbligatoria – specie per i giovani viziati degli anni 80, 90 e primi 2000 – normalmente era un’esperienza di vita tanto “traumatica” quanto formativa, che spesso cambiava radicalmente (e in meglio) il modo di intendere i rapporti umani e le difficoltà della vita a cui si affacciava.
Dall’altro, durante il vecchio servizio militare italiano per lo più si “faceva la muffa” (così si diceva nel gergo della caserma): per quasi tutto il tempo si faceva poco o nulla, fra l’altro pagati l’equivalente di circa 200 euro al mese. Non si sparava mai e si facevano pochissime esercitazioni. Si passava il tempo a fare pulizie e fare lavori di bassa manovalanza (oppure a fare “inutili” turni guardia). In questo senso, quindi, ha senz’altro ragione anche Crosetto: il periodo di leva, se reintrodotto, dovrebbe essere un servizio militare serio (e equamente remunerato) in cui davvero si imparasse a ricoprire uno specifico incarico nelle forze armate, oltre che a usare le armi e a combattere.
Nel nostro Paese il servizio militare obbligatorio è stato sospeso dal primo gennaio 2005: tecnicamente, quindi, non è “abolito” perché l’articolo 52 della Costituzione italiana stabilisce che «la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino» e che «il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge». Tradotto: una sua reintroduzione non richiederebbe una complessa modifica costituzionale ma solo una legge ordinaria votata a maggioranza semplice.
Ma al di là delle analisi degli esperti e del dibattito politico del momento, in Italia non esiste il minimo problema di arruolamento in senso stretto. Perché in Italia secondo i dati ufficiali gli aspiranti militari sono enormemente maggiori rispetto ai posti disponibili, sia nell’esercito, che in marina che in aeronautica.
Nell’esercito, per esempio, il rapporto medio annuo domande/posti disponibili varia da 8 a 15 a 1 per i volontari in ferma iniziale (in numeri: 42 mila domande per 6.500 posti all’anno); e il rapporto è ancora più alto per chi vuol diventare ufficiale: le domande per l’Accademia di Modena arrivano a essere 42 per ogni posto disponibile. I giovani italiani, quindi, non hanno nessun bisogno di venire convinti dallo Stato a diventare militari. La questione, semmai, è un’altra: nelle nostre forze armate, ogni anno si registrano dai 2 ai 3 mila posti non coperti per il mancato superamento di idoneità psichica e/o fisica al servizio. Ma questo è tutto un altro problema.