La Cina ha respinto due Boeing 737 pronti alla consegna, già finiti presso il centro di consegna dell’azienda americana a Zhoushan, nella provincia cinese dello Zhejiang. Qui, in collaborazione con Boeing e Commercial Aircraft Corp. of China, vengono completate le finiture degli aerei destinati ai clienti cinesi con interni e livree che vengono ultimati dai dipendenti locali.
L’Aviation Week ha riferito che il primo velivolo, verniciato con i colori di Xiamen Airlines, è stato fatto rientrare a Seattle il 20 aprile scorso. Anche il secondo, destinato alla stessa compagnia, è stato bloccato. Le tre principali compagnie aeree del Paese — Air China, China Eastern Airlines e China Southern Airlines — avevano pianificato l’acquisizione di 179 Boeing tra il 2025 e il 2027. La stampa internazionale ha spesso collegato queste decisioni alle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, innescate dai dazi imposti dall’amministrazione Trump.
Dietro tutto questo, tuttavia, si intravede una strategia pianificata da tempo: la Cina sta sfruttando le dispute commerciali come copertura per accelerare il lancio su larga scala dei propri aerei civili, in aperta concorrenza con Boeing e Airbus.
Già nel luglio 2024, Epoch Times Usa evidenziava come Boeing e Airbus fossero nel mirino del piano cinese di conquista del settore aeronautico. La società di leasing Dubai Aerospace Enterprise, la seconda al mondo per dimensioni, aveva previsto che il 2024 sarebbe stato un anno fondamentale per la Comac. L’azienda cinese, impegnata nello sviluppo del C919 — concorrente diretto del Boeing 737 e dell’Airbus A320 — ha ricevuto ordini per 200 velivoli da compagnie interne, con consegne previste entro il 2031. Si è trattato dei primi contratti di rilievo nonostante le numerose consegne in sospeso di aerei occidentali.
A sollevare ulteriori interrogativi è stata la decisione del ministero della Difesa americano di inserire la Comac tra le aziende sotto il controllo militare. Secondo Washington, la società rappresenta un esempio di «fusione civile-militare», in linea con le strategie del regime comunista.
Il South China Morning Post, il 25 marzo, riferiva che la Comac aveva previsto un aumento del 50% della capacità produttiva del C919, portandola a 75 unità annue già entro il 2024, rispetto alle 50 inizialmente previste. Questo incremento, pianificato prima delle recenti tensioni sui dazi, dimostra la volontà di sfidare il duopolio Boeing-Airbus, almeno nel mercato interno.
LA CERTIFICAZIONE OCCIDENTALE
Uno degli ostacoli maggiori per la penetrazione internazionale degli aerei Comac è la certificazione da parte delle autorità occidentali. Il processo, gestito dalla Federal Aviation Agency negli Stati Uniti e dall’Agenzia dell’Unione Europea per la Sicurezza Aerea, impone standard rigorosi di trasparenza. Standard che la Comac, secondo molti osservatori, non sembra pronta a rispettare.
Steven Udvar-Hazy, presidente esecutivo della Air Lease, ha dichiarato nel marzo 2024: «Non credo che, allo stato attuale, la Federal Aviation Agency e l’Unione Europea per la Sicurezza Aerea certificherebbero il 919 per l’esportazione».
Il caso Comac si intreccia anche con interessi europei e russi. In Italia, lo stabilimento Alenia nei pressi di Napoli, coinvolto nella produzione del Boeing 787 — che realizza circa il 14% della struttura del velivolo — è stato anche teatro di collaborazioni con la Cina. Il 26 ottobre 2018, la Comac ha firmato un accordo con Leonardo (capogruppo di Alenia) per sviluppare il CR929, un progetto congiunto sino-russo. Il programma è oggi gestito dalla China-Russia Commercial Aircraft International Corp., frutto di una collaborazione tra Comac e la United Aircraft Corp. della Russia. In un simile contesto geopolitico, questa collaborazione si presenta sempre più problematica.
UN MERCATO ALTERNATIVO PER LA COMAC TRA I PAESI BRICS?
Resta il dubbio se un mercato alternativo possa garantire la sostenibilità del progetto Comac. I Paesi non allineati con l’Occidente – come Russia, Iran, Corea del Nord, Venezuela e Sudafrica – potrebbero rappresentare un bacino sufficiente per assorbire la produzione, nonostante l’assenza di certificazioni occidentali.
L’attuale successo di Boeing e Airbus parla chiaro: ci sono 8 mila 700 ordini in attesa per Airbus e 6 mila 300 per Boeing, con tempi di attesa che sfiorano gli 11 anni. Anche se Boeing ha attraversato momenti difficili, la perdita di alcuni ordini cinesi appare irrilevante rispetto all’enorme backlog (‘insieme di ordini accumulati e ancora da evadere).
Tuttavia, questi numeri potrebbero giocare a favore della Cina. I Paesi partner potrebbero scegliere i jet Comac come alternativa più rapida e politicamente allineata, anche a costo di limitare i voli ai soli territori amici. Per questi Stati, potrebbe bastare.
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