Il 28 luglio, a Stoccolma, i rappresentanti commerciali di Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese si incontrano per superare le ultime divergenze e finalizzare un accordo, in vista della scadenza del 12 agosto, quando — in assenza di intesa — i dazi potrebbero aumentare sensibilmente. Il giorno prima, Donald Trump ha dichiarato che i colloqui con Pechino sono «molto vicini» alla conclusione, pur senza fornire dettagli. «In un certo senso, abbiamo già raggiunto un accordo con la Cina, ma vedremo come andrà», ha aggiunto durante un incontro in Scozia con la von der Leyen. L’incontro di Stoccolma segue i vertici di Ginevra (maggio) e Londra (giugno). Dopo quest’ultimo, la Casa Bianca ha annunciato un’intesa parziale su controlli alle esportazioni e dazi. In questo contesto, la Cina ha accettato di riprendere l’export di terre rare verso gli Stati Uniti, mentre l’amministrazione Trump ha allentato alcune contromisure.
Nel quadro dell’accordo, il 14 luglio la statunitense Nvidia ha comunicato di aver ottenuto le autorizzazioni per riprendere le vendite di chip al regime cinese, nonostante le restrizioni imposte dagli Usa ad aprile. Il ministro del Tesoro, Scott Bessent, ha definito questa mossa «parte di un mosaico». «Loro avevano qualcosa che volevamo, noi avevamo qualcosa che volevano loro, e ora siamo in una posizione molto favorevole», ha dichiarato il 15 luglio a Bloomberg Tv.
Secondo l’Ufficio del rappresentante commerciale statunitense, nel 2024 il deficit commerciale col regime cinese ha raggiunto i 295,4 miliardi di dollari. Resta incerto se il vertice di Stoccolma porterà a progressi significativi. I mercati seguono con attenzione la scadenza del 12 agosto, che segna la fine della tregua di 90 giorni sui dazi tra le due maggiori economie mondiali. Ma il ministro del Tesoro, Scott Bessent, ha invitato gli investitori a mantenere la calma, rassicurandoli sull’esito della scadenza.
In risposta ai dazi americani, il regime cinese ha imposto restrizioni all’export di terre rare, metalli e magneti. La Cina detiene il controllo del mercato mondiale delle terre rare e ha utilizzato questa leva per esercitare pressioni internazionali. Dall’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001, la crescita economica del regime comunista è stata sostenuta da pratiche controverse: furto di proprietà intellettuale, trasferimenti tecnologici forzati, manipolazione valutaria e sussidi massicci alle industrie.