La Coalizione torna da Trump per decidere cosa fare con la Russia

di Artemio Romano
8 Settembre 2025 9:22 Aggiornato: 8 Settembre 2025 19:47

I capi di Stato e di governo europei torneranno negli Stati Uniti per discutere con Donald Trump come procedere nei confronti della guerra in Ucraina. Lo ha annunciato ieri il presidente degli Stati Uniti parlando ai giornalisti alla base militare di Andrews. Trump non ha fornito dettagli su chi parteciperà, ma ha lasciato intendere che gli incontri si terranno tra oggi e domani, 8 e 9 settembre. Trump ha ribadito la sua totale insoddisfazione per l’escalation della guerra, causata dalla Russia avvenuta proprio in corrispondenza delle trattative di pace, sottolineando che Russia e Ucraina stanno subendo  la perdita di migliaia di vite umane ogni settimana: «è un orribile spreco di vite umane» ha commentato il presidente americano.
Nonostante il “fallimento personale” di non essere riuscito a mettere fine al conflitto in «24 ore» (Trump ha ammesso l’errore di valutazione dicendo che aveva pensato che quello dell’Europa orientale sarebbe stato il conflitto «più facile da risolvere di tutti») il presidente degli Stati Uniti ha ribadito di credere ancora di essere in grado di fermarlo. Il punto è come, visto che ogni dialogo con Putin non sembra portare mai a nulla di concreto, e che ogni esternazione del Cremlino dimostra più ostilità che volontà di mettere fine a questa carneficina.
Donald Trump ha detto e ribadito, in più occasioni negli ultimi giorni, di essere pronto a imporre ulteriori sanzioni contro la Russia, ma senza dare alcun dettaglio. Il ministro del Tesoro Scott Bessent ha confermato a Nbc News il 7 settembre che gli Stati Uniti sono pronti a imporre ulteriore pressione sulla Russia, ma ha aggiunto: «abbiamo bisogno che i nostri partner europei ci seguano» “garantendo” però che «se gli Stati Uniti e l’Unione Europea intervengono con più sanzioni, dazi secondari sui Paesi che acquistano petrolio russo, l’economia russa collasserà completamente, e questo porterà Putin al tavolo delle trattative». Donald Trump ha già pesantemente aumentato i dazi sull’India, proprio in rappresaglia per l’acquisto di petrolio russo, portandoli al 50 per cento.

Sul fronte bellico, il conflitto diventa ogni giorno più sanguinoso, come appunto ha denunciato il presidente americano. Nella notte del 7 settembre, la Russia ha lanciato oltre ottocento droni e missili sull’Ucraina, in quello che è considerato l’attacco aereo più massiccio in tre anni e mezzo di guerra. E va sottolineato come questa guerra non sia combattuta solo al fronte, per le “regioni contese” del Donbass (che la Russia rivendica come “proprie”): Mosca continua incessantemente a colpire obiettivi civili in territorio ucraino, Kiev inclusa, uccidendo ogni giorno decine e decine di civili ucraini inermi, di solito nel cuore della notte mentre dormono nelle loro case. E anche chi fortunatamente non viene ucciso dai droni russi vive nell’inferno, sapendo che ogni attimo della sua vita (o della vita dei suoi familiari) potrebbe essere l’ultimo.
Volodymyr Zelensky è tornato a chiedere ieri, per l’ennesima volta, alla comunità internazionale di imporre ulteriori sanzioni contro la Russia («pesanti dazi e altre restrizioni commerciali»), per costringere con la forza il Cremlino a fermarsi mettendo completamente in ginocchio l’economia russa. Questa fase della guerra, ha poi osservato il presidente ucraino «è un chiaro segnale che Putin stia mettendo alla prova il mondo».


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