Il vero obiettivo di Israele è un cambio di regime a Teheran

di Artemio Romano
14 Giugno 2025 13:06 Aggiornato: 4 Luglio 2025 14:27

L’attacco a sorpresa condotto da Israele contro l’Iran sembra andare oltre l’obiettivo immediato di bloccarne il programma nucleare. La scelta dei bersagli e le dichiarazioni dei vertici israeliani suggeriscono la vera intenzione sia di minare la stabilità del regime teocratico e favorirne il rovesciamento. Insomma: dare una spallata a un regime già molto indebolito.

Nel corso della notte di venerdì, sono stati colpiti non solo impianti nucleari e fabbriche di missili, ma anche e soprattutto i vertici delle forze armate e diversi scienziati che lavoravano al programma nucleare. Secondo gli analisti, gli attacchi puntano a indebolire la credibilità interna ed esterna dell’Iran. «Il numero contenuto di vittime civili nelle prime fasi dell’attacco indica un obiettivo strategico» ha detto a Reuters Michael Singh, ex funzionario dell’amministrazione Bush, che, come altri analisti, ipotizza un tentativo di spingere la popolazione iraniana alla rivolta contro la dittatura dell’ayatollah.

Poche ore dopo l’inizio dei bombardamenti contro siti nucleari e sistemi di difesa aerea, il primo ministro israeliano Netanyahu si è rivolto direttamente ai cittadini iraniani in un messaggio video, accusando il regime islamico di opprimere il popolo da quasi mezzo secolo e di rappresentare una minaccia all’esistenza di Israele. Se da un lato Netanyahu ha ribadito che l’obiettivo principale è neutralizzare la minaccia nucleare e missilistica, dall’altro ha affermato che tali azioni aprono la strada alla libertà del popolo iraniano, verso cui il primo Ministro israeliano ha espresso parole di solidarietà e amicizia e, definendo il regime «mai così vulnerabile», ha invitato gli iraniani a farsi sentire. Ma nonostante i danni inflitti, la possibilità che l’azione israeliana mobiliti un largo sostegno interno per rovesciare un regime che sta al potere da mezzo secolo (e sostenuto da apparati di sicurezza fedeli) resta incerta, perché per ora non è chiaro come possa emergere un’opposizione di stampo democratico che sia abbastanza forte e coesa nel rifiutare il regime.
E Washington, pur avendo approvato gli attacchi e assistito Israele nella difesa dalla rappresaglia missilistica iraniana, non ha esplicitamente promosso l’ipotesi di un cambio di regime in Iran.

L’operazione militare di Israele è stata definita “di lungo periodo”. Gli esperti ritengono che si concentrerà sul rallentamento del programma nucleare, pur riconoscendo che Israele non ha la capacità di distruggerlo completamente. Teheran continua a sostenere che il programma abbia fini civili, ma l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha recentemente registrato violazioni degli obblighi previsti dal trattato di non proliferazione. Le prime operazioni hanno eliminato varie figure chiave dell’apparato militare e scientifico, distrutto ampie porzioni della difesa aerea e danneggiato un impianto di arricchimento in superficie. Ma la completa distruzione del programma nucleare iraniano resta un lavoro difficile: i siti sono distribuiti in diverse aree fortificate e difficili da neutralizzare, e il governo israeliano ammette che una singola azione militare non sia sufficiente a eliminare del tutto il problema: «Non esiste un modo per distruggere un programma nucleare con mezzi militari», ha dichiarato a Reuters Tzachi Hanegbi, consigliere per la sicurezza nazionale israeliano, a Channel 13. Ma una pressione militare costante potrebbe portare a un’intesa con gli Stati Uniti per contenere le ambizioni iraniane.

Il rallentamento del programma nucleare rappresenta comunque un risultato strategico, ma l’eliminazione dei vertici delle forze armate iraniane fa pensare a un intento ulteriore: indebolire l’apparato di sicurezza e accrescere l’instabilità interna, anche nell’ottica di evitare una guerra vera e propria: Israele, va ricordato, è una potenza nucleare, per cui avrebbe avuto la capacità di annientare direttamente l’Iran al primo attacco. Ma il punto qui è proprio mantenere lo scontro al livello di “operazioni” militari circoscritte e blitz, proprio evitare un conflitto totale i cui esiti sarebbero imprevedibili (o forse molto prevedibili).

 

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