Non si spara un colpo, non si muovono carri armati, eppure Stati Uniti e Cina sono in guerra. Una guerra diversa, che gli esperti chiamano “senza restrizioni”, dove le armi sono l’economia, il cyberspazio, la cultura e, soprattutto, l’informazione. È una battaglia per le menti, perché chi controlla ciò che la gente sa, controlla ciò che pensa. E chi ne determina il pensiero, ne guida le azioni in ogni altro campo di questo scontro epocale.
Il regime comunista cinese gioca la sua partita su più tavoli. Diffonde storie grandiose per plasmare l’opinione globale, ma non esita a colpire basso, infangando ogni voce critica. Ci sono però terreni dove il regime non ha difese. Alcune sue azioni sono così orribili che l’unica strada è il silenzio, la censura totale. Proprio lì, dicono gli analisti, l’America potrebbe colpire duro, con un’offensiva capace di mettere in ginocchio Pechino. A patto, però, di avere il coraggio di agire. Diversi esperti della Cina, interpellati da Epoch Times Usa, lo confermano.
«Il crimine più nero che stanno commettendo oggi è il prelievo forzato di organi», racconta Sean Lin, ex microbiologo dell’esercito americano e membro del Committee on the Present Danger: China. «E chissà, potrebbero esserci crimini ancora più cupi, più feroci. Non lo sappiamo. Per questo il Pcc trema al solo pensiero che il mondo scopra tutto, che la comunità internazionale lo riconosca».
È stato proprio Epoch Times, nel 2006, a squarciare il velo su questa atrocità, grazie alla testimonianza di un informatore. Da allora, le prove si sono accumulate come una valanga, fino alla sentenza di un tribunale indipendente britannico che nel 2019 ha confermato, senza ombra di dubbio, l’esistenza di questo orrore. Gli organi, destinati al lucroso mercato cinese dei trapianti, vengono tolti ai praticanti del Falun Gong, una disciplina spirituale perseguitata senza tregua dal Partito comunista cinese.
Eppure, nessun governo ha mai pubblicato un’inchiesta ufficiale. «L’Occidente ha chiuso gli occhi», dice Nan Su, analista e caporedattore dell’edizione cinese di The Epoch Times. «Ci si illudeva che bastasse aprire le porte al commercio per cambiare la Cina, per spingerla verso la libertà politica».
Tre eventi hanno squarciato questo comodo velo di “ingenuità”: la pandemia di Covid-19 ha mostrato al mondo una dittatura criminale, che ha nascosto informazioni vitali per il resto del mondo; poi la fine dell’autonomia di Hong Kong, nel 2022, ha infranto la promessa di Pechino di rispettare per cinquant’anni il sistema di governo dell’isola; e infine il sostegno alla Russia nella guerra ucraina ha rivelato la Cina come alleata degli avversari di Stati Uniti ed Europa.
Il Parlamento americano ha approvato varie risoluzioni contro il prelievo forzato di organi, ma, dice Nan, «sono state poco più che carta straccia» e aggiunge: «Se Washington prendesse la cosa sul serio, se investisse tempo e denaro in un’indagine vera, Pechino avrebbe di che tremare».
Heng He, esperto di politica cinese e collaboratore di Epoch Times Usa, lo chiama un «il vero punto debole» nello scontro con la Cina. Su altre questioni – il commercio sleale, l’espansionismo militare – il Pcc può scrollarsi di dosso le critiche. Persino se invadesse Taiwan o scatenasse un conflitto con le Filippine, «ci sarebbe sempre qualcuno pronto a difenderlo e a trovare delle scuse […] ma sul prelievo di organi, no. Su questo, nessuno può difendere» la dittatura comunista cinese.
È raro che una causa sia così limpida da garantire a chi la sostiene un vantaggio morale assoluto. Ma «il problema» spiega Lin «è se gli Stati Uniti abbiano la volontà di andare fino in fondo, di smascherare l’orrore e agire […] Il Pcc sa di essere a un bivio. L’attuale squadra di Trump è la più dura che abbia mai affrontato, la più ostile al regime».
Ma qualcosa si muove. Di recente, la Camera degli Stati Uniti ha approvato il Falun Gong Protection Act e lo Stop Forced Organ Harvesting Act. Se passeranno anche al Senato, imporranno sanzioni e pene a chi è coinvolto in queste atrocità e vieteranno ogni collaborazione con la Cina comunista nel campo dei trapianti. E obbligheranno le agenzie federali a fare luce sulla questione.
Il regime cinese è ben consapevole del peso della questione, e «teme che la persecuzione del Falun Gong diventi il suo Olocausto» dice Lin «un crimine che il mondo non potrà mai perdonare».
Non potendo ormai più negare l’evidenza del prelievo di organi, il Pcc cerca quindi di soffocare la verità screditando chi la denuncia. Come già riportato da diverse edizioni di Epoch Times (inclusa quella italiana), nel 2022 Xi Jinping ha ordinato una nuova campagna di persecuzione contro il Falun Gong mirata a distruggerne la reputazione all’estero: dalle azioni legali alla propaganda velenosa su mass media e social occidentali, tutto serve per diffamare questa via di coltivazione spirituale e dipingerla come una minaccia. «Vogliono che il governo americano ci pensi due volte prima di collaborare con il Falun Gong per smascherare i loro crimini», spiega Lin.
Questa ossessione persecutoria nasce anche da una debolezza fondamentale: il Partito comunista cinese sa di essere privo di legittimità: ricorda bene di aver preso il potere in Cina con quello che di fatto fu un colpo di Stato (e non una “guerra civile”, come molti ripetono) che abbattè il governo legittimo, ossia il Kuomintang, poi rifugiatosi a Taiwan sotto la guida di Chiang Kai Shek. Le antiche dinastie cinesi basavano la propria autorità su un mandato divino; i governi moderni si fondano sul voto popolare. Il partito comunista rifiuta entrambe le strade: concepisce il potere politico unicamente sotto forma di dittatura, che, a seconda dei casi, può essere più morbida o più tirannica e crudele.
Dopo il disastro totale della Rivoluzione Culturale di Mao, il comunismo cinese ha puntato tutto sulla crescita economica, per darsi una sorta di legittimità, benché ovviamente posticcia. Ma oggi, con il crollo del settore immobiliare, i debiti dei governi locali, la fuga degli investitori stranieri e la guerra commerciale con gli Usa, l’economia cinese è in grave crisi.
Una denuncia, pubblica e completa, di tutti i crimini di cui il Partito comunista cinese è colpevole, potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso, la spallata finale. Perché «anche se l’economia crollasse del tutto» dice Lin «i capi del Partito potrebbero cercare di resistere. Ma dovrebbero comunque poter mantenere un minimo di credibilità, agli occhi del mondo e del popolo cinese». Ma se il mondo venisse a sapere tutto sulla persecuzione del Falun Gong, per il regime cinese sarebbe finita: «nessun sistema di governo del genere potrebbe mai sopravvivere».