Il caso Epstein rischia di “scoppiare in mano” a Donald Trump

di Artemio Romano
16 Luglio 2025 16:01 Aggiornato: 17 Luglio 2025 10:31

Il 15 luglio la Camera dei deputati degli Stati Uniti ha respinto una risoluzione presentata dai democratici per sollecitare un voto sulla pubblicazione dei fascicoli relativi al famigerato Jeffrey Epstein, condannato per traffico sessuale (anche di minori) e morto suicida in carcere nell’agosto del 2019, secondo una versione ufficiale da molti contestata. I democratici continuano a esercitare pressioni per la divulgazione di documenti che potrebbero rivelare presunti collegamenti tra Epstein e molte fra le figure più influenti degli Stati Uniti, se non del mondo intero, fra cui persino Donald Trump (fatto in linea di principio possibile ma poco probabile, visto che gli stessi documenti sono stati in mano all’amministrazione Biden per quattro anni).

Ma al di là di un eventuale proprio coinvolgimento personale, il presidente ora sta strenuamente difendendo l’operato del proprio ministro della Giustizia, Pamela Bondi, oggetto di pesanti critiche provenienti innanzitutto da opinionisti e giornalisti conservatori. Pam Bondi in passato ha più volte lasciato intendere che esistesse una qualche lista dei “clienti” di Epstein, e ha inoltre dichiarato al commentatore di Fox News Jesse Watters che il suo ministero è in possesso di un numero elevato di raccapriccianti registrazioni video in cui i clienti di Epstein abusano sessualmente di minori. Da alcuni giorni, tuttavia, Pam Bondi sostiene che non esista alcuna lista e – benché assediata dai giornalisti su questo tema a ogni sua apparizione pubblica – non menziona più le prove video di abusi sessuali che, al di là dell’esistenza o meno della “lista”, sarebbero in ogni caso crimini da perseguire con la massima severità.

La questione è poi notevolmente complicata dalla “scomoda” presenza, sullo sfondo della nuova dirigenza dell’Fbi: il direttore del Bureau, Kash Patel, e il vicedirettore Dan Bongino. Patel, già consigliere per la Sicurezza nazionale della prima amministrazione Trump, è stato molto attivo come commentatore politico durante i quattro anni dell’amministrazione Biden, spesso tornando sul tema del “dossier Epstein” per chiederne la completa pubblicazione. Dan Bongino, ex agente del Secret Service e famoso commentatore politico conservatore, prima di assumere l’attuale incarico aveva a sua volta citato spesso il caso Epstein chiedendo trasparenza. Secondo i commentatori conservatori americani, quindi, sarebbe attualmente in corso una lotta interna tra l’Fbi guidata dalla coppia di duri e puri Patel-Bongino (che sono stati scelti proprio per “fare pulizia” in un’istituzione pesantemente screditata dopo i falsi dossier del Russiagate) e quello che è a tutti gli effetti il loro capo, ossia il ministro della Giustizia Bondi.
Sempre secondo i commentatori, infatti, la Bondi sarebbe intenzionata a insabbiare il caso (benché finora nessuno riesca a immaginare perché) mentre Patel e Bongino vorrebbero mantenere le promesse di trasparenza e, soprattutto, di giustizia per le vittime dell’orrendo racket di cui era a capo Epstein. Nei giorni scorsi, hanno girato persino voci insistenti dell’intenzione di Dan Bongino di rassegnare le dimissioni da vicedirettore dell’Fbi proprio per questo motivo.

Il caso Epstein, insomma, rischia di essere per Donald Trump una “bomba” molto più devastante dell’obiettivamente improbabile partito politico da poco fondato da Elon Musk, in vista delle elezioni di medio termine dell’anno prossimo, anche perché Donald Trump stesso, oltre alla Bondi e alla coppia Patel-Bongino, in passato ha sostenuto la necessità di trasparenza rispetto al caso Epstein. Per cui, Trump risulta quantomeno poco credibile quando oggi sostiene che ormai sia acqua passata e che ci siano cose più urgenti da fare. La gravità dei crimini ascritti a Jeffrey Epstein e l’esposizione mediatica che il caso ha da diversi anni, sono tali – sia dal punto di vista numerico che morale – da imporre risposte che, finora, dal governo americano non sono arrivate.

 


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