Gli Stati Uniti e la Coalizione dei Volenterosi europei hanno avanzato diverse proposte di “garanzie di sicurezza” per l’Ucraina, da realizzare se mai si dovesse arrivare a un trattato di pace fra Kiev e Mosca. Ma non si sono ancora accordati su quale forma queste garanzie potrebbero assumere. Ma basandosi sulle più recenti dichiarazioni, si può ragionevolmente ipotizzare che potrebbero assumere diverse forme.
La prima: una forza di interposizione composta da militari europei. Alcuni Paesi europei hanno dichiarato che, se la Russia annetterà le quattro regioni del Donbass che chiede per fermare la guerra, sono pronti a inviare truppe in Ucraina per proteggere il nuovo confine orientale ucraino. Emmanuel Macron e il britannico Keir Starmer sono entrambi più che favorevoli al dispiegamento di truppe, nell’ambito della nutrita “Coalizione dei Volenterosi” europea. Anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha espresso la volontà della Germania di inviare le proprie truppe in missione di peacekeeping. In merito, il capo dell’Associazione delle forze armate tedesche, ha detto a Reuters che i membri più grandi della Coalizione (Francia, Germania e Regno Unito) dovrebbero ciascuno impegnare almeno diecimila soldati in Ucraina (non è chiaro se questo numero si riferisca al totale dei soldati mobilitati su vari turni – visto che sarebbe una missione della durata di diversi anni – o se indichi invece il totale degli effettivi che dovrebbero essere operativi sul campo in ogni momento). Diversi membri minori della Coalizione – tra cui Belgio, Estonia e Lituania – hanno pure dichiarato di essere disposti a contribuire con le proprie truppe.
Donald Trump ha escluso del tutto l’idea di inviare soldati statunitensi in Ucraina, ma è possibile che gli Stati Uniti intervengano nel ruolo di comando della missione.
Ma sebbene Trump abbia escluso il dispiegamento di truppe statunitensi sul suolo ucraino, ha anche fatto capire che potrebbe fornire a Kiev una qualche forma di supporto aereo. Sebbene i dettagli restino ancora non chiariti, tale sostegno potrebbe consistere in un aumento delle forniture di sistemi di difesa aerea statunitensi a Kiev (missili Patriot?) o in caccia statunitensi che impongano il rispetto di una zona di interdizione al volo sul territorio ucraino. Il che potrebbe implicare il posizionamento di velivoli militari statunitensi in basi di Paesi Nato confinanti con l’Ucraina, come Polonia o Romania. Il 20 agosto, il quotidiano britannico The Times ha scritto che gli alleati europei di Kiev stanno esortando gli Stati Uniti a dispiegare caccia F-35 in Romania, dove è in costruzione la più grande base aerea Nato del continente.
Per ora si tratta comunque di mere speculazioni accademiche, data la ferma opposizione di Mosca a uno scenario simile: il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il dispiegamento di truppe occidentali nell’Ucraina post-conflitto è «assolutamente inaccettabile per la Russia»; come dire: “se mandate i vostri soldati, noi vi consideriamo nazioni co-belligeranti”, il che potrebbe esporre Berlino, Parigi e Londra ad attacchi simili a quelli che subisce da anni Kiev.
La seconda possibilità di “garanzia di sicurezza” è l’entrata dell’Ucraina nella Nato. Per la maggior parte dei componenti della Coalizione dei Volenterosi, l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica rappresenterebbe la garanzia definitiva per la sicurezza di fronte a future aggressioni russe. Ma anche questo scenario appare sempre più improbabile: Keith Kellogg, inviato speciale di Trump per l’Ucraina, ha già affermato lo scorso aprile che l’adesione ucraina alla Nato è «fuori discussione». E Trump stesso ha più volte dichiarato che il sostegno statunitense (negli anni di Biden) all’adesione dell’Ucraina alla Nato è stata una delle cause del conflitto in corso. E il motivo per cui l’Ucraina non può entrare nel Patto Atlantico è molto semplice: se entrasse nella Nato, l’articolo 5 dello statuto obbligherebbe i trentadue membri dell’alleanza a difendere Kiev in automatico, in caso di nuovo attacco russo; un’eventualità che evidentemente l’amministrazione Trump considera molto probabile. E che praticamente darebbe inizio alla Terza guerra mondiale.
In alternativa a una “piena” adesione alla Nato, alcuni hanno proposto una sorta di escamotage: concedere all’Ucraina garanzie «simili» all’articolo 5. Il 17 agosto, Steve Witkoff, inviato speciale di Trump in Medio Oriente, ha detto che Putin ha accettato di consentire agli alleati di Kiev di fornire tale protezione all’Ucraina nell’ambito di un trattato di pace. Il 18 agosto, il Segretario generale della Nato Mark Rutte ha confermato parlando a Fox News: «Quello di cui stiamo discutendo qui, sono garanzie di sicurezza “tipo articolo 5” per l’Ucraina». Poi, il 20 agosto, la doccia fredda dal Cremlino: Lavrov ha dichiarato ogni discussione sulle garanzie di sicurezza che non coinvolgano la Russia prive di ogni valore. Questo è stato un punto di svolta. Una simile dichiarazione, nei fatti, equivale a negare ogni trattativa di pace: pretendere, da Stato invasore, di avere voce in capitolo nella strutturazione della difesa dello Stato che si è invaso, è evidentemente un controsenso.
La dichiarazione del fedelissimo di Putin, ha efficacemente spazzato via l’aria di cauto ottimismo che tirava dopo i due incontri organizzati dall’amministrazione Trump, prima in Alaska fra Trump e Putin, e poi a Washington fra Trump, Zelensky e la Coalizione europea. La successiva dichiarazione di Trump fa intuire un sostanziale “sconforto” del presidente americano, che ha ventilato la possibilità di infliggere, entro due settimane, ulteriori sanzioni alla Russia (sanzioni che Trump stesso pochi giorni fa ha ammesso essere di efficacia limitata) oppure di abbandonare Ucraina e Russia al proprio destino. Il che, verosimilmente, significherebbe armare fino ai denti gli ucraini e lasciarli combattere per la difesa della propria patria. E questo potrebbe rivelarsi un pessimo affare per Vladimir Putin e la Russia: gli ucraini resistono da tre anni e mezzo a una potenza che avrebbe dovuto annientarli in “tre settimane”, grazie al loro straordinario coraggio e alle armi americane. Ma recentemente la questione degli armamenti ha subito uno shock (positivo per Kiev): gli Stati Uniti continueranno a armare Kiev ma a spese del resto delle nazioni della Nato.
Questo “lavoro di squadra” fra i membri della Nato – risultato delle trattative condotte da Donald Trump – ha riunito i budget per armamenti della quasi totalità delle maggiori potenze mondiali al potenziale bellico statunitense. E questo, a rigor di logica, dovrebbe spaventare il Cremlino, considerato che, già ad ora, l’operazione militare in Ucraina si è rivelata un colossale fallimento per la Russia.
Mentre Donald Trump incontrava Vladimir Putin sulla pista della base della Us Air Force di Anchorage, un bombardiere stealth B2 Spirit e diversi caccia stealth F35 Lightning II volavano in formazione sopra le loro teste. Un benvenuto tanto teatrale quanto simbolico, quello di Trump a Putin: un B2 americano, un paio di mesi prima, aveva annientato la capacità nucleare iraniana in una missione impressionante per segretezza, efficienza e potenza di fuoco. Questo mentre, qualche settimana prima, un centinaio di droni ucraini, penetrati in massima segretezza a bordo di camion per 8 mila km in territorio russo, avevano distrutto 7 bombardieri nucleari Tupolev (residuati dell’era sovietica) mentre erano “parcheggiati” sulle piste. Un’umiliazione cocente, che vale molto più della perdita dei velivoli e dei miliardi di dollari che costerebbe il loro rimpiazzo. I russi sono famosi per essere grandi strateghi e altrettanto grandi giocatori di scacchi. Ma le probabilità che Putin vinca questa partita, comunque vadano le trattative per la pace, sembrano sempre più scarse.




