L’avvento del cloud computing nei primi anni Duemila e dell’intelligenza artificiale generativa negli anni Venti hanno fatto crescere in modo esponenziale la domanda di energia elettrica da parte dell’industria tecnologica statunitense. Nei prossimi decenni, i grandi centri dati che alimentano queste tecnologie richiederanno quantità di energia molto superiori rispetto a quelle attuali. Secondo le proiezioni, entro il 2035 i data center negli Stati Uniti consumeranno oltre trenta volte l’energia rispetto a oggi, spingendo funzionari governativi e colossi tecnologici a puntare con decisione su una fonte di energia per decenni criticata: il nucleare. Negli Stati Uniti, nuove direttive federali e miliardi di dollari di investimenti aziendali mirano a rendere operativi in tempi rapidi reattori nucleari di nuova generazione, ridisegnando il mix energetico statunitense, naturalmente rivedendo le normative vigenti.
Dal lancio di Amazon Web Services nel 2006, il cloud computing e le soluzioni di archiviazione hanno trasformato il modo in cui il mondo lavora, apprende e “si diverte”. Ma la rapida espansione dei data center che supportano questi servizi ha generato una domanda di energia elettrica senza precedenti: secondo un’analisi di Deloitte dell’aprile scorso, i data center statunitensi consumano attualmente circa 33 gigawatt di energia all’anno, sufficienti per alimentare circa 27,5 milioni di abitazioni. Entro il 2035, questa domanda potrebbe salire a 176 Gw. Un’impennata della domanda che con ogni probabilità sarà soddisfatta anche col nucleare.
Attualmente, sempre secondo il rapporto Deloitte, il nucleare contribuisce in modo significativo alla produzione di energia elettrica: nel 2024 ha fornito oltre il 19% dell’elettricità statunitense, pur rappresentando meno dell’8% della capacità complessiva di generazione. Nel 2023, i combustibili fossili hanno prodotto il 60% dell’elettricità statunitense, il nucleare circa il 19%, mentre fonti come eolico e idroelettrico hanno coperto il restante 21%, stando ai dati dell’Energy Information Administration.
A luglio, l’amministratore delegato di Amazon Web Services, Matt Garman, ha partecipato a un evento a Pittsburgh insieme a Donald Trump, annunciando un investimento di 20 miliardi di dollari in Pennsylvania. Parte di questo piano prevede la costruzione di un nuovo data center. Amazon sta investendo con decisione sull’energia nucleare, definendola «una fonte di energia sicura e priva di emissioni di anidride carbonica, che può essere implementata su larga scala». L’azienda ha già investito oltre un miliardo di dollari in progetti e tecnologie legate al nucleare. Rappresentanti dei principali fornitori di servizi cloud – Amazon, Microsoft e Google – non hanno risposto o hanno declinato di commentare una richiesta in tal senso. Ma in un annuncio del settembre 2024, il vicepresidente per l’energia di Microsoft, Bobby Hollis, ha dichiarato che l’azienda ha siglato un accordo di acquisto di energia con Constellation per riattivare l’unità 1 della centrale di Three Mile Island, un impianto da 835 megawatt in Pennsylvania, chiuso definitivamente nel 2019. Il 28 marzo 1979, la centrale di Three Mile Island ha subito il peggiore incidente nella storia del nucleare statunitense, ma senza vittime.
Ma nonostante l’ottimismo dei principali fornitori di servizi cloud, il nucleare rappresenta attualmente la componente più piccola del mix energetico statunitense. Secondo il rapporto Deloitte, negli Stati Uniti operano 94 reattori nucleari, con un’età media di circa 40 anni. Con l’attuale ritmo di manutenzione ed espansione, il nucleare coprirà circa il 10% della domanda elettrica prevista per i data center entro il 2025. Rappresentanti del Dipartimento dell’energia americano hanno dichiarato che l’infrastruttura nucleare supererà probabilmente queste proiezioni entro il prossimo decennio, soprattutto grazie alle nuove richieste di espansione rapida della capacità di generazione nucleare provenienti da Washington. Il 23 maggio, Donald Trump ha infatti firmato quattro ordini esecutivi che «avvieranno una rinascita nucleare». Questi ordini prevedono un’espansione aggressiva della produzione di energia nucleare, con l’obiettivo di quadruplicare la capacità di generazione entro il 2040. Tra le misure, si richiedono dieci nuovi reattori di grandi dimensioni operativi entro il 2030, lo sviluppo accelerato di tecnologie nucleari, l’uso dell’energia nucleare per infrastrutture di intelligenza artificiale e installazioni militari, nonché la costruzione e sperimentazione rapida di reattori avanzati. Uno degli ordini riforma anche la Nuclear Regulatory Commission, con l’obiettivo di accelerare le approvazioni normative e aggiornare i modelli di sicurezza. Un alto funzionario dell’Ufficio per l’energia nucleare del Dipartimento ha dichiarato che gli ordini esecutivi stanno già producendo risultati, evidenziando recenti annunci di partnership pubblico-private incentrate sui reattori modulari di piccola taglia. Queste collaborazioni coinvolgono aziende come Amazon, Dow, X-Energy Reactor Co. e TerraPower. Il Dipartimento ha stanziato 800 milioni di dollari per finanziare il primo dispiegamento di reattori modulari di piccola taglia, versioni più compatte dei reattori a fissione nucleare, progettate per essere costruite off-site e implementate rapidamente.
Per accelerare lo sviluppo di nuove tecnologie nucleari, il governo americano ha istituito un banco di prova presso l’Idaho National Laboratory a Idaho Falls, dove i reattori possono essere testati con l’autorizzazione del Dipartimento. A luglio, il laboratorio ha annunciato che Amazon Web Services e Microsoft sono coinvolte in progetti attivi per semplificare l’implementazione di reattori innovativi. Un alto funzionario ha definito «assolutamente fattibile» l’obiettivo presidenziale di testare almeno tre nuovi reattori entro luglio 2026, con almeno uno pronto per il dispiegamento entro il 2030.
Quanto a superare le stime Deloitte, i funzionari non hanno fornito previsioni specifiche sul contributo futuro del nucleare ai data center, ma hanno affermato che, se gli Stati Uniti riusciranno ad avviare la costruzione di dieci grandi impianti nucleari da più gigawatt entro il 2030, come previsto dall’ordine esecutivo, il nucleare fornirà «una frazione significativa» dell’energia necessaria al funzionamento dei data center.
A causa di incidenti come il parziale meltdown di Three Mile Island nel 1979, il disastro di Chernobyl nel 1986 e il più recente incidente di Fukushima Daiichi nel 2011, alcuni attivisti ambientali si oppongono all’energia nucleare. Ciononostante, sondaggi di Gallup e Pew indicano che gli americani sono generalmente favorevoli all’energia nucleare. Un sondaggio di Gallup pubblicato in aprile ha rivelato che il 61% degli intervistati è favorevole all’uso dell’energia nucleare per fornire elettricità.
In Europa, secondo un alto funzionario, anche Paesi come la Germania, che ha dismesso la sua ultima centrale nel 2023, stanno riconsiderando questa decisione. In Italia, come è noto, il governo Meloni sta spingendo sull’acceleratore per un significativo ritorno al nucleare, dopo il referendum che lo aveva “abolito” nell’ormai lontano 1987.
In conclusione, dati alla mano, il nucleare sembra essere capace di dare “solo” un contributo – nel medio termine – a un aumento di richiesta di energia che rischia di rendere i prezzi dell’elettricità (già alti) del tutto insostenibili per famiglie e imprese dell’intero Occidente. Forse, assisteremo a breve anche a un “ritorno” alle centrali a gas naturale.