Il 17 giugno il Pentagono ha annunciato il dispiegamento di circa 700 militari in Florida, Louisiana e Texas, con l’obiettivo di supportare le attività federali nell’immigrazione irregolare, in linea con le recenti direttive del presidente Trump volte ad ampliare il programma di espulsioni su larga scala.
I militari – provenienti da tutte le componenti delle forze armate – saranno impiegati in attività logistiche, amministrative e di supporto presso i centri di detenzione gestiti dall’Immigration and Customs Enforcement (Ice), la polizia federale americana anti-immigrazione clandestina. Lo ha reso noto il portavoce del Pentagono Sean Parnell, precisando che il personale militare non sarà coinvolto in operazioni di polizia attiva, come arresti o perquisizioni. La decisione consente di liberare risorse operative fondamentali per le forze dell’ordine, permettendo loro di concentrarsi esclusivamente sulle attività di controllo. Il ministero della Difesa americano, ha aggiunto, che resta impegnato a garantire «il pieno controllo operativo del confine».
L’iniziativa si inserisce nel quadro di un piano annunciato pochi giorni prima dalla Casa Bianca, che prevede il rafforzamento di quella che Trump ha definito «la più vasta operazione di espulsione di massa della Storia», con un’attenzione particolare alle aree metropolitane a maggioranza democratica come Los Angeles, New York e Chicago. In un messaggio pubblicato su Truth, il presidente ha ribadito che l’amministrazione federale continuerà a concentrarsi sul rimpatrio degli stranieri irregolari, assicurando il massimo sostegno a Ice, alla polizia di frontiera, al Pentagono e ad altre agenzie coinvolte nell’attuazione del piano.
Il dispiegamento delle truppe rappresenta l’ultima di una serie di misure attraverso cui l’amministrazione Trump ha rafforzato il ricorso allo strumento militare nella gestione della politica migratoria, a partire dal suo ritorno alla presidenza nel gennaio scorso. Tra queste, anche la creazione di zone di difesa nazionale lungo alcuni tratti del confine con il Messico, dove il personale militare ha il potere di trattenere temporaneamente eventuali intrusi. All’inizio di giugno, tre migranti irregolari sono stati fermati in una di queste aree, secondo quanto confermato da un ufficiale dell’esercito.
In seguito agli scontri scoppiati a Los Angeles dopo l’arresto di circa cento persone prive di documenti, sono stati inviati in città migliaia di militari della Guardia nazionale e 700 marines. Le manifestazioni, inizialmente pacifiche, sono degenerate in episodi di saccheggio, incendi dolosi e aggressioni contro agenti federali. In merito agli scontri, Trump ha dichiarato che l’amministrazione è pronta a ricorrere al Insurrection Act nel caso in cui le violenze dovessero proseguire. «Senza il nostro intervento, Los Angeles sarebbe in fiamme», ha affermato il presidente in una conferenza stampa alla Casa Bianca, aggiungendo: «La questione è estremamente seria».
Florida e Texas, tra gli Stati interessati dal nuovo dispiegamento, figurano tra quelli con la più alta presenza di migranti irregolari. Secondo i dati del Pew Research Center relativi al 2022, in Florida risiedevano circa 1,6 milioni di persone prive di documenti, mentre in Texas se ne contavano circa 1,2 milioni. In Louisiana, il numero stimato era di circa 65 mila. Il primato spetta tuttavia alla California, con circa 1,8 milioni di presenze. Le stime relative alla popolazione complessiva di migranti irregolari presenti negli Stati Uniti variano sensibilmente: si va da 11 milioni a 30 milioni, a seconda delle fonti e delle metodologie utilizzate. Sebbene i flussi di ingresso illegale siano diminuiti nel corso del secondo mandato di Trump, il presidente ha più volte espresso insoddisfazione per la lentezza dei rimpatri. Il 15 giugno ha sollecitato tutte le agenzie federali a intensificare le operazioni, dichiarando che «il popolo americano vuole città, scuole e comunità sicure e libere dal crimine, dai conflitti e dal caos generato dall’immigrazione illegale».