Il Giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Ragusa Eleonora Schininnà, ha rinviato a giudizio tutti gli imputati del caso Mare Jonio. I sei membri dell’equipaggio sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Il caso riguarda un’operazione condotta nel 2020 dalla nave Mare Jonio, gestita dall’Ong Mediterranea, che aveva tratto in salvo 27 migranti precedentemente soccorsi da una grande petroliera nel Mar Mediterraneo, per poi condurli in Italia. Tra gli imputati figurano un medico, il comandante della Mare Jonio e Luca Casarini, cofondatore dell’organizzazione e noto attivista di sinistra. Tutti respingono le accuse.
«Si tratta del primo rinvio a giudizio di questo tipo» ha dichiarato l’avvocato Serena Romano all’agenzia Reuters, «in precedenza, tutti i procedimenti contro gli equipaggi delle Ong sono stati archiviati durante le indagini o nelle fasi preliminari».
Il procedimento di Ragusa arriva mentre il governo Meloni continua a lavorare per ridurre i flussi migratori verso il nostro Paese attraverso il Mediterraneo. I sei imputati, cinque uomini e una donna, sono accusati di aver favorito l’immigrazione irregolare per aver accettato di prendere a bordo il gruppo di migranti, rimasto bloccato per oltre un mese sulla petroliera danese Maersk Etienne. All’epoca, secondo quanto riferito da Maersk Tankers, gestore della nave, né le autorità maltesi, né quelle italiane o libiche avevano autorizzato la petroliera a far sbarcare i migranti. La Mare Jonio li aveva poi trasferiti in Sicilia.
Secondo Ansa, i pubblici ministeri sostengono che il salvataggio sarebbe stato motivato da interessi economici, citando un pagamento di 125 mila euro versato da Maersk a Idra Social Shipping, proprietaria della Mare Jonio. Mediterranea smentisce, definendo la somma una «donazione trasparente» a sostegno delle attività di soccorso.